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La crisi si supera con valori etici
 
di Alessandro Risso
 

Non usciremo dalla crisi se non cambieremo i valori di riferimento. Questo è il succo della serata organizzata dai Popolari torinesi per capire quali dovrebbero essere i presupposti per una ripresa dell’economia.
La crisi fa paura perché non se ne vede la fine e perché sono ancora ben presenti le sue cause: il cambiamento degli equilibri mondiali, con il prepotente sviluppo dei Paesi “emergenti” (Cina, India, Brasile su tutti) che toglie spazi e guadagni all’Occidente, oggi meno ricco; e il cambiamento del capitalismo, che negli ultimi vent’anni non si è più dedicato alla produzione di beni ma solo all’aumento dei profitti attraverso le transazioni finanziarie. Abbiamo così una abnorme ricchezza di carta, oltre 11 volte il PIL mondiale, resa fragile dalla massa di titoli derivati basati sul debito, in molti casi opachi e a rischio di scoppiare come una bolla di sapone, come già avvenuto in alcuni casi.
La crisi del sistema economico ha necessariamente coinvolto la sua ideologia di sostegno, il liberismo. La convinzione che la libera attività economica è da sola capace di autoregolarsi si è ormai ridotta a una baggianata dopo aver sperimentato il cosiddetto “turbocapitalismo” della finanza globale. Per la nuova fase economica occorrono presupposti diversi. “La vera crisi è nell’assenza di valori che stiano alla base dell’economia. Non bastano gli esperti, i tecnici, perché sono prima necessari valori che orientino le scelte”, ha detto Daniele Ciravegna, docente di economia politica a Torino, autore del volume Per un nuovo umanesimo nell’economia e relatore della serata. Quindi l’economia ha bisogno dell’etica, perché ciò che conta sono sempre i comportamenti e le scelte delle persone. Valgono ancor oggi le parole di Leone XIII quando ribadiva “il diritto della Chiesa di entrare nella discussione dell’economia, che deve essere etica, cioè religiosa”. Ma i pilastri della dottrina sociale cristiana possono trovare accoglienza piena anche tra i non credenti: parliamo di bene comune, sussidiarietà, solidarietà e dignità della persona che si esplica attraverso la giustizia sociale. Ciravegna ci ha ricordato come sia necessario “lavorare a una continua manutenzione di questi valori, che non possono essere disgiunti dalla centralità della persona – prima del lavoro e prima del profitto! – e del suo sviluppo integrale”. Persona che non va confusa con un’ottica individualistica, ma sempre considerata come parte ci una comunità, in relazione con gli altri.
In piena sintonia con questa impostazione – “la crisi attuale ha radici profonde e può venire superata solo partendo dai valori” – si è dichiarato Giovanni Pavanelli, docente di Storia del pensiero economico all’ateneo torinese e studioso laico di formazione liberale. Assai critico però con il liberismo degenerato di oggi, che si è sideralmente allontanato dai dettami dei padri della libera iniziativa: “Adam Smith, nell’attività economica, considerava fondamentale la simpathy, il comune sentire, dato che il mercato non è solo competizione, ma anche cooperazione. E Alfred Marshall non si stancava di ricordare che tutti hanno diritto a una vita dignitosa”. Ne deriva che la dignità e i diritti della persona sono il comune terreno di incontro per la dottrina sociale cristiana e il liberalismo, accomunati anche dalla condivisione del “principio di responsabilità”, che si esplica nella capacità di farsi carico delle generazioni future. Pavanelli non poteva non richiamarsi a Luigi Einaudi, insieme con Benedetto Croce il padre nobile del liberalismo italiano: “La crisi è una malattia dello spirito” sentenziò Einaudi dopo il crollo di Wall Street del ’29, consapevole poi che “la ricchezza del Paese è creata dal lavoro e dalle capacità di tanti piccoli artigiani imprenditori”. Sono posizioni che lo avvicinano al nostro Luigi Sturzo, cui è accomunato anche dal curioso fatto che tanti li citano a sostegno delle proprie tesi senza però seguirne in realtà gli insegnamenti e relegandoli di fatto nella teca di un museo.
“Mi domando se la scienza economica è all’altezza delle sfide del presente. E sono pessimista”, ha concluso Pavanelli, aprendo la seconda parte dell’incontro, quella incentrata sulle scelte concrete da compiere. Ciravegna ne ha delineati i criteri guida. Occorrono azioni ispirate all’altruismo e alla capacità di cooperare, di cui l’egoismo, singolo o di casta, è la negazione. Il modello di sviluppo va incentrato sulla giustizia sociale più che sulla crescita, e l’attività produttiva deve essere svolta a servizio della persona. Sono come epitaffi scolpiti nella roccia le frasi di Ciravegna: “Il capitale è a servizio del lavoro. Il lavoro è a servizio della persona. Il profitto non è il fine ultimo dell’attività economica. La finanza deve restare a servizio dell’economia reale”. Ne deriva che il sistema economico deve essere coerente con i valori morali della persona, e che le diverse scelte di politica economica devono far leva sul concetto di “qualita” (che mira a promuove e migliorare lo sviluppo della persona e del bene comune) e non sulla “quantità”, spesso fuorviante. Meglio spendere per la sanità che per gli F35, tanto per fare un esempio.
Pavanelli ha ribadito che occorre un progetto forte, fondato sui valori applicati ai grandi temi in gioco. La scelta prioritaria per reagire al declino è investire in istruzione. L’esempio da seguire è l’impulso dato alla formazione tecnica a fine Ottocento, con una tradizione di eccellenza – pensiamo agli Istituti torinesi Sommeiller e Avogadro – che si è tramandata per decenni ed è stata alla base del boom economico. “Oggi le scuole sono addirittura pericolanti. E sono centinaia di migliaia i giovani che non studiano né lavorano. Saranno domani dei cittadini coscienti?” si è domandato lo storico, che ha individuato nella ricerca e nella valorizzazione del paesaggio e del patrimonio culturale gli ambiti in cui investire con decisione per ritrovare l’indispensabile fiducia nel futuro.
Rispondendo alle domande del pubblico, i relatori si sono soffermati in particolare sul modello tedesco. La Germania ha reagito con ben altra forza alla crisi e mantenuto basso il livello di disoccupazione proprio perché può contare su una scuola professionale di eccellenza, sul consolidato e costruttivo coinvolgimento delle maestranze nella conduzione delle aziende. Lì è alta la coesione sociale, e nelle scelte di politica industriale hanno da sempre puntato sulla qualità, mentre le nostre aziende cercano solo di abbassare i costi e, al limite, i prezzi.
Al termine di questo resoconto della serata, da cui avete colto lo spessore e l’interesse dei contenuti espressi, mi sia consentita un’annotazione: aver radunato una platea di sole 24 persone, visto l’argomento e la qualità dei relatori, è un risultato che deve amareggiare tutti coloro che credono nel ruolo della nostra Associazione e nell’attualità del popolarismo.


