giuseppe cicoria - 2013-07-18 L'incontro è stato veramente interessante e mi auguro ne vengano altri dove tutte le miserie italiane ed europee siano date per dette mille volte e, quindi, scontate. Da coloro che hanno dedicato la loro vita allo studio della politica economica gradirei ascoltare, con maggiori dettagli, quali sono alcuni provvedimenti seri ed immediati tali da accendere il ciclo virtuoso della ripresa economica dell'Italia. Non mi sembra sufficiente l'indicazione troppo schematica finora ottenuta. Credo, intanto che non bisogna aver paura di raccogliere qualche interessante stimolo al VERO cambiamento. Se i partiti a cui la nostra associazione è affine si limitano a dire ma dimostrano tenacemente di essere conservatori nei loro vizi e privilegi allora non si ha speranza. Vediamo che una delle nostre promesse politiche si è alleato con un partito il cui capo è il principale responsabile della propensione all'evasione degli italiani e al disprezzo di qualsiasi senso morale ed etico. Con questi alleati noi siamo costretti a convivere anche se il primo obiettivo è non fare niente che serve all'Italia ma fare tutto quello che conviene ad alcune persone e ad una in particolare. Il risultato è che tutti i soldi che sono stati sottratti agli italiani con patrimoniali illegali e tasse sono finiti nel vecchio calderone delle ruberie, degli sprechi abnormi, e delle corruzioni. Nessun risparmio delle spese folli, ingoiate da istituzioni create per il bene pubblico ma rivelatesi inutili o addirittura dannose per al collettività, è stato portato a termine. Quei soldi potevano essere messi nel circuito virtuoso dell'ammodernamento della nostra Italia con creazione di posti veri di lavoro e progressiva eliminazione dei posti inutili dedicati alla burocrazia. Ora ci stiamo mangiando anche le nostre ricchezze. Pensate un pò: si tassa il valore delle case. Il pagamento avviene, però con un reddito. Se il reddito che deriva dalle case viene a mancare a causa della recessione, non si sa come pagare. Si deve vendere ma non c'è il compratore. Fine della partita. Si tassa il valore ad una certa data dei titoli ma il prelievo avviene sui c/c. Se i titoli riguardano aziende in crisi che non danno reddito come si fa a pagare? E' chiaro che questi provvedimenti non possono durare se il sacrificio imposto non è indirizzato contestualmente alla creazione di altra ricchezza. Se il nostro partito principale di riferimento è il PD bisogna che i nostri rappresentanti cambino totalmente visione della gestione del partito. Bisogna veramente mandare a casa i conservatori che attualmente gestiscono questo castello enorme di potere che si è annidato, come una metastasi, in tutti gangli della nostra società. I vecchi ideali sono diventati come i dieci comandamenti che tutti i cattolici dovrebbero rispettare ma che tutti violano tanto c'è il perdono! L'allineamento con gli altri partiti è inesorabilmente avvenuto!
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franco maletti - 2013-07-15 L'Europa, per salvarsi dal proprio declino, ha urgente bisogno di un Progetto comune realizzabile soltanto attraverso la progressiva rinuncia di ciascuno Stato a parte della propria sovranità nazionale. Rendendo omogenee e non concorrenziali le normative in tema di costo del lavoro, di fiscalità, di strutture assistenziali e per la sicurezza, di welfare. Se, al contrario, ciascuno Stato prosegue nella logica del "mors tua vita mea", allora sarà la morte della stessa idea di Europa. | ||
Giuseppe Ladetto - 2013-07-10 In Italia, ci dicono i media, si riscontra un diffuso sentimento “antieuropeo” che attribuisce alle direttive del vertice comunitario tutti i mali del paese. In realtà, a provocare disaffezione per il cammino europeo credo che soprattutto ci sia una forte delusione per gli esiti a cui è approdato.
