Scovata sul web, è la lettera di un quarantenne che racconta con un misto di rabbia e amara ironia la condizione di una generazione che non ha trovato spazi e che continua a non vedere il proprio futuro. Ne pubblichiamo un ampio stralcio, che può anche non essere tutto condivisibile, ma che aiuta a capire il disagio esistenziale di questi tempi difficili che finisce per scaricarsi inevitabilmente sulla politica.
Noi siamo figli di una generazione a perdere: senza passato, senza presente e, cosa più grave, senza futuro. (…) Eravamo ragazzi e ci dicevano: “Studiate, sennò non sarete nessuno nella vita”. Studiammo con i sacrifici nostri e dei nostri genitori. Dopo aver studiato ci dissero: “Ma non lo sapete che la laurea non serve più a niente? Avreste fatto meglio ad imparare un mestiere o a fare i commercianti!”. Imparammo il mestiere o diventammo commercianti. Dopo ci dissero: “Che peccato però, tutto quello studio per finire a fare un mestiere o ad aprire una bottega?”. Ci convinsero e lasciammo perdere, anche perché le tasse erano troppe alte e la burocrazia inefficiente ed oppressiva. Quando lasciammo perdere, rimanemmo senza soldi, a campare con le pensioni dei genitori. Poi diventammo disperati, senza futuro e con genitori senza pensione.
Prima eravamo troppo giovani e senza esperienza. Dopo pochissimo tempo eravamo già troppo vecchi, con troppa esperienza e troppi titoli, con pochi posti di lavoro occupati da gente incapace, figli di una cultura corrotta. Non facemmo figli – per senso di responsabilità – e crescemmo. Così ci dissero, dall’alto dei loro concorsi truccati vinti o lavori trovati facilmente negli anni ’60, con uno straccio di diploma o la licenza media, quando si vinceva facile davvero: “Siete dei bamboccioni, non volete crescere e mettere su famiglia”. E intanto pagavamo le loro pensioni, mentre dicevamo per sempre addio alle nostre. Ci sposammo e facemmo dei figli per dare una discendenza a una nazione fiera dei suoi trascorsi e ci dissero: “Ma come, senza una sicurezza né un lavoro con un contratto sicuro fate i figli? Siete degli irresponsabili”. A quel punto non potevamo mica ucciderli. Così emigrammo. Andammo altrove, alla ricerca di un angolo sicuro nel mondo, lo trovammo, ci sentimmo bene. Ci sentimmo finalmente realizzati, ma a piangere la terra natia e a maledire chi la governava e anche chi li votava. Diventammo vecchi senza conoscere la felicità. Ma un giorno, quando meno ce lo aspettavamo, per il magna magna dei pochi il “Sistema Italia” fallì e tutti si ritrovarono col c**o per terra. Allora ci dissero: “Ma perché non avete fatto nulla per impedirlo?”. A quel punto non potemmo che rispondere: “Andatevene tutti aff*****o, voi, la vostra claque in Parlamento e i giornalisti foraggiati che vi danno spazio sui loro giornali e vi invitano in tv a dir ca**ate!”
L’Autore è presidente dell'Associazione Contro Tutte le Mafie |