Beppe Mainardi - 2013-06-23
Incomincio dall'ultima amara considerazione sulle scarse presenze alla serata, dal contenuto ricco di valutazioni, analisi, utili sottolineature di dati e situazioni note ma che è sempre bene riordinare. Non è l'Associazione I POPOLARI la sola a registrare difficoltà nella partecipazione ad incontri, a meno che l'argomento non tratti emergenze politiche ed organigrammi da definire. Poi il dopo-cena riduce la presenza dei provenienti da fuori Torino. Ma dobbiamo proseguire, perché le iniziative di approfondimento sono indispensabili per potersi orientare nella costellazione delle valutazioni e della ricerca delle cause. Concordo con quanto Alessandro ha scritto nell'articolo di commento. Sono le idee, soprattutto quelle etiche che prendono linfa dai valori profondi, che possono orientare scelte sagge e, nel caso specifico, possono favorire la ripresa economica, ma non solo, basata su giustizia, equità, rispetto delle persone e dell'ambiente. Buone le due relazioni, efficaci le sottolineature sulla Dottrina Sociale della Chiesa del prof. Ciravegna ma ciò che serve oggi è il passaggio dai principi alle realizzazioni, all'applicazione dei principi. La vera esigenza-emergenza di oggi e quella di attuare i propositi, servono azioni anche parziali per incidere sulla vita reale. I politici, i cattolici, le persone di buona volontà non possono limitarsi alle analisi ed alle affermazioni: servono risposte concrete, diversamente anche la DSC rimane un buon documento d'archivio.