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Avanti con il modello spagnolo
 
di Giorgio Merlo
 

La legge elettorale va modificata, soprattutto dopo l’incontestabile bocciatura dei quesiti referendari da parte della Consulta. Bocciatura contestata solo da chi ha una strana concezione delle istituzioni e del ruolo che queste svolgono nell’architettura istituzionale del nostro Paese: bene quando sostengono le proprie opinioni politiche, invece criminalizzate quando le ostacolano.
Ma, al di là dei demagoghi, va ricordato che una riforma elettorale è seria e utile se, nell’attuale contesto politico italiano, riesce a centrare tre obiettivi concreti: garantire la governabilità del sistema politico, restituire le scelta degli eletti agli elettori, creare coalizioni di governo e non meri cartelli elettorali.
Tre obiettivi che per poter decollare richiedono l’azzeramento di tutti i luoghi comuni che in questi anni hanno prodotto – dati alla mano – instabilità, governi deboli e divisi, trasformismo e incapacità di assumere decisioni forti. Elementi che sono stati frutto di pure illusioni: dal bipolarismo imposto per legge al dogma del maggioritario, dalle coalizioni aventi al proprio interno maggioranza e opposizione – basti pensare all’Unione di Prodi –, alla proliferazione dei partiti riconducibile proprio a maldestri sistemi elettorali. Sotto questo profilo il cosiddetto “mattarellum”, al di là delle intenzioni dell’estensore, è stato la causa prima di questo progressivo impoverimento della politica e della scomparsa di ogni cultura di governo. Elementi che si sono ulteriormente aggravati con il “porcellum”, che non ha affatto risolto i problemi aperti ma li ha accentuati attraverso la designazione centralistica dei parlamentari.
Ora è indispensabile guardare avanti. Superando le remore ideologiche e le incursioni politologiche che, di volta in volta, condizionano le scelte concrete della politica, scambiando i desideri con ciò che capita realmente nella società. E la necessità di trovare un accordo politico tra partiti, che sono e restano alternativi per il futuro, è indispensabile. In un contesto politico singolare qual è quello italiano, è inutile immaginare di presentarsi ognuno con la propria ricetta elettorale in modo intransigente e quasi dogmatico. Se si vuole raggiungere un risultato concreto in vista delle prossime elezioni politiche, si impone un accordo “mediano”.
A oggi, la proposta che può trovare una forte convergenza politica e parlamentare è il cosiddetto “modello spagnolo” seppur corretto dalla specificità italiana. Un sistema che premia il radicamento territoriale dei candidati, salvaguarda la governabilità e il rispetto delle coalizioni, garantisce il ruolo dei partiti senza incentivare la frammentazione e attenua il rischio del trasformismo parlamentare dei futuri eletti. Certo, i partiti maggiori dovrebbero, almeno in parte, rinunciare ai propri dogmi, praticando da subito, se si vuol portare a termine il risultato, una efficace mediazione. Anche perché conviene diffidare di chi urla e schiamazza quotidianamente sulla necessità improrogabile di cancellare il “porcellum” e poi, per motivi vari, rivendica la necessità di andare subito al voto anticipato. Appunto, con il “porcellum”. Una prassi che contagia tutti coloro che hanno una concezione “proprietaria” e “padronale” dei partiti. Del resto, è appena sufficiente scorrere il funzionamento di molti partiti del centrodestra e del centrosinistra per rendersi conto che questa prassi – o questa degenerazione – è quasi la costante della politica italiana, salvo poche eccezioni come il PD che vive ancora di congressi democratici e periodici, di dibattiti e confronti interni, con una forte “pluralità” politica e culturale e di leadership diffuse.
Un sistema elettorale efficace e profondamente democratico e rappresentativo come quello ispirato al cosiddetto “modello spagnolo”, o quello in vigore per le Province, può incidere anche sulla vita interna ai partiti oltre che restituire autorevolezza e prestigio alle istituzioni. È bene pensarci prima che sia troppo tardi o prevalgano solo tentazioni gattopardesche.


