giuseppe cicoria - 2012-03-03 Concordo con quello che hai ampiamente espresso. Aggiungo qualche considerazione. Il capitalismo di Stato (comunismo) è stato sconfitto e tutti abbiamo gioito per lasciare il monopolio ideologico al capitalismo privato. Purtroppo questo capitalismo si è gravemente ammalato e sta morendo per le gravi metastasi che lo hanno colpito. Causa: l'abbandono del controllo della massa monetaria vera e virtuale da parte dei governi. Il risultato negativo è duplice. La massa circolante del denaro è migliaia di volte superiore alle necessità connesse allo scambio di beni e servizi. Si è creata, quindi, l'illusione di ricchezza basata su debiti di creditori che causano, poi, senza controllo, lutti e rovine per la loro possibilità di spostare le ricchezze (anch'esse vere o virtuali) in un batter d'occhio.
Io credo che per poter studiare un qualche piano di rilancio dell'economia reale, che consenta di dare lavoro vero, bisogna prima combattere politicamente e seriamente quegli Stati che hanno basato la formazione della loro ricchezza principale o consistente sulla speculazione finanziaria (Svizzera, Stati Uniti, Regno Unito oltre ai tanto vituperati Stati canaglia detti off shore). Il rilancio dell'economia reale, poi, non può che avvenire con l'impegno diretto dello Stato. I nostri industriali non hanno nessuna voglia di ritornare a produrre investendo i loro soldi. Tutti gli utili sono ormai all'estero nella miriade di fondi fiduciari che alimentano la speculazione che è la causa principale del trasferimento massiccio della ricchezza nelle mani di poche persone. Nonostante mi ritengo un liberale democratico, mi dispiace dover asserire che la privatizzazione di tutto non conviene all'Italia e che questa politica ha già portato alla perdita del controllo di quasi tutte le attività strategiche del Paese ancora esistenti! | ||
Stefania PISANO - 2012-03-01 Nel 2004, per l'Istat, in Italia sono 800mila le persone in più con un reddito inferiore al 50 per cento del reddito medio nazionale, inferiore cioè a 511 euro. Il disagio fotografato a Roma dai servizi di Sant'Egidio è in linea con i dati Istat: la povertà interessa ora il ceto medio, famiglie con un'abitazione, gli anziani e, spesso solo per un periodo iniziale, gli immigrati. il vecchio ceto medio, asse portante del consenso politico nella Prima repubblica, si scopre «a rischio di poverta'». Assiste attonito a una perdita progressiva di status, a un peggioramento della posizione sociale, a una diffusione dell’incertezza che alimenta l’ansia. I suoi stipendi hanno camminato come lumache mentre i prezzi hanno corso da lepri. I Bot d’una volta li hanno traditi e basta un evento straordinario, come ad esempio la separazione coniugale, lo sfratto o la malattia grave di un congiunto — a far retrocedere alla poverta' la condizione della famiglia-tipo dell’ex ceto medio.
Colletti bianchi sempre piu' grigi.
Siamo arrivati anche ai colletti bianchi che fanno la fila ai punti d’ascolto degli psicologi della Caritas. E se in molti casi questo ancora non avviene, e' solo per vecchi orgogli. Accade che le mogli separate di impiegati preferiscano rivolgersi alle parrocchie per chiedere alloggio e lavoro, e nelle grandi città il fenomeno si ripete con una frequenza preoccupante. «Stanno diventando le vere centraline del cambiamento», avverte la Caritas. Studiando la mappa geografica del declino e della vulnerabilità, si scopre come «l’area maggiormente toccata non sia il Mezzogiorno ma il Nord Ovest». Se nel Sud il reddito è sicuramente più basso, nell’ex triangolo industriale una famiglia su cinque soffre di «disagio abitativo» e dell’impossibilità di risparmiare. Il ceto medio d’una volta, invece, aveva la casa di proprieta' quasi per definizione, anche se acquistata a prezzo di sacrifici e della cessione del quinto dello stipendio. I Bot, poi, dai primissimi anni Ottanta fino alla metà dei Novanta hanno assicurato a impiegati, insegnanti e artigiani un secondo stipendio. Per cento milioni di vecchie lire investite nei suoi titoli lo Stato pagava ai sottoscrittori anche 10 milioni l’anno. Tutto questo non c’è più...
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franco maletti - 2012-02-28 Per combattere l'evasione fiscale, basterebbe assumere i
tanti giovani (anche con laurea) che oggi sono disoccupati, triplicando o quadruplicando il numero degli attuali controllori. E non si venga a dire che lo Stato non ha i fondi per pagarli. Perchè con il loro lavoro di recupero dell'evasione fiscale il corrispondente dello stipendio se lo farebbero uscire eccome. Se il governo Monti non è ancora arrivato a questa decisione molto semplice, temo che sia perchè anche lui non è in grado di modificare la situazione attuale senza correre il rischio di cadere. E allora su chi possiamo contare? | ||
Andrea Griseri - 2012-02-28 Grazie per la lucidità di questo articolo.
Lavoro in una società legata, per un 50%, al Gruppo Fiat e faccio parte dell'Associazione Capi e Quadri. In ogni mio intervento ai Consigli che annualmente organizziamo non ho mai mancato di affrontare la questione dell'arretramento drammatico del ceto medio che un'associaziione come la nostra deve rappresentare. Sulla diseguaglianza dei redditi all'interno delle aziende: è giusto che un top manager talentuoso, creativo e sgobbone guadagni parecchio di più di un operaio o di un funzionario ma non "così tanto di più". Esiste un problema di proporzioni, di relazione fra aumento marginale della performance individuale e reddito. Purtroppo siamo tutti silenti e afasici di fronte a questo fenomeno. E' ora di cominciare ad affrontarlo. |