Questa è la settimana dell’elezione del Presidente della Repubblica. Il Parlamento e i grandi elettori delle Regioni sceglieranno il successore di Giorgio Napolitano. Proviamo a delineare il profilo del Presidente che sarebbe necessario alla nostra povera Italia. O almeno del Presidente che ci piacerebbe avere.
La persona che occuperà il Quirinale nei prossimi sette anni deve avere un forte senso etico, con un substrato culturale che sia supportato dai comportamenti di una vita: non possiamo fidarci di convinzioni proclamate che non siano confermate da quell’etica del comportamento che richiamava Pietro Scoppola. Necessita un Presidente che sia un esempio di rettitudine morale, privo di ombre. Una persona autorevole e di spessore culturale: vorremmo che fosse un politico, capace di riaffermare la centralità della politica, della buona politica, quella orientata al bene comune. E abbiamo bisogno di un Presidente che sappia farsi paladino di questo concetto, così debole nella nostra Italia, balcanizzata da un individualismo egoistico in cui ciò che conta è il proprio interesse o l’interesse della propria corporazione, uno strumento per difendere meglio le rendite di posizione di ciascuno.
Non sarebbe male che il nuovo Presidente, come la maggior parte dei suoi predecessori, abbia quel di più che viene da una conoscenza dei palazzi romani attraverso la legittimazione democratica della politica, e non attraverso una carriera burocratica. È un requisito utile per meglio guardare e interpretare quello che sta al di fuori del “palazzo”.
Però dovrebbe essere una persona rimasta ai margini dei giochi politici in questi ultimi, disgraziati anni della “seconda Repubblica”. Non essere stato coinvolto nel “bipolarismo muscolare” che ha caratterizzato gli anni del berlusconismo, gli darebbe anche più probabilità di trovare un ampio consenso tra i grandi elettori, per poter meglio rappresentare un punto forte di riferimento per un Paese pericolosamente diviso nel suo tessuto sociale e politico.
Il neo Presidente non potrà certamente essere – visti i decenni intercorsi – uno dei Padri della Costituzione: ma vorremmo che ne fosse figlio, che la sentisse sua, che ne fosse solidamente ancorato ai valori, ai princìpi fondamentali. Che si ponesse in ideale continuità con il lavoro di coesione nazionale iniziato con la ricostruzione post-bellica. Perché questa Italia in crisi ha bisogno prima di tutto di recuperare le ragioni dello stare e del progredire insieme. Ed il Capo dello Stato, che “rappresenta l'unità nazionale” (art. 87 della Costituzione), deve saper assumere su di sé il visibile compito di interpretare e rilanciare l’unione delle coscienze, che va fatta emergere al di là delle differenze. Usando il dialogo, il confronto, la ragionevolezza.
Serve quindi una persona capace di unire, di trasmettere serenità, di interpretare la speranza. Sul piano istituzionale, oltre a garantire l’equilibrio dei poteri, dovrebbe essere un convinto paladino della democrazia rappresentativa, non tentato da scorciatoie presidenzialiste. E lo vorremmo anche convinto europeista, perché solo la coesione europea può garantirci un futuro di pace e prosperità nell’economia globalizzata.
E infine, meglio se l’eletto con tutti i requisiti sin qui esposti fosse anche un cattolico: semplicemente perché chi crede nel Vangelo, dovrebbe avere un qualcosa in più nell’impegno politico e istituzionale. Ma dovrebbe interpretare la fede laicamente, senza esteriorità. All’insegna di quel valore di laicità che due grandi politici cattolici – Sturzo e De Gasperi – hanno incarnato e tradotto in scelte concrete meglio dei tanti atei devoti che hanno mercanteggiato con la Chiesa.
Ecco i tratti del Presidente che auspichiamo.
Amici Popolari, vi viene in mente qualcuno che corrisponde a questo identikit?
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