giuseppe cicoria - 2012-01-19
Anche io sono critico verso la sentenza pilatesca della Consulta. Non ritengo, però di essere un demagogo perchè faccio ogni sforzo intellettuale per cercare di capire cosa è meglio per difendere la democrazia e i diritti dei cittadini. La sentenza ci dice che se un Parlamento viene malauguratamente rappresentato in maggioranza da persone poco per bene, i cittadini nulla possono fare se non subire in eterno scelte in lista di persone in maggioranza "poco per bene". Al primo posto, poi, viene messa la necessità di "assicurare la governabilità". Io sono d'accordo, ma si deve capire come e a quale costo. ll massimo della governabilità si ha ,infatti, con la dittatura dove c'è uno solo che comanda e noi non abbiamo ancora scampato il pericolo poichè "peron" è sempre lì in agguato! Non ho approfondito bene il sistema elettorale spagnolo ma mi sembra che ci siano molte sbavature che non assicurano bene la rappresentatività di tutti gli italiani. Ciò forse a causa della mia totale contrarietà ai localismi considerando l'Italia una ed una sola. In altre occasioni ho espresso solo una parziale deroga alla piena proporzionalità della rappresentatività accettando l'esistenza di un quorum. Confermo, quindi la preferenza al sistema tedesco, naturalmente con ripristino delle preferenze!
Giuseppe Ladetto - 2012-01-18
Sono d’accordo nel rifiutare i sistemi elettorali maggioritari, volti a garantire l’affermazione di un bipartitismo di tipo americano. Tuttavia l’indicazione a favore del sistema spagnolo, se pure tesa a rifiutare un bipolarismo muscolare, quale abbiamo vissuto dagli anni novanta a oggi, sembra mirare comunque ad un equilibrio bipolare incentrato sui due grandi partiti (di centro-sinistra e di centro-destra) che connotano il panorama politico europeo, partiti che vengono ritenuti naturalmente alternativi. Ma lo sono veramente? Oggi in Italia PDL e PD fanno parte della stessa maggioranza e ieri, in Germania, hanno governato insieme democristiani e socialdemocratici. Stiamo vivendo in un tempo di profondi cambiamenti planetari di fronte ai quali le differenze tra i tradizionali partiti o schieramenti di centro-sinistra e di centro-destra appaiono deboli od appannate. Nuovi schieramenti sono destinati a nascere avendo altre identità e altri criteri dirimenti rispetto a quelli tradizionali. Mi limito a citarne alcuni. Fra fautori della crescita e fra quanti ritengono inevitabile una decrescita. Fra i sostenitori di una società sempre più globale in grado di offrire nuove e maggiori opportunità principalmente, se non esclusivamente, agli investimenti del capitale e quanti ritengono di dover privilegiare la stabilità sociale e la fisionomia culturale dei vari paesi. Tra quanti mirano a sistemi di governo accentrati e decisionisti e quanti, in base al principio di sussidiarietà, intendono mantenere in una dimensione locale tutto ciò che in tale ambito può essere correttamente gestito, consentendo in tal modo di ridurre al minimo il peso e il costo dell’intermediazione burocratica, esaltati invece nei grandi sistemi. Fra quanti ritengono di dover riesaminare la logica dello sviluppo tecnologico introducendo problematiche di ordine sociale ed etico e quanti esaltano incondizionatamente la tecnologia rifiutando di porre alcun limite alla sua crescita. Un nuovo sistema elettorale deve essere in grado di favorire la nascita e la crescita di forze politiche aperte alle nuove problematiche. Mi sembra infatti difficile che gli attuali partiti sappiano trasformarsi per differenziarsi sulla base di tematiche che fino ad oggi hanno ignorato o posto in secondo piano.
Carlo Baviera - 2012-01-16
Più che il modello di voto per le Province, è preferibile quello per la Regione o i Comuni, dove è possibile esprimere la preferenza. Altrimenti si è obbligati a votare il candidato imposto dal partito prescelto: e non mi pare che, in quel modo, sia ridata la scelta ai cittadini, se non la libertà di cambiare il partito da votare. E poi si dovrebbe evitare sulla scheda il nome del candidato premier, ma indicare la coalizione preventivamente: in questo modo se, per un qualunque motivo, il Presidente del Consiglio si dimettesse o venisse sfiduciato, si può cambiare "cavallo" e proseguire con la stessa coalizione. So che il caso Prodi nel '98 richiede molta attenzione per evitare le imboscate della propria parte, ma essere vincolati ad una persona porta al cesarismo.
Paolo Parato - 2012-01-16
C'è una proposta di legge presentata dal PD, perchè non partire da quella?