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In Europa il domani della politica
 
di Franco Maletti
 

Sul piano della politica stiamo vivendo momenti di grande confusione, di delusione e sconcerto. In ognuno di noi si sta insinuando il sospetto che il voto dato al partito ritenuto più vicino al nostro modo di pensare, oggi, in qualche modo, si stia rivelando un tragico errore. Ci sono delle trasversalità fino a ieri inimmaginabili che procedono spedite, anche nelle dichiarazioni dei vari leader. Si teme perciò che le dichiarazioni pubbliche siano diverse rispetto al “peggio” che si sta concordando e che graverà interamente sulle nostre spalle. Che fine sta facendo la politica?
Anni fa, da convinto europeista, domandai a un amico, politico di lungo corso, come mai nessuno dei più prestigiosi nomi della politica locale scalpitasse per essere candidato dal suo partito alle elezioni europee. Nella mia ingenuità consideravo che tale traguardo rappresentasse per chiunque il coronamento della carriera. E non, come sembrava nei fatti, una specie di cimitero degli elefanti nel quale finivano i politici che avevano perso in patria smalto e rappresentanza. Quando non erano addirittura avviati al Parlamento Europeo in quanto la loro immagine era diventata negativa per il partito in cui militavano.
La risposta, insolitamente sincera, è stata che “…con tutta evidenza, fare parte del Parlamento italiano dà più potere del fare parte del Parlamento europeo. E solo quando i politici cominceranno a sgomitare per fare parte del Parlamento europeo questo sarà il segnale, senza ombra di dubbio, che il “vero potere” sarà finalmente nell’Europa”.
Tutto quello che sta accadendo in questi giorni nei confronti della Grecia, dimostra quanto questo sia ancora vero. E quanto il potere egoistico degli Stati più forti economicamente, sia in grado di mettere da parte ogni logica di solidarietà tra i popoli per mettersi al servizio della finanza, delle banche, e del profitto di pochi a discapito di tutti gli altri.
Questa non è l’Europa che sognavo, questa non è l’Europa per la quale si sono battuti i Padri fondatori. Ma è l’Europa rappresentata nella maggior parte dei casi da leader traballanti, dalla vista corta, assolutamente inadatti a ricoprire il ruolo che ricoprono, e alla mercé dei “poteri forti” nazionali.
L’Europa politica è totalmente assente o mal rappresentata.
Ma anche gli Stati che la compongono, al proprio interno, non se la passano molto bene. Perché la fine delle grandi ideologie ha portato alla crisi dei partiti e della rappresentanza. In Italia abbiamo attraversato un lungo periodo in cui l’antipolitica ha governato al posto della politica. Arrivando, in nome di una malintesa “libertà”, alla negazione di tutte quelle regole che uno Stato si dà per regolare la vita dei propri cittadini. In alcuni momenti sono state attaccate non soltanto le istituzioni più importanti, ma addirittura la stessa Costituzione.
Oggi in Italia la politica ha ceduto il passo a un Governo tecnico con l’arduo obiettivo di “risanamento”. Quando nel 2013 il Governo Monti si ritirerà considerando compiuta la sua missione, dal deserto della politica dovranno rifiorire i Partiti. E sarà compito di questi Partiti quello di lottare per creare le condizioni affinché si realizzi anche l’Europa politica. Ovvero l’Europa dei Popoli, che prende il sopravvento sull’Europa dei capitali e della finanza predatoria.
Nella grande confusione che, almeno inizialmente, verrà a crearsi, credo che anche per l’elettore più accorto si presenteranno a breve scelte difficili tra i partiti di vecchia e nuova formazione i quali, non avendo ideologie di supporto (tralascio, perché considero numericamente ininfluenti, tutti quei partiti che si rifanno a nostalgie e ideologie del passato, oppure quelli che predicano il populismo e l’antipolitica), sembreranno somigliarsi tutti. Addirittura i termini “destra e “sinistra” oggi risultano ambigui e privi di significato.
Una riflessione utile per scegliere, a mio avviso, va fatta con una semplice analisi di tipo sociale. C’è la “società dei forti”, che vuole regole ridotte al minimo, dove ognuno abbia la libertà di imporsi e affermarsi come lo ritiene opportuno, per nulla disposta all’assistenzialismo, dato che ritiene un processo naturale il fatto che chi non ce la fa debba soccombere. Partendo dal principio che l’efficienza è una caratteristica del genere umano, dalla quale deriva un contributo al miglioramento della società, conclude ritenendo l’inefficienza una deformità da abbandonare al proprio destino senza pietà e assistenzialismi dispendiosi.
E poi c’è la “società dei deboli”, alla quale appartiene la maggior parte di noi, e che tende ad ampliarsi sempre di più diventando in alcuni casi quel 99% che, quando prende coscienza del proprio stato, scende in piazza a manifestare il proprio sdegno nei confronti di quell’1% che continua ad accumulare ricchezza a discapito di tutti gli altri. La “società dei deboli”, oltre a volere equità e giustizia, vuole che ci siano “garanzie e tutele” circa il rispetto delle regole: tramite le Leggi e le Istituzioni che le fanno osservare. Se le Leggi non vengono rispettate e le Istituzioni che devono farle osservare (Magistratura) vengono attaccate, e non viene riconosciuto il loro ruolo, chi ci perde è la “società dei deboli”. Infatti, se grazie ai vari “ghedini” al loro servizio, usando i cavilli procedurali che allungano i processi fino alla prescrizione, già in condizioni normali è quasi impossibile arrivare alla condanna di un appartenente alla “società dei forti”, figuriamoci cosa è possibile fare quando il “forte” che prende il potere arriva a nominare se stesso come “persona al di sopra della legge”. Viene a questo punto da domandarsi come sia stato possibile che per quasi vent’anni così tanti appartenenti alla “società dei deboli” abbiano potuto votare (consegnando il potere nelle sue mani) un “gaglioffo” rappresentante della società dei forti. Che oltretutto, alla fine, ha fatto soltanto gli interessi di se stesso e di pochi amici intimi. C’è da auspicare che gli appartenenti alla società dei deboli, per le scelte future, sappiano regolarsi meglio.
Non so nel 2013 quanti dei partiti attuali saranno ancora in vita: perché mi sembra che all’ombra del Governo Monti siano già in atto grandi movimenti e trasformazioni. Ma so già fin da ora e con certezza che una società si può definire civile e democratica soltanto se è in grado di difendere e tutelare i più deboli. In Italia come in Europa.
E là andrà il mio voto. Sempre.


Dino Ambrosio - 2012-02-28
NON sono molto d'accordo e non credo che le cose stiano proprio così: che l'1% abbia la responsabilità della situazione attuale e il 99 % ne sia vittima. Non credo che il 99% siano tutti dei deboli da aiutare. Tra questi ci sono anche i pelandroni, i mangiapane a spese degli altri e via di seguito. A molti Greci e Italiani e Spagnoli è andata bene che le cose siano andate per anni così, perchè consentiva loro di trarne un qualche vantaggio. Dire ora che la responsabilità è dell'1% mi sembra sia un po' inverosimile e scagiona tutti gli altri dal prendersi le proprie responsabilità. Io compreso.
Aldo Cantoni - 2012-02-24
Caro Maletti, non ti illudere, non puoi pretendere che l' 1% si autoemargini. Nemmeno si emargineranno quelli della cosiddetta "casta" che non sono direttamente responsabili di ciò che tu denunci, ma che non hanno saputo o voluto evitare che accadesse. Occorrerebbe una rivoluzione non violenta dal basso, ma chi mai potrebbe guidarla? Il caso Grecia è illuminante: la classe dirigente meritava severità e rigore, ma il popolo greco meritava questa umiliazione? E in prospettiva futura ogni popolo europeo ha imparato (anche se non è proprio così) che in caso di bisogno dall'Europa non puoi aspettarti niente (o meglio, non si è fatto niente perchè cosi non apparisse). Il cittadino greco (il 99%) deve sacrificarsi per l'1%. Speriamo che l' Europa futura non assomigli all' Italia di oggi. Coraggio Maletti!