Efisio Bova - 2011-12-01 Non ho sottoscritto il manifesto, pur condividendone alcuni passaggi, perchè non l'ho ritenuto uno strumento adeguato ai tempi.
Sintetizzo il mio pensiero su tre aspetti, come contributo, spero stimolante, al dibattito
a) A proposito di PD:
Con l'uscita di scena di Berlusconi si è concluso un ciclo che ha
avuto come perno il "bipolarismo", un vero e proprio dogma che ha
sovrastato la politica per quasi un ventennio: curiosamente era
l'unico punto su cui destra e sinistra si trovavano perfettamente in
accordo. Doveva essere lo strumento per "civilizzare" la politica
italiana ed avere finalmente governi in grado di durare e di decidere,
un ricambio della classe politica, una maggior etica pubblica... e
invece sappiamo bene come sono andate le cose.
In sintesi: governabilità e qualità della classe politica non sono correlate al bilpolarismo.
In questo senso l'idea del PD è ormai vecchia e superata: è figlia di un
esperimento di laboratorio durato 17 anni che pero' è miseramente
fallito. Non ha funzionato nemmeno come baluardo del berlusconismo e
dalla sua nascita non ha fatto che perdere voti.
Espressioni come "sintesi delle culture" etc. etc. sono solo retorica
vuota e distante della realtà.
L'unico processo reale (e positivo) che sta avvenendo è il travaglio
interno alla sinistra che si sta evolvendo in direzioni diverse: semplificando molto possiamo dire che c'e' chi si muove nella direzione di Ichino e chi si muove nella direzione di Fassina.
Ma in quel processo noi cattolici non ci siamo,se non come spettatori o tifosi.
Nel manifesto c'e' una idea del progetto del PD ancora un po' ingenua e generica che
secondo me non coglie e nemmeno sfiora la complessità della questione.
Ma siamo concreti: diciamo che il PD puo' andare bene per ora come
spazio di azione politica nella speranza che arrivi qualcosa di
meglio. (che è poi quello che tutti pensano ma che ovviamente non
tutti possono dire).
b) A proposito di cattolici in politica:
con una classe dirigente frantumata dalle ambizioni personali in
questi 15 anni a Torino e provincia abbiamo dato uno spettacolo
indecoroso e patetico.
Ci sono tanti temi sui quali in questi anni avremmo dovuto battere i
pugni sul tavolo e fare delle battaglie: ad esempio cumulo degli
incarichi, democrazia nella vita interna di partito, trasparenza nelle
nomine, lotta all'intreccio fra affari e politica, lotta a privilegi e
sprechi nella pubblica amministrazione...etc. E invece il nulla
assoluto.
L' "ESSERCI" ha prevalso sull' "ESSERE".
Ma davvero qualcuno pensava di commuoverci fino alle lacrime
con l'ennesimo frullato di belle parole ed un elenco (generico) di intenzioni?
In politica, come nella vita, conta quello che si e' fatto... non quello che si dice che si fara'.
c) Ma allora che fare?
(La cospicua pars destruens rende necessaria una adeguata pars construens.)
Nei miei corsi sul cambiamento parto sempre da un principio:
"se si continua a fare quello che si è sempre fatto, si otterranno i
risultati che si sono sempre ottenuti".
Se, come ogni anno ci ritroviamo non a gestire la crescita ma a
cercare sempre di rilanciare, rianimare (a volte anche riesumare)... vuol dire
che dobbiamo fare qualcosa di diverso.
A chi ha responsabilità nel partito suggerisco di lasciare perdere i manifesti e
iniziare a raccontare che cosa è stato fatto di concreto e che cosa si intende
fare di concreto: cosi' uno capisce subito se vale la pena perderci del tempo.
Ci sono migliaia di cittadini che attendono solo questo dalla politica per mettersi in gioco con passione.
Ai militanti suggerisco di aiutare la politica (e i politici) ad uscire dalla
genericità iniziando a non accontentarsi del solito fumo (che si fa piu' denso in prossimità di elezioni) e a pretendere impegni precisi su temi precisi.
Le domande specifiche sono sempre un buon modo per esaltare quelli bravi e competenti
e mettere in crisi quelli "scarsi".
Non penso che siano necessari i "Renzi" per rinnovare