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Monti, il centro e il PD
 
di Giorgio Merlo
 

Lo diciamo da tempo. L’esecutivo Monti, al di là della sua composizione e della sua concreta azione di governo, è destinato a modificare in profondità la geografia politica del nostro Paese. E questo non solo perché chi si oppone in modo intransigente a questo governo non può pretendere di costruire coalizioni il giorno dopo la fine di questa esperienza. Ma per una ragione molto più politica: quando si fanno prevalere le ragioni di parte per ottenere un pugno di voti in più rispetto agli interessi generali del Paese, si denota un’irriducibile mancanza di cultura di governo. Un profilo che colloca quasi automaticamente all’opposizione. Un atteggiamento congeniale alla galassia comunista come a Di Pietro e come ai novelli secessionisti della Lega Nord. Insomma, il Governo Monti, piaccia o no, può modificare in profondità l’orizzonte politico del Paese, anche perché la chiusura della fase politica berlusconiana inciderà sugli sviluppi futuri. Fuorché qualcuno continui a pensare che la contrapposizione violenta e la criminalizzazione dell’avversario continuino ad essere il viatico migliore anche per la prospettiva della politica italiana.
Questo periodo innovativo interpella anche e soprattutto il PD e la sua strategia. Archiviata, credo, la pratica dell’alternativa di sinistra e quella dei cartelli elettorali contro il nemico da abbattere – elementi che, purtroppo, trovano ancora vasta rispondenza in larghi settori della stessa dirigenza del PD – la vera sfida è come dar vita a una seria e coerente politica di centrosinistra senza scivolamenti demagogici, giustizialisti o massimalisti. Insomma, senza i Ferrero, i Diliberto e i Di Pietro di turno. Se il PD sarà capace di coniugare una vera rappresentanza sociale con una adeguata e convincente azione programmatica riformista e democratica, allora il centrosinistra di governo potrà realmente decollare. Se, invece, subirà la storica deriva di sinistra, allora si corre il serio rischio di mutare irreversibilmente il profilo del partito e di consegnare ad altri la rappresentanza politica del centro moderato e cattolico. Uno snodo decisivo che si qualifica esclusivamente per le politiche che si metteranno in campo e non sull’astratta politologia delle alleanze.
Fa bene ricordare che, anche dopo la lunga stagione berlusconiana, la rappresentanza politica del centro – una costante della società e della politica italiana – è ancora ben presente nell’agenda pubblica italiana. E un partito come il PD, che è nato all’insegna della mescolanza culturale, sociale e ideale, è credibile e fedele alle sue origini se non cede a nessun ritorno del passato. Ecco perché la fase del Governo Monti – che sarà caratterizzata da riforme strutturali che avranno comunque una grande e pesante incidenza sui cittadini italiani – non sarà indenne sulla politica italiana, sul profilo del PD e sulle alleanze che si metteranno in campo. Certo, se prevarranno i malpancisti alla Fassina il tracciato pare già segnato. E cioè un partito sbilanciato a sinistra che non rinuncia al suo armamentario del passato, collocato in una coalizione che non farebbe altro che riproporre pregiudiziali ideologiche nella macedonia dell’Unione. Se invece, dopo l’appoggio convinto e leale al Governo Monti, il PD saprà costruire una coalizione autenticamente riformista senza nostalgie del passato, potrà sostenere con convinzione che l’esaurirsi della stagione berlusconiana ha chiuso una lunga fase della politica italiana e ne ha aperto una radicalmente nuova. Dipende da tanti fattori. Ma dipende molto anche da ciò che dirà e che farà il principale partito italiano, cioè il Partito democratico.


