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Si è rischiato il default democratico
 
di Guido Bodrato
 

La Grande Assemblea convocata per eleggere il Presidente della Repubblica, ha rischiato il default della democrazia, e il PD ha rischiato la dissoluzione.
I candidati di centrosinistra sono stati bocciati due volte dagli elettori democratici. Prima del voto Matteo Renzi ha affondato Franco Marini e subito dopo Romano Prodi è stato tradito da chi la sera prima aveva accolto con una ovazione la sua candidatura… C’è una certa differenza tra il No preannunciato contro l’ex presidente del Senato e i centouno voti che hanno “impallinato” il fondatore dell'Ulivo. E tuttavia sono due facce di un partito senza identità, di una navigazione senza bussola. Il PD rischia l’implosione anche perché le “primarie” non hanno prodotto un “partito nuovo”, ma un “non partito” senza radici nella storia del Paese e senza un vero progetto...
Sopravviverà la coalizione di centrosinistra a queste tensioni, sopravviverà l'unità del PD al prossimo congresso nazionale? Le dimissioni di Rosy Bindi dalla presidenza del partito e quelle di Pierluigi Bersani dalla segreteria politica, hanno reso evidente la gravità della crisi in cui è caduta la forza cui competeva l'iniziativa; e questa crisi ha permesso a Berlusconi di tornava al centro del ring, nella prospettiva di elezioni che potrebbero stravolgere l'assetto politico del Paese.
In questa situazione un atto di responsabilità, e insieme di disperazione, ha spinto Bersani a chiedere a Giorgio Napolitano – che pochi giorni prima aveva spiegato le ragioni della sua indisponibilità ad una nuova candidatura – di accettare un nuovo mandato. L'appello del PD è stato accompagnato da una larga maggioranza parlamentare, ma è stato decisivo il “caldo appello” dei presidenti delle Regioni: “Presidente, il Paese affonda”. Napolitano, consapevole dei “tempi eccezionali” vissuti dall'Italia, ha compiuto un atto di straordinaria generosità. Eppure Grillo ha minacciato la “marcia su Roma” contro il golpe, meritandosi la secca smentita di Stefano Rodotà.,. Così alla sesta votazione, Giorgio Napolitano è stato rieletto Presidente, con il 75 per cento dei voti. E la CEI gli ha subito augurato “salute e forza”, interpretando il sentimento degli Italiani.
Ora il Parlamento è all’ultima spiaggia. Napolitano si è riferito alla gravità della situazione e ha dichiarato, rivolgendosi ai leader che gli hanno chiesto di tornare in campo: “Ora tutti sappiano onorare i propri impegni”. Per parte sua lo farà con la forza che gli viene dal non essere più prigioniero del “semestre bianco”, e dal fatto che i partiti sembrano consapevoli della gravità dell'emergenza che il Paese attraversa.
In realtà molti osservatori sono interessati a cavalcare una crisi che è in tutta evidenza responsabilità delle ammucchiate che da vent'anni si contendono Palazzo Chigi, ma che viene attribuita alle regole della democrazia rappresentativa... Su questa questione si ripartirà dalle proposte dei “Saggi”, che il Presidente considera “serie e concrete” e che ha affidato a Enrico Letta per il suo tentativo di governo.
Quale sia il progetto politico del Presidente, emerge dal discorso, venato di commozione ma molto duro, che ha chiuso la cerimonia del giuramento. Una testimonianza di vita, una lezione di politica, a partire dalle parole che hanno dichiarato ”imperdonabile” la mancata riforma della legge elettorale, e da quelle che hanno condannato il tentativo del M5S di mettere la piazza contro il Parlamento. Napolitano ha condannato la sordità dei politici, la loro tendenza ad autoassolversi, e ha messo con le spalle al muro i responsabili dello stallo parlamentare; eppure le sue parole sono state sottolineate da ripetuti applausi. Ora – ha concluso Napolitano - si deve formare un governo “che abbia la maggioranza in entrambe le Camere”, a partire dal dovere della proposta e della ricerca delle soluzioni possibili, poiché “non c'è alternativa ai partiti”, e i partiti debbono interpretare il risultato delle elezioni, poiché il voto esprime la sovranità del popolo.


