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Cattolici, la DC non ritorna
 
di Giorgio Merlo
 

Anche se si riparla di una “Todi 2” e di una nuova e futura riaggregazione fra i cattolici in politica, ogni tentativo unitario è destinato a naufragare di fronte a una semplice considerazione: il pluralismo politico dei cattolici è ormai un dato storico e politico largamente acquisito. E nessuna tentazione regressiva, interessata o anche genuina, la potrà rimettere in discussione.
Del resto, la terza Repubblica che si sta per aprire – dopo la fine ingloriosa della cosiddetta seconda – non prevede il decollo di un partito che possa far perno sull’unità politica dei cattolici. La storia della Democrazia cristiana, o anche solo dello stesso PPI, non possono essere riproposti nei termini in cui li abbiamo conosciuti e sperimentati. Ormai i cattolici, come tutti gli altri cittadini, si riconoscono in diversi partiti e sono i programmi l’elemento determinante che giustifica le singole scelte elettorali. Ogni altra valutazione – di natura confessionale o religiosa – è del tutto avulsa da condizionamenti politici o partitici.
Allo stato dei fatti, come direbbe Carlo Donat-Cattin, c’è una sola possibilità concreta che giustifica un’unità politica e culturale dei cattolici. E cioè, condurre battaglie comuni nelle assemblee legislative in nome di una medesima radice culturale di provenienza. Questa è, ad oggi, l’unica via capace di non far disperdere un patrimonio culturale di grande rilevanza storica e politica per il nostro Paese e, al contempo, la strada per non riproporre tentazioni confessionali o deviazioni integralistiche. E questo a riprova che nessuno può ergersi a paladino esclusivo dei cosiddetti “valori” cattolici o a interprete autentico della tradizione storica e culturale dei cattolici italiani. La stessa DC, che su questo versante si è sempre ispirata con molti suoi dirigenti al rigoroso e severo principio della laicità, non ha mai preteso di rappresentare tutti i cattolici. E forse, in quel contesto storico, qualche ragione poteva pur avercela. Ma oggi siamo in un’altra stagione storica e culturale, dove la sola evocazione della rappresentanza unitaria dei cattolici è stonata.
Certo, all’interno dei singoli partiti – almeno quelli dove la “pluralità” culturale è un fatto acquisito e praticato – la presenza politica di componenti o aree che si rifanno alla storia del popolarismo o all’esperienza del cattolicesimo è un fatto decisamente positivo e da non sottovalutare. È il caso, ad esempio, dell’area popolare nel PD o delle presenze marcatamente cattoliche nel Terzo Polo o nel PDL. Ma queste presenze, ovviamente politiche e non confessionali, sono anche determinanti nel condizionare e nell’orientare le politiche dei rispettivi partiti ma non possono pretendere di essere esaustive dell’intera galassia cattolica.
Pertanto, tutti i tentativi – anche torinesi e piemontesi – di dar vita a riflessioni sul rapporto tra cattolici e politica sono indubbiamente da incoraggiare e da sostenere. E ognuno deve farsene carico nei rispettivi partiti. Nel rigoroso rispetto, però, della laicità e del pluralismo politico dei cattolici.


Beppe Mila - 2012-05-29
Ma, non è semplice commentare... un po' di speranza bisogna tenerla in vita, quindi quel che dice Giorgio va alimentato, però il commento di Franco Fratto nella sua crudità è altrettanto vero. Purtroppo. Ed in alcuni casi troppo vero.
Franco Fratto - 2012-05-17
Caro Giorgio Merlo, lo schema ATTUALE dei partiti non risponde più, a mio parere, a nessuna esigenza reale della società civile.