Lino Busceti Cheri - 2012-01-17
E' difficile dare il proprio contributo, in una galassia politica dove tutti sembra abbiano la soluzione in tasca. E vero che il PD e forse assieme ai centristi di Casini siano i due partiti più convinti a sostenere il governo Monti. Ma e necessario, anzi urgente, pensare al dopo Monti. in particolare i dirigenti di questo partito devono consegnare al passato le idee personalistici, e impegnarsi per un futuro leali con se stessi, con la base, con il mondo imprenditoriale, con le categorie meno abbienti, con il mondo sindacale e con quello cattolico. Con quest'ultimo non creare un collateralismo ma una fase nuova di reciproco rispetto. Avere il coraggio di non essere subalterni a nessuna sinistra radicale, creando degli equivoci difficilmente comprensibili per la base. Insomma avere militanti e dirigenti con il senso del bene comune, della politica intesa come servizio alla società. Sarà difficile, ma se tutti ci proponiamo dai militanti ai dirigenti un passo indietro, potremmo essere orgogliosi del nostro passato costruendo un futuro migliore.
Mario Chiesa - 2012-01-05
Vengo a rincalzo dell’intervento di Dino Ambrosio. Se astratta è la «politologia delle alleanze», altrettanto astratta è la politologia delle collocazioni: centro, sinistra, ultrasinistra, … Il governo Monti deve affrontare dei problemi, il PD lo sostiene in Parlamento. Quali sono le proposte del PD su questi problemi? È proprio formulando proposte concrete che il partito troverà la sua identità e la sua collocazione.
Dino Ambrosio - 2012-01-03
Sono tuttavia convinto però che per aprire una fase radicalmente nuova bisognerebbe proprio smetterla di continuare a discutere sui motivi di disaccordo tra “sbilanciamenti" a destra o a sinistra, tra "pregiudiziali ideologiche" e "coalizioni autenticamente riformiste" (ma cosa vuol dire concretamente?). Smetterla di parlare di nostalgie del passato ma prendere dei provvedimenti che sostengano con forza le aziende sane in difficoltà, quelle che assumono; incominciare a incentivare le idee innovative dei giovani (ne conosco molti che hanno idee fantastiche, innovative, da far risparmiare e guadagnare dei soldi, ma a cui mancano i soldi per svilupparle), a riavviare la sperimentazione, ad investire sulle idee che possono dare una speranza di un lavoro a chi non ce l’ha, invece di continuare a perdere tempo tra destra e sinistra. E non mi si venga a dire che questo è un altro discorso. Se mi è consentito questo è l’unico discorso da fare in questo momento, quando manca il pane e la speranza a tanti giovani e meno giovani che rischiano di diventare, a ragione, indignati. Solo così potremmo dire di aver avviato “una fase della politica italiana radicalmente nuova” che vuol dire solo “fare gli interessi della gente” perché finora non se ne sono fatti molti.
Liliana Boggian - 2012-01-03
Credo che continuare con esempi di varie provenienze politiche certifica che il Partito Democratico non ha ancora una collocazione di volontà unitaria. I malpancisti possono esserci anche nel nostro partito in quanto le restrizioni sono tante, sopratutto pesano sulle persone che hanno più difficoltà economiche, di lavoro, ecc. Il momento è molto difficile, il partito, i sindacati, devono dare indicazioni e proposte per superare la crisi. Dimostrare di esserci! Con perseveranza e capacità. Il Partito Democratico siamo noi.
Leonello Mosole - 2012-01-02
Si, concordo. Questo sarà possibile se Berlusca lascerà la scena. Perciò vorrei che riflettessimo su un altro aspetto. Berlusconi, che è in "maggioranza" con noi (mi vien da vomitare), una settimana si e una no dice che lui non avrebbe mai messo le tasse, che non avrebbe fatto questo ne quello. Mi pare evidente che la sua tattica sia quella di prepararsi a elezioni a breve e, con qualche piroetta e qualche magia, incantare di nuovo tutti per portarci verso un avvenire radioso. Questo gioco non possiamo permetterglielo. Si prenda Angelino e lo si metta in un angolo: è il segretario del PDL o il lacchè del sultano di Arcore? Se è il segretario del PDL parli chiaramente a sostegno di Monti. Rischiamo di essere cucinati pian piano in un brodo mefitico dalla feccia del PDL. Credo che Letta (il nostro) abbia ragione quando dice (v. La Stampa di qualche giorno fa) che i partiti devono uscire dal tunnel e incontrarsi alla luce del sole. Mi pare che siano in troppi che fanno il gioco delle tre carte, qualcuno palesemente (v. Di Pietro) qualcuno velatamente.
giuseppe cicoria - 2012-01-02
Certo che hai ragione! La tua mi sembra, però, più una speranza che una possibile realtà. Gli iscritti al partito, al di là di tutti i ragionamenti, continuano ad avere, sostanzialmente, le stesse idee che avevano prima della fusione. I numeri hanno portato ad una gestione del partito in maniera settaria ed orientata quasi esclusivamente verso sinistra. Il rosso vermiglio si è soltanto sbiadito ma si rinvigorisce subito all'occorrenza! Tutti i bei discorsi di cambiamento mi sembrano naufragati e la permanenza nel partito è diventata solo una necessità elettorale. Con l'occasione tengo a riferire che da tempo nel mio vocabolario ho depennato le parole: demagogia, populismo, giustizialismo, moralismo, e tanti altri "ismi" che sono un bel paravento per non ascoltare qualche buona idea che possa pervenire da una parte, non avversa, ma concorrente dal punto di vista dei consensi elettorali.
giancarlo tarella - 2012-01-02
Analisi completamente condivisa