Tra le varie panzane che circolano in queste settimane sulla riforma della legge elettorale ce n’è una particolarmente curiosa: il ritorno del proporzionale, seppur corretto, avrebbe effetti letali per la conservazione del bipolarismo. Infatti, superando l’idolo maggioritario la politica italiana si avviterebbe su se stessa e ritornerebbero – ci spiegano alcuni scienziati del PD, del PDL e gli indomabili professionisti dei nuovi orizzonti – i vecchi scenari e i soliti riti della prima Repubblica. Ora, per evitare di dire sciocchezze e declinare falsità, è appena il caso di ricordare che il culmine della frammentazione politica il nostro Paese l’ha conosciuto ai tempi del “mattarellum” dove per vincere in un collegio si era costretti a raccattare anche l’ultimo voto del partito e della sigla – si fa per dire – nati la settimana prima della presentazione della lista. Per non parlare di quello che capitava regolarmente dopo il voto quando la polverizzazione dei gruppi in Parlamento era la regola a cui si doveva tristemente assistere. Ma in quel contesto, ci spiegano i nostri scienziati, il bipolarismo era salvo e la democrazia italiana funzionava come un perfetto orologio. Una situazione talmente cristallina che, non caso, culminò attraverso il porcellum” con la formazione dell’Unione che ha rappresentato la fase più buia del centrosinistra nel nostro Paese. Per non parlare di quello che è capitato nel centrodestra.
Ma, per restare all’oggi, chi ha detto che con un sistema elettorale proporzionale scompare il bipolarismo? Chi ha detto che con una legge di questo stampo non si formano coalizioni di governo? Chi ha detto che il proporzionale è sinonimo di ritorno al passato rispetto allo squallore di coalizioni del presente che contengono al proprio interno tanto la maggioranza quanto l’opposizione?
Simili affermazioni rispondono al desiderio dei soliti noti di piegare la politica italiana alle proprie certezze ideologiche che, puntualmente, vengono smentite dalla concreta realtà dei fatti. Non a caso, dopo la sbornia maggioritaria e la costruzione di coalizioni più simili a cartelli elettorali che non a vere alleanze di governo, dobbiamo fare i conti con una “riscrittura” del sistema politico che ridia agli elettori la scelta degli eletti ma, soprattutto, che garantisca la formazione di coalizioni capaci di governare e non solo di vincere le elezioni per poi essere esposte al vento della sistematica ingovernabilità. E il proporzionale, su questo versante, può garantire il raggiungimento di questi obiettivi con opportuni correttivi che riducano la frammentazione e incentivano la formazione di coalizioni che si pongono l’obiettivo del governo e non solo quello della momentanea conquista del potere.
Certo, sono obiettivi che confliggono con la religione del nuovismo che individua nel maggioritario e nel bipolarismo astratto i dogmi attorno ai quali la politica si rigenera e si autorappresenta. Con il superamento del “porcellum”, invece, abbiamo la possibilità di ridefinire le coordinate di un sistema politico che non ripete le storture del passato ma si pone l’obiettivo di rigenerare la politica italiana ripristinando quelle condizioni che sono basilari per garantire un vero rinnovamento e, soprattutto, per consentire un reale governo del Paese. Del resto, ci sono molti Paesi europei che confermano come anche il sistema proporzionale, seppur variamente modulato, garantisce un corretto funzionamento del Parlamento con maggioranze che governano e opposizioni che controllano e si preparano a sovvertire il risultato elettorale alle successive consultazioni.
Ora, si tratta di verificare se c’è il coraggio politico di intraprendere una strada che mette in discussione i dogmi che sino ad oggi hanno retto e condizionato, per quasi un ventennio, la politica italiana. Un coraggio che passa attraverso il recupero della categoria del “governo” come elemento discriminante della politica e non solo della sommatoria elettorale astratta e inconcludente. Quella stagione, seppur con doverosi distinguo, l’abbiamo conosciuta sia con Prodi e sia con Berlusconi. Adesso si tratta di aprire finalmente una nuova pagina. Ma una nuova fase politica normalmente non si apre con strumenti elettorali vecchi, e che hanno già fallito. |