L’Unione Europea che ci propone il vertice comunitario è un strano oggetto (che sembra avere ben poco di comune con il progetto originario di De Gasperi, Schuman ed Adenauer): non ha definito e motivato i propri confini, poiché, ad esempio, ci può entrare la Turchia se si comporta bene in tema di diritti, ma non la Russia che è parte del nostro continente e che ha dato un contributo significativo all’edificazione del patrimonio culturale europeo (musica, letteratura, arte figurativa); rifiuta le sue radici e non solo quella cristiana; non ha una identità perché non riconosce le realtà storico-valoriali, anzi le considera inutili zavorre; non ha un progetto politico, un’idea di futuro, perché pone l’economia, la concorrenza e il mercato sopra ogni cosa; non si presenta sulla scena internazionale con una comune volontà, né ha creato un proprio esercito, perché privilegia l’Occidente e la Nato rispetto alla difesa dei propri interessi. Oggi, inoltre, il ceto politico espresso dall’Europa comunitaria sembra essere diventato il principale interprete e portavoce del “politicamente corretto”, lo strumento grazie al quale si tenta di imporre il pensiero unico e di giustificare crescenti limitazioni alla libertà di parola a chi non si riconosce in esso.
Su l’Avvenire del 7 maggio scorso, Francesco D’Agostino ha rilevato la necessità di tenere ben distinti il concetto di Stato e quello di Nazione. Lo Stato è una struttura politica, la Nazione una realtà storico-valoriale. Oggi, per il principio di laicità, le strutture dello Stato non possono identificarsi con strutture non politiche: (nazione, religione, lingua, cultura ecc.), ma la laicità politica dello Stato non significa indifferenza od ostilità nei confronti di identità di carattere nazionale, religioso, linguistico, ecc. Lo Stato, ci dice l’editorialista, ha bisogno di queste strutture meta-politiche, perché da esse può assorbire dimensioni valoriali che da solo non è in grado di elaborare.
Invece tutta l’attuale dominante ideologia neoilluministica, in cui si riconosce il ceto politico e tecnocratico espresso dall’Europa comunitaria, nega il valore di queste strutture meta-politiche e proclama il carattere negativo delle eredità di carattere storico-valoriale, viste come vincoli costrittivi di cui bisogna sbarazzarsi per emanciparsi ed essere liberi. Emblematiche in questo senso sono le recenti dichiarazioni di Vincent Peillon, nuovo ministro della pubblica istruzione francese: “Per dare libertà di scelta, bisogna essere capaci di strappare l’alunno a tutti i determinismi, familiare, etnico, sociale, intellettuale”. Ma una società fatta di individui privi di appartenenza, di memoria, di riferimenti normativi e culturali condivisi, diventa un semplice e labile aggregato di singoli sradicati, interscambiabili, incapaci di sottrarsi ai condizionamenti del mercato che impone consumi, comportamenti e pseudo valori (le mode, il nuovo in quanto tale). Gli esseri umani privi di legami e di appartenenze diventano preda del conformismo di massa, terreno fertile per nuovi totalitarismi. Un’Europa che voglia realizzare una integrazione politica fondata esclusivamente su una carta dei “diritti” e su un “patriottismo costituzionale”, rifiutando tutti gli altri elementi identitari, è inevitabilmente destinata al fallimento. E’ invece necessaria una forte identità europea fondata sulla tradizione storica e culturale, senza la quale non è possibile un confronto aperto e costruttivo con le altre culture di un mondo sempre più interdipendente. In assenza di una forte identità, prevale il timore verso ciò che è altro, con le conseguenti chiusure che si evidenziano anche nella mancanza di voglia di futuro, avvertito come minaccioso e come un limite del presente. La denatalità che affligge il nostro continente è la più evidente manifestazione di questa sfiducia nel futuro e nel contempo è la causa prima della decadenza europea, anche sul piano economico.
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Giovanni - 2013-07-10 Bravo Alessandro, buona l'analisi ma cruda la sintesi di chiusura. Ciao Giovanni |