Matteo Renzi ha molti meriti e tanti sostenitori ma la lettera, che ha inviato a “Repubblica”, per stoppare e dissociarsi dalla candidatura di Franco Marini al Colle più alto mi pare, francamente, inopportuna e un po’ ruffiana.
Non perché non sia lecito, in totale trasparenza, dissociarsi o contestare pubblicamente la candidatura di un esponente importante del proprio partito, ma perché lo stesso azzeccato argomento usato contro Marini, cioè il fatto che si sia candidato – derogando al tetto dei mandati – nelle ultime elezioni e non sia stato eletto, si potrebbe usare anche per l’altra grande candidata forte al Quirinale: Emma Bonino.
Sì, perché Emma Bonino si è candidata nelle ultime elezioni per il Partito Radicale e non è stata eletta nemmeno lei. Anzi, il Partito Radicale non è mai andato così male. Eppure, per la Bonino l’argomento del mancato consenso popolare – forse perché ai Radicali, in nome di aborto e divorzio, si perdona tanto – non è stato usato da nessuno, nemmeno da Renzi.
Quindi Renzi, in nome della coerenza e della laicità, si erge a giudice di altre coerenze in campo cattolico. In nome della separazione tra politica e fede utilizza la sua stessa fede per dare voti, e assegna un voto insufficiente soprattutto ai politici troppo rigidi moralmente, e rigidi sui temi etici. Questo è l’aspetto più ruffiano della sua lettera: si candida davanti ai lettori di “Repubblica” come campione della laicità, come nemico di nuovi e vecchi cattolicesimi politici, come loro garante di loro davanti a revanscismi democristiani. Proprio lui, accusato spesso, a sproposito, di essere democristiano.
Trovo che tutto questo sia molto vecchio e poco giovane, ma certo servirà nella sua strategia di accreditamento. |