Due iniziative annunciate e promosse da due grandi soggetti politici del nostro Paese sono, a mio parere, indicative dello stato della nostra democrazia, della sua crisi e dei suoi pericoli.
La prima è l’annunciata “marcia su Roma”, in realtà la convocazione di un corteo di cittadini che dovrebbe accompagnare il folto gruppo dei deputati e delle deputate del Movimento 5 Stelle fino a Montecitorio, al loro primo ingresso nelle aule parlamentari. Il senso è quello della difesa identitaria, dai rischi imminenti di contaminazione del Palazzo, di questi neoparlamentari, quasi un monito a loro e agli altri a non credere di potersi e poterli facilmente irretire nelle trame politiche, alla volontà di permanere in una purezza di rivoluzione dal basso e con il popolo.
In realtà sembra l’immagine plastica di quel “arrendetevi, siete circondati” che Grillo ha gridato in tutte le piazze d’Italia ai partiti tradizionali, un cordone sanitario steso attorno al Palazzo e il segno inquietante di passi successivi meno rassicuranti.
L’altra iniziativa è la convocazione di tutti parlamentari e militanti del PDL attorno al Palazzo di Giustizia di Milano, quel Palazzo di Giustizia da cui venti anni fa partì la rivoluzione giudiziaria che travolse i partiti della Prima Repubblica, in una scena che sembra tratta dal famoso film di Nanni Moretti: difendere il premier Berlusconi (Berlusconi è sempre e comunque Premier al di là di qualunque esito elettorale) dagli attracchi di una magistratura considerata faziosa, ingiusta, iperpoliticizzata.
Due poteri, il giudiziario e il legislativo, assediati e delegittimati. Uno, l’esecutivo, quasi impossibile da ricostituire e legittimare.
Eppure queste piazze esasperate e rabbiose sono quanto mai lontane da altre piazze, altrettanto esasperate e rabbiose: piene di insegnanti precari, minatori licenziati, operatori di call center messi in mobilità, metalmeccanici cassintegrati. Alle ragioni di questa gente il governo Monti, stretto nelle ragioni tecniche e tecnocratiche del bilancio e delle compatibilità europee, ha potuto opporre solo il silenzio, l’impossibilità e l’incapacità dell’ascolto.
Le due piazze rivoluzionarie o pseudo tali della destra e del grillismo nascono dall’incapacità della politica di rendere centrali le ragioni e i bisogni della gente che lavora, che è licenziata, a cui sembra di non aver futuro.
Se il popolarismo è il contrario dei populismi vecchi e nuovi, riesce ad affermarsi solo se sa farsi carico della fatica di queste persone, immetterla nella fatica della politica, farla partito perché il partito non può essere solo una questione di leadership e organigrammi. Mi sembra che sia questa, al di là di dove si collocheranno i cattolici democratici, la stretta ma obbligata strada che dobbiamo percorrere. |