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Province: vince la logica
 
di Alessandro Risso
 

Siamo arrivati al dunque: il Governo ha ormai definito il nuovo dimensionamento delle Province nel decreto della spending review. La notizia vera è che pare abbia vinto il buon senso, mettendo d’accordo ministri, amministratori locali e Parlamento. La scelta frettolosa dello scorso novembre, dettata solo dall’esigenza demagogica “di dare qualcosa in pasto all’opinione pubblica”, ha ceduto il passo a una logica di risparmio abbinata a un realistico riordino delle autonomie locali. La Commissione parlamentare aveva indicato le linee guida di “una riforma organica delle istituzioni di governo di area vasta, caratterizzata da una chiara ripartizione delle funzioni, dalla eliminazione di sovrapposizioni e ridondanze e dall’adeguatezza rispetto agli ambiti territoriali relativi a ciascun livello di governo, nonché, conseguentemente, dall’eliminazione dei poteri fiscali oggi attributi, in modo eccessivamente frammentato, agli enti che saranno soppressi per effetto dell’accorpamento. Mediante tale riforma, in particolare, si dovrà assicurare una effettiva razionalizzazione delle Province, attraverso la riduzione del numero delle amministrazioni e una ridefinizione delle funzioni, anche con la soppressione degli enti strumentali (agenzie, società, consorzi) che svolgono funzioni esercitabili direttamente da parte delle autonomie territoriali, l’istituzione delle città metropolitane come enti per il governo integrato delle aree metropolitane, nonché il riordino delle amministrazioni periferiche dello Stato.”
In accordo con queste linee di intervento, il Governo avrebbe definito (il condizionale perché saranno ufficializzati tra una settimana) ragionevoli paletti di territorio (3000 kmq, un centesimo del suolo italiano) e di popolazione (350.000 abitanti) per il mantenimento di una attuale Provincia. Quelle che non hanno numeri sufficienti saranno accorpate. Con i due paletti da rispettare, dovrebbero esserci 54 Province superstiti. Considerando però che due Province piccole potrebbero unirsi e così rientrare nei parametri aggiungendosi alle altre, è ragionevole ipotizzare che la riforma porterà alla riduzione di una quarantina di Province, dalle attuali 110 a 70, e non di 50 come dichiarato dal Governo. A meno che non si contino in meno le dieci Province che prenderanno il nome di “Città metropolitane”. E su questo passaggio non mancano interrogativi e perplessità, che lasciamo però a successivi approfondimenti.
I veri risparmi non stanno però in questa riduzione. Passano per la soppressione dei tanti enti – regionali, provinciali, consortili – che hanno competenze sull’area vasta e, soprattutto, per la riorganizzazione di tutta la macchina dello Stato sulla nuova base provinciale ridotta di numero. “Non sono più sostenibili per lo Stato i costi molteplici delle strutture territoriali” ha detto il viceministro all'Economia, Vittorio Grilli. Quindi, dopo una prima fase in cui erano prevalse le ragioni della potentissima burocrazia centrale – dopo tutto il ministro Cancellieri è un ex prefetto – il Governo Monti ha visto nella riorganizzazione provinciale il grimaldello per incidere pesantemente sulle spese dello Stato: meno Prefetture, meno Questure, meno Camere di commercio; meno uffici provinciali di INPS, INAIL, ACI; meno Comandi provinciali di Carabinieri, Finanza, Esercito. Insomma, ridotti i centri di costo si riducono le spese. Il Governo pensa così di poter risparmiare qualche miliardo di euro, all’interno della spending review. Di fatto sono state accolte le proposte dell’Unione Province Italiane: una “autoriforma” partita dal Piemonte, ufficializzata fuori tempo massimo, dopo il decreto che ne stabiliva l’abolizione, ma capace di farsi ascoltare per logica, realismo e numeri. Una bella rivincita per i presidenti delle Province, che rischiavano di essere degli inascoltati “zombies” politici.
Come Popolari piemontesi, che un anno fa avevamo dibattuto il tema e prodotto un documento di sintesi, è una bella soddisfazione vedere che il Governo dei tecnici, dopo averci ragionato, è arrivato alle nostre stesse conclusioni: Province da tenere come Ente di governo dell’area vasta, da ridurre nel numero rispettando sensati parametri di territorio e popolazione, abolizione di Enti strumentali e passaggio delle loro competenze alle Province, riorganizzazione (e riduzione) su base provinciale di tutti gli uffici periferici dello Stato. Staremo a vedere come e in che tempi si concretizzerà il percorso di razionalizzazione.
Non mancano questioni importanti ancora aperte, oltre alla definizione delle Città metropolitane. Prima di tutto le competenze. Nel decreto il Governo si limita a citare: “ambiente (soprattutto per il settore discariche); trasporti e viabilità (anche per quanto attiene la costruzione, la classificazione e la gestione delle strade). In attuazione del decreto “Salva Italia”, vengono devolute ai Comuni tutte le altre competenze che finora lo Stato aveva attribuito alle Province”.
Un passo avanti rispetto al decreto del novembre scorso che di fatto azzerava le competenze. Qualcosa meno dell’ultima versione del Codice delle Autonomie in dirittura d’arrivo, che prevede anche pianificazione territoriale e difesa del suolo, protezione civile, assistenza tecnica e amministrativa a favore dei Comuni. La competenza sulle scuole superiori potrebbe passare ai Comuni, mentre i Centri per l’impiego potrebbero passare all’INPS, cui verrebbe affidata la regia delle politiche del lavoro, oppure alle Regioni. Possibile comunque che la regione deleghi funzioni alle Province, come potrebbe avvenire appunto per il lavoro o per la formazione professionale. Le Province dovrebbero inoltre assorbire le competenze, negli ambiti delle proprie funzioni, di tutti gli enti strumentali che verranno soppressi (ATO, Consorzi ecc.).
Rimane ancora in ballo il sistema di elezione. Quella di secondo livello stabilita dal Governo, con elettori i soli consiglieri comunali del territorio, pare un po’ troppo debole per legittimare gli amministratori di un Ente di importanza costituzionale e gestore di servizi essenziali per i cittadini. Meglio che siano questi ultimi, democraticamente, a scegliere con il loro voto.


Antonio R. Labanca - 2012-10-05
Invece dell'accorpamento di una provincia in una più grande, potrebbe accadere che due piccole si uniscano per formarne una sola di consistenza sufficiente, se ho ben capito. Ma chi decide: il governo o le province? in base a quale principio, se decide lo Stato? o, se decidono i cittadini, potrebbero promuovere l'accorpamento in una provincia a propria scelta? Ad esempio: gli Astigiani potrebbero scegliere se unirsi a Cuneo o ad Alessandria? I Biellesi se unirsi a Torino o a Vercelli?
giovanni salerno - 2012-07-10
Deve essere chiarita, a mio parere, la funzione delle Camere di commercio e le loro competenze. Numerose funzioni vengono esercitate da Regione e Province, e attualmente creano solo confusione. Sono da verificare inoltre (accorpandole alle Province, Regioni o Comuni) le funzioni di alcuni enti strumentali tipo quelli di ricerca, o tutela categorie particolari (es.Edisu).
Carlo Baviera - 2012-07-10
Continuo a ritenere che, se pur importante razionalizzare, diminuire gli sprechi, togliere i cosiddetti Enti inutili, ecc. le soluzioni che di volta in volta si adottano (vedi anche la soppressione dei cosiddetti tribunali minori) avvengano sempre con metodo accentratore e centralistico. Preferirei che si cambiasse metodo: cioè partire dal basso. Anche il nuovo assetto istituzionale dovrebbe partire da una visione nuova: cosa serve? quali enti intermedi e quali funzioni? come far sì che territori importanti (anche se con popolazione ridotta ed economia in difficoltà) non siano ridotti a periferia dell'impero sempre meno partecipe delle decisioni? Aree come il monregalese, le Langhe, il Monferrato casalese, l'eporediese, ecc. come sono rappresentate e hanno voce e rilievo istituzionale in Enti di sempre più grandi dimensioni? Bisogna affidarsi al parlamentare o al potente di turno o pensiamo a qualche strumento democratico che dia spazio VERO (oltre che servizi adeguati) alla partecipazione di società civile e istituzioni dei territori collinari e/o demograficamente di minor peso?
giuseppe cicoria - 2012-07-10
E' stato veramente un buon lavoro. Complimenti a Te ed al gruppo di lavoro che hai coordinato.