Beppe Ruffa - 2013-05-05
Bravo Guido per la tua analisi chiara e concisa. Putroppo lunedì non potrò esserci all'incontro delle 18, ma ti voglio mandare i miei più vivissimi auguri.
Michele Canavesio - 2013-05-03
Carissimo Guido, voglio approfittare dell'indirizzo mail per farti arrivare i miei più sinceri ed affettuosi auguri per i tuoi splendidi 80 anni, per la grande riconoscenza che ti dobbiamo per la tua amicizia verso papà, per i tuoi meriti politici e "sociali", per la meritoria influenza che hai avuto sulle persone che ti hanno circondato ed ascoltato. Auguri di cuore.
stefano godizzi - 2013-05-02
L'atteggiamento dei grillini non ha lasciato scelta, a meno che si volesse precipitare il paese alle elezioni anticipate, che avrebbero segnato il ritorno di fiamma di Berlusconi col PD all'opposizione. In politica ci si assume le proprie responsabilità ma non quelle degli altri. Che si combatta un avversario dandogli in mano l'Italia mi sembra assurdo. Ma un controsenso è anche una politica fondata sul nulla, su una serie di carriere personali che tanto appassionano i mezzi d'informazione. Siamo al "nulla della politica" di cui parlava Mino Martinazzoli. Eppure ci sarebbe ancora spazio per una riconoscibile presenza popolare, per una ispirazione che non si è consumata nel tempo, ma proprio in questo tempo di nichilismo politico avrebbe ampie ragioni. Basterebbe solo un po' di coraggio se non si vuol rimanere, come i latini dell'Adelchi manzoniano, col "misero orgoglio di un tempo che fu". Il PD è "anche" la casa dei popolari, non la tomba. O no?
piergiorgio fornara - 2013-05-02
Avessimo dichiarato subito in campagna elettorale che ci stava bene un governo con Quagliarello e Alfano non avremmo avuto tutti questi fastidi, l'elettorato certamente scieglieva altre spiagg. Mi sembra che sono rimasti pochissimi ad avere coerenza nel PD, rendiamogli almeno merito.
Aldo Cantoni - 2013-04-29
Aggiungo solo una speranza alla lucida analisi di Guido: che la provvidenziale disponibilità di Napolitano non sia strumentalizzata per far passare furbescamente l' idea che i tempi sono "maturi" per una repubblica presidenziale, confondendo astutamente una emergenza a fronte di una patologia con una opportunità di carattere generale. Il neo nominato ministro per le riforme NON mi sembra una sicurezza sotto questo aspetto.
giuseppe cicoria - 2013-04-29
Caro Guido, il Tuo bel discorso riassume correttamente la tragedia italiana ma lascia trasparire una chiara tendenza conservatrice. Anche io sono anziano ma la mia mente mi sembra più orientata ad un vero cambiamento, che non sia solo di facciata. Per fare ciò sono necessarie forze e idee nuove che, anche correttamente, possono essere definite "rivoluzionarie". Basta intendersi. Ci sono le idee con rivoluzioni democratiche e quelle cruente. La inopportuna frase (marcia su Roma) profferita in un momento di rabbia, e subito ritirata, dal comico Grillo, è stata subito strumentalizzata per definire l'uomo come un pericoloso fomentatore di folle che può portare il Paese al caos anzichè il miglioramento! Quasi tutti i punti del programma del M5S sono stati dichiarati comuni a quelli del PD. Perchè non sono stati condivisi? Il PD ha,invece, preparato una semplice trappola politica ed è riuscita, con facilità, a farsi dire sempre NO addossando furbescamente le responsabilità a Grillo ed ai suoi giovani eletti. Il PD non ha proposto l'appoggio esterno ed ha rifiutato l'indicazione esplicita di presidenti di sinistra (compreso Prodi). Se avessero insistito su Prodi in votazioni successive, sicuramente avrebbero ottenuto la maggioranza con il M5S. Per paura di ciò, si sono affrettati a riproporre Napolitano, che notoriamente era orientato all'inciucio e così hanno ottenuto quello che volevano: allearsi con il sig. B che, per salvare i propri interessi era disponibile a TUTTO. Il futuro sarà: salvezza dai processi del Sig. B., rafforzamento (a prezzo di sconto) delle frequenze a Mediaset, il Presidenzialismo con stravolgimento della nostra Costituzione. mordacchia alla Magistratura, conservazione dei privilegi e dei costi della politica ecc. Poi ci sarà l'apoteosi finale del dissolvimento del PD per il grave tradimento degli elettori di sinistra e l'ascesa al massimo scranno della Presidenza della Repubblica del vincitore B. Nel frattempo, il sottoscritto, deluso ed impotente si "dimetterà dalla politica".
Roberto Giardino Calcia - 2013-04-28
Può darsi che le primarie abbiano creato un non partito, ma quale sarebbe stata l'alternativa? Vogliamo ricordare la Bonino capolista in Senato nel 2008 o Marino capolista nel 2013, catapultati dalla Direzione Nazionale in barba alla rappresentanza del territorio, con quest'ultimo immediatamente dirottato alla candidatrura di Sindaco di Roma? A essere sincero, mi sembra che sia la Direzione Nazionale a non avere il polso della situazione della base e del territorio... Attenzione a parlare di default democratico! Se, come si dice, Berlusconi verrà nominato senatore a vita nei prossimi mesi, per scampare ai suoi processi, allora di che cosa si dovrebbe parlare in quel caso?
Francesco - 2013-04-28
Con la nascita del primo governo post-ideologico a guida del Segretario pro-tempore del Partito Democratico, Enrico Letta, il Pd deve interrogarsi sul percorso fatto dal 2007 ad oggi ed in particolare sull'intuizione "maggioritaria" che vale per il sistema elettorale vigente, varrebbe per un ritorno al mattarellum, andrebbe bene per il presidenzialismo, inaugurato nei fatti con la rielezione di Giorgio Napolitiano al Colle. La comunità dei Democratici - lo dico da giovane cattolico-democratico - deve recuperare l'esperienza del primo Pd, quello nato dalle primarie e dal lavoro profuso da Walter Veltroni, la cui uscita di scena ancora stiamo meditando come giovani la cui prima tessera è stata appunto quella del Pd con la firma in calce dell'ex segretario. Veltroni aveva dato al centrosinistra un partito plurale, casa comune di moderati e riformisti nell'accezione di 'comunità', in cui le precedenti appartenenze diventavano patrimonio comune, tratto distintivo di una visione di società alternativa alla destra e che contribuiisse a superare lo stallo a cui ci siamo ritrovati. Nella campagna congressuale, apertasi con le dimissioni della segreteria Bersani, sarà bene connotare il nuovo partito con due strumenti a mio avviso essenziali: 1) il coinvolgimento attivo dei Circoli e dei territori e il limitato potere conferenziere delle Assemblee nazionali, ridotte a passerelle da parte delle correnti e dopo l'unanimismo non significhi 'unità del partito' (la storia recente del pallottoliere per l'elezione del successore di Napolitano ci ha consegnato un partito che vota in direzione una cosa ed è capace di fare il contrario nel voto d'aula); 2) la predilezione per la consultazione della base sui temi di maggiore interesse del Paese e dove la maggioranza non soffochi la minoranza. L'egemonia ex Ds ha segnato il passo, riducendo i margini di iniziativa dentro al partito dei cattolici-democratici, degli eco-dem e della componente laica vicina ai temi dei diritti civili e questo lo dico da credente praticante, perché credo nel valore del confronto che è stato alla base della stesura di tutti i documenti fondativi del Pd, compreso il codice etico. Bisogna favorire un partito realmente riformista, aperto al futuro e che si collochi più sulle posizioni dell'Alleanza dei progressisti e democratici e meno del Partito socialista europeo o del'internazionale della Rosa nel pugno. Riguardando gli spot per le primarie del 2007 e per la campagna elettorale del 2008, ho avuto davvero nostalgia per il Pd delle origini. In quei casi il partito aveva raccolto un elettorato interclassista, che esprimeva istanze diverse ma rese armoniche da una mission - quella veltroniana di un centrosinistra gentile ma fortemente legato ai valori della Costituzione, della società civile e del mondo del lavoro (operai ed imprenditori insieme, con l'eccezione di tal Calearo) - che aveva come volti Mario Adinolfi, Rosy Bindi, Enrico Letta, Piergiorgio Gawronski e lo stesso Veltroni ma anche testimonial come Ricky Tognazzi e Simona Izzo, Monica Guerritore e Michele Placido, Marco Carboni e Neri Marcorè, Giobbe Covatta e Gigliola Cinguetti o semplicemente quello dei cittadini che animavano (spunta anche Pippo Civati tra loro) che avevano prestato il loro volto e la storia che ci stava dietro (studenti, pensionati, imprenditori, famiglie e lavoratori). Forse è troppo tutto questo ma francamente l'offerta politica di Bersani e dei bersaniani (a cui si sono aggiunti gioco forza Bindi, Marini, Fioroni, Franceschini) ha reso il Pd lontano dalle attese inchiodandolo a rappresentare una porzione sempre più limitata di Paese. Dal 1996 al 2008, il Pd e prima ancora i partiti fondatori (Ds, La Margherita e le componenti attratte dagli altri partiti dell'Unione) avevano in dote 1/3 degli italiani. Oggi i numeri sono diversi, fattori sociologici e acuità dei bisogni hanno frammentato il voto. La spirale populista ha fatto il resto. Confido nell'esperienza avviata da Enrico Letta e magari alla segreteria del partito non tanto Matteo Renzi (di cui sono sostenitore) ma una persona giovane, magari donna che anteponga alla licenziosità del centrodestra, stile, eleganza e competenze. Qualche nome?!
Adriano Di Saverio - 2013-04-27
Molto lucido, come al solito, l'intervento di Guido Bodrato. Le primarie (fatte fra Natale e Capodanno !) hanno davvero prodotto un "non partito" senza radici ed identità. Questo meccanismo di selezione della classe politica, totalmente estraneo alla storia del nostro Paese e dei partiti italiani, è frutto della mancanza di autorevolezza e di consenso della segreteria nazionale del PD. Partito nato da una fusione fredda e mal riuscita fra Margherita e DS. Ma ve li immaginate le primarie ai tempi della DC? Persone come Moro, Fanfani, Donat Cattin e tanti altri avevano un prestigio, un'autorevolezza, un consenso che li portava a essere leader in modo del tutto naturale.E chi arrivava a fare il parlamentare aveva alle spalle un'esperienza negli Enti locali e negli organi di partito durata anni. I parlamentari eletti con le primarie sono coloro che al mattino hanno votato all'unanimità l'appoggio a Prodi ed al pomeriggio, più di cento, lo hanno impallinato. Suicidando il partito, e alla lunga, anche se stessi
franco maletti - 2013-04-27
E' la prova provata che tra i parlamentari i personalismi eccedono di gran lunga il senso di responsabilità e del dovere che dovrebbe caratterizzare ogni politico a prescindere dal suo orientamento di partito.Ma fomentare la piazza contro tutta la politica a prescindere, così come fa Grillo, serve soltanto a rinfocolare un odio generalizzato e preparatorio di una dittatura ignorante che ha scelto il computer come proprio idolo dal quale lasciarsi manovrare docilmente.Le scorciatoie dettate dalla rabbia e dall'odio finiscono sempre col danneggiare principalmente i suoi propugnatori. Tanto più quando, raggiunte le aule del parlamento, si scopre che odio e rabbia non bastano per governare, ma che ci vogliono le idee e le proposte. Chi oggi prova "schifo" nel fare accordi con il Pdl, come tanti sostenitori del PD e la totalità di SEL, o non ha capito la gravità della situazione, oppure tutto sommato gli sta bene continuare a lamentarsi in eterno delle cose che non vanno: perchè è l'unica cosa che sa fare con una certa perizia.
Lino Busceti - 2013-04-27
sono d'accordo con il discorso di Guido e di Napolitano, sono deluso come tesserato dopo 35 anni di tesseramento:dc,partito popolare,ulivo,margherita e p.d credo di essere arrivato al capolinea delle tessere se non vedo un radicale cambiamento al prossimo congresso del p.d.una nota positiva e un augurio di buona fortuna va ad Enrico Letta nella speranza che riesca a fare le riforme urgenti in particolare quella della legge elettorale e della politica del lavoro.