Claudio Lussana - 2012-04-13 E come chiamare quelle moltitudini di persone che sono stati mandati fuori dalle scatole con 35 anni di lavoro "solo" perchè l'industriale di turno ha mangiato tutto? | ||
Aldo Cantoni - 2012-04-07 Caro Franco,
da un punto di vista giuridico formale i tuoi ragionamenti probabilmente non fanno una grinza, ma il lavoratore che è spinto ad andarsene lo fa considerandolo il male minore. Per lui, qualcuno più forte di lui gli ha cambiato le carte in tavola. Giudicando secondo diritto dovrei approfondire le reali circostanze degli accordi, ma secondo equità è un ulteriore sopruso che per giunta avviene a valle di un patto leonino. | ||
Beppe Mila - 2012-04-06 Anche se nei termini e nell'esposizione quanto detto è ineccepibile, nella vita normale e reale è un nonsenso totale. Articoli come questi portano solo acqua a chi vuole buttare a mare decenni, direi secoli di storia, cultura e tradizioni (che poi contribuiscono al vivere civile) in nome di un falso modernismo che rende i ricchi straricchi ed i poveri più poveri. Mi sorprende che questa analisi arrivi da un "popolare" ... alla faccia. Infine una proposta: se noi lavoratori dobbiamo diventare come dice la Fornero uguali ai lavoratori serbi e vietnamiti, questo deve essere valido anche per i "padroni" che delocalizzano. In pratica, ad esempio un industriale che fabbrica articoli sportivi in Vietnam non può continuare a vivere sulla collina di Torino, alla sera andare in centro a prendere il caffè, poi a teatro. No, deve vivere in Vietnam ed alla sera stare nel patio del suo cottage in legno a farsi pungere dalle zanzare. Eh, signori la globalizzazione non può essere a senso unico, nessuno ci ha mai pensato? Una vita di società ed un tessuto sociale non si inventano, troppo comodo prendere solo il bene e non contribuirvi a crearlo, eh caspita siamo in tempo di quaresima, è venerdì santo : BASTA santificare chi chiude le fabbriche e le porta nel terzo mondo. A nessuno viene un filo di vergogna?
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