La presenza di Adriano Celentano al Festival di Sanremo ha scatenato, com’era facilmente prevedibile, polemiche e consensi, attacchi e ascolti. Ora, al di là delle legittime e insindacabili opinioni personali, è del tutto evidente che quando oltre 17 milioni di italiani seguono le perfomance artistiche di un personaggio, la notizia non può essere rubricata all’ordinaria amministrazione. Ecco perché voglio richiamare cinque aspetti che, almeno secondo me, meritano adesso di essere approfonditi.
1) Innanzitutto va sottolineato lo straordinario talento artistico dell’ex molleggiato. Da 50 anni sulla breccia ha confermato anche in quest’occasione all’Ariston di essere il “principe degli ascolti” in virtù, anche e soprattutto, delle sue qualità artistiche. Memorabile il duetto con Morandi alla fine della sua presenza sul palcoscenico sanremese che ha registrato un picco clamoroso negli ascolti. Indubbiamente, un capolavoro di questa rassegna canora.
2) In secondo luogo la sua intatta, e quasi innata, capacità di attrarre e di fare ascolti. Ormai, con Benigni, Celentano è rimasto l’ultimo “guru” capace di tenere inchiodati di fronte al televisore milioni di italiani. È sufficiente pensare che quei numeri non vengono raggiunti neanche per la finale dei Campionati mondiali di calcio dove gioca l’Italia. Un fenomeno che indubbiamente va studiato se è vero, com’è vero, che Celentano offre al grande pubblico l’interpretazione di straordinarie canzoni e poco altro.
3) In terzo luogo la sgangheratezza delle sue riflessioni e delle sue “prediche”. E non solo quelle vagamente religiose. Certo, Celentano ha osato andare controcorrente. Ha parlato di Dio, del Paradiso, di Gesù, della fede perduta e male spiegata in un clima culturale dove questi temi vengono sistematicamente nascosti se non negati. Lui ne ha parlato di fronte a milioni di persone durante una rassegna canora che, francamente, era poco incline a quelle riflessioni. E per fare questo ci vuole indubbiamente coraggio…
4) Ma, è bene non dimenticarlo, ha invocato, e poi corretto, seppur in extremis, la chiusura di due testate cattoliche perché colpevoli di non parlare a sufficienza di questi temi dedicando, secondo il verbo dell’ex molleggiato, troppo tempo alla “politica” e ai “temi materiali”. Ora, se è vero che è sempre sconsigliabile invocare la chiusura di giornali e ridurre il pluralismo in nome della democrazia, è altresì opportuno ricordare che Celentano, seppur nel rispetto di tutte le opinioni, non può essere il “verbo” a cui tutto è permesso. Anche in tema di fede, di religione e dei dogmi del cattolicesimo.
5) In ultimo gli ascolti. Certo, Celentano fa ascolti. E la RAI, come tutte le tv, vivono anche e soprattutto di ascolti. Anche il servizio pubblico radiotelevisivo. Non a caso, quando una trasmissione in RAI non fa ascolti si invoca da parte degli addetti ai lavori la chiusura immediata. Per non parlare delle tv commerciali. Ma la domanda di fondo a cui la RAI non può non dare una risposta, e questo al di là dello stesso Celentano, è molto semplice. E cioè, la “qualità” è una priorità rispetto agli ascolti o è una semplice variabile indipendente? Una riflessione non indifferente se pensiamo che una azienda come la RAI vive e si impone sul mercato se quantifica ascolti e se risponde, al contempo, al contratto di servizio, ai regolamenti parlamentari e alle direttive aziendali che richiedono quotidianamente il rispetto della cosiddetta “qualità” della sua programmazione.
La presenza di Adriano Celentano al Festival di Sanremo – le sue canzoni, le sue “sparate”, i suoi silenzi, le sue volute “provocazioni” – è anche una ghiotta occasione per verificare, seriamente e senza filtri ideologici e faziosi, il connubio sempre difficile e delicato tra ricerca spasmodica di ascolti e mantenimento e salvaguardia della “qualità”. E anche da questo Festival della canzone italiana e dalla irruzione sul palcoscenico di Celentano c’è da riflettere e da approfondire. |