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Franza o Spagna, basta che se… cambi!
 
di Aldo Novellini
 

Se vi sarà mai la riforma della legge elettorale buona parte del merito sarà del Capo dello Stato che da mesi insiste per veder cambiato il “porcellum”. Il problema è che ciascun partito vuole un sistema elettorale su misura: quello con cui c’è più da guadagnare o, in alternativa, quello che danneggia maggiormente l’avversario.
In queste condizioni è arduo pensare che dal Parlamento sortirà una buona riforma e, in effetti, le proposte che vanno per la maggiore sono alquanto arzigogolate. Tutto ruota, tanto per capirci, attorno all’entità del premio da attribuire alla coalizione giunta in testa e a quale soglia debba scattare il meccanismo premiante che, nelle intenzioni dei proponenti, dovrebbe consentire la nascita di maggioranza solide, in grado di governare il Paese, cosa che in questi ultimi anni, messa da parte la parentesi montiana con la grande coalizione PD-PDL-UDC, non è riuscita né alla destra con Berlusconi, né alla sinistra con Prodi.
C'è soprattutto da sperare che la futura legge elettorale introduca le preferenze, consentendo ai cittadini di scegliere il proprio parlamentare. Prima ancora che il premio di maggioranza, sono le preferenze il nodo principale e, in fondo, la vera, e tanto attesa, discontinuità rispetto all'attuale sistema. Occorre che l'elettore possa decidere da chi farsi rappresentare, altrimenti tale scelta avviene nelle segreterie dei partiti, ottenendo poi un ceto parlamentare totalmente subordinato a una ristretta oligarchia dalla quale, in virtù dell’attribuzione del posto in lista, dipende la sua elezione. Da qui tutta una serie di fenomeni deteriori a cominciare dallo scarso radicamento territoriale e da un inesistente rapporto con gli elettori. D'altronde, se essi altro non sono che dei meri notai di decisioni prese altrove, a cosa serve mantenere un intenso legame con loro?
Veniamo dunque ad esaminare due possibili modelli elettorali senz’altro meglio del “porcellum” ed entrambi compatibili con la scelta popolare degli eletti.
Il primo modello è quello spagnolo, con un sistema proporzionale basato su circoscrizioni di ridotte dimensioni che eleggono mediamente otto-dieci deputati e che ben potrebbero venir scelti con la preferenza senza che i costi elettorali diventino astronomici proprio per la ristrettezza del collegio. Un collegio di quel genere ha inoltre un buon effetto sbarramento e così facendo si premiano i partiti maggiori, salvaguardando quel bipolarismo che, avrà pure da essere più mite e meno muscolare, ma che rappresenta comunque un modello che garantisce una facile alternanza tra forze politiche in competizione tra loro. Meglio l’alternanza che l'inamovibile palude centrista. E del resto, se bipolari sono un po' tutte le grandi democrazie europee, perché noi dovremmo essere in controtendenza?
Altrettanto valido è il doppio turno francese. Oltralpe funziona bene da oltre mezzo secolo e nella versione italica potrebbe venir corretto con una quota di seggi assegnati con il proporzionale per far entrare in Parlamento quei partiti esclusi dalle coalizioni principali. Questo sistema ha il pregio che al primo turno ciascun partito si presenta per conto proprio, permettendo poi che al ballottaggio, dove dovranno accedere solo i due concorrenti più votati e non terzi incomodi, si creino eventuali coalizioni sulle quali saranno gli elettori a giudicare. Il tutto con un voto esplicito dei cittadini e non con manovre post-elettorali nelle stanze dei partiti.
In questo modello le preferenze non esistono, poiché tutto si incardina sul collegio uninominale dove, in genere, vi è un candidato per ogni partito. Si potrebbe però ovviare al rischio di candidati imposti dall'alto, in sedi ritenute sicure, prevedendo le primarie in ogni collegio. Sarebbero così direttamente gli iscritti ai partiti a scegliere chi mettere in lizza e non una ristretta congrega di capi bastone.
Come si vede sia con il modello spagnolo sia con quello francese siamo di fronte a leggi elettorali decisamente migliori del nostro sciagurato “porcellum” che speriamo venga cancellato quanto prima. Se così non fosse, questo dovrebbe essere il primo impegno da prendere con i cittadini nella prossima legislatura.


Aldo Cantoni - 2012-12-15
Una terza possibilità deriverebbe dall' umiltà di copiare il modello tedesco sia in termini di riforme istituzionali che di coerente riforma della legge elettorale.Riconosco che sperare in tale buon senso è forse utopia, ma lasciatemi sognare un' Italia che copia dalla Germania anche le riforme del diritto del lavoro, copia dalla laicissima Francia le riforme per la famiglia e, perchè no?, il corretto rapporto tra scuola pubblica statale e scuola pubblica non statale.