Ci voleva un segretario come Guglielmo Epifani, con la stoffa da leader, a rimettere il Partito Democratico sui binari di un percorso riformatore che poggia le basi sull'alleanza politica tra il centro e la sinistra democratica. Questa è ancor oggi l'unica via perseguibile per mantenere e rilanciare il progetto del PD che altrimenti si sfascia, sia inseguendo i populismi “inconcludenti e dannosi”, come li definisce il cardinal Bagnasco, sia lasciandosi abbagliare dalla polemica, politicamente rozza e primitiva, della rottamazione.
Quella attuale è una fase politica di possibile svolta nella quale, per la prima volta dopo vent'anni si profila la possibilità di ridare un’adeguata rappresentanza politica ai ceti sociali intermedi e di spezzare quella “dittatura dell’economia senza volto né scopo realmente umano”, per dirla con papa Bergoglio, che predilige i sistemi politici maggioritari e bipartititici.
Per superare la crisi occorre uscire al più presto dal “turbocapitalismo”, da una economia drogata dalla speculazione finanziaria che fa mettere il turbo ai profitti e le catene ai lavoratori, come dimostra il dilagare nel mondo del lavoro-schiavo.
Credo pertanto che i Popolari, e in particolare quelli che ancora militano nel PD, non debbano stare alla finestra ma prendere parte al dibattito sui tre punti che realmente possono determinare la nascita di una nuova fase che alcuni definiscono “terza Repubblica”.
Il primo posizionamento riguarda l'adesione totale e incondizionata, senza tentennamenti e ambiguità, alla scelta di campo europeista contro i nuovi volti del populismo: linea per la quale si era speso Franco Marini con la sua candidatura e poi solennemente sancita dalla rielezione di Giorgio Napolitano. Se non si afferma chiaramente che il PD, come partito di centrosinistra, è alternativo al Movimento 5 Stelle, si finisce inevitabilmente per subirne l'egemonia. Occorre certamente riflettere sulle cause del successo grillino e fare le necessarie autocritiche, ma anche comprendere che, in seguito ai risultati delle elezioni dello scorso febbraio, sono mutati i due fuochi attorno a cui ruota la politica italiana: non più Bersani e Berlusconi, bensì Napolitano e Grillo.
La seconda posizione qualificante riguarda il giudizio sul governo guidato dall'amico popolare e democratico Enrico Letta. Certo, da un lato si tratta di un esecutivo di necessità o di servizio, ma anche del governo voluto dagli elettori i quali non hanno concesso a nessuna delle tre minoranze – PD, PDL, M5S – l'autosufficienza in entrambi i rami del Parlamento. Fa impressione constatare come in questi anni la retorica sul maggioritario abbia drogato e alterato la realtà del sistema politico italiano, in un modo tale da rendere addirittura biasimevole quello che invece costituisce uno dei perni del nostro sistema democratico e costituzionale: la formazione dei governi di coalizione sulla base dei risultati elettorali. Nella seconda Repubblica si è voluto mettere il carro davanti ai buoi: coalizioni eterogenee, prive di coesione politica, artefatte da ristrettissime oligarchie, avrebbero dovuto quasi prevenire l'esito del voto, ma in tal modo hanno favorito la strategia populista della destra.
Proseguire con il maggioritario vorrebbe dire imbrigliare il PD nei veti della sinistra radicale ed esporlo agli inaccettabili ricatti di Grillo. Per questo la scelta convinta del Partito Democratico di sostenere questo governo ci dice di più su cosa sia il PD che anni di discussioni sul tema. I Popolari devono agevolare questo processo, per fare in modo che il Partito Democratico diventi la componente più progressista e sociale dell'elettorato della classe media, capace di dettare la strategia nel caso di alleanze a sinistra, oppure di stringere alleanze con forze più moderate per coinvolgerle in un progetto politico più avanzato.
Ma per affermare questa strategia, insieme al profilo plurale e riformatore del PD, occorre, contrariamente a quanto pensa Veltroni, un sistema elettorale di impianto proporzionale, l'unico capace di porre fine alla fallimentare esperienza della seconda Repubblica. Oggi si presenta una grandissima occasione per raggiungere un tale obiettivo dopo la bocciatura da parte della Corte di Cassazione del premio di maggioranza del “porcellum”. Se questo Parlamento prima del prossimo pronunciamento della Corte Costituzionale riuscirà ad abrogare il solo premio di maggioranza (che pure non risolve l'altro grave inconveniente di questa legge, le liste bloccate), si darà immediatamente vita a una nuova stagione della politica italiana, con un nuovo e valido sistema elettorale proporzionale con soglie di sbarramento variabili molto alte e con incentivi ragionevoli agli apparentamenti pre-elettorali.
Incalzando il PD su questi tre punti – linea europeista e chiusura ai populismi, sostegno al governo Letta ed abolizione del premio di maggioranza – i Popolari possono esercitare un ruolo importante per l'avvenire del Paese e per la prosecuzione dell'esperienza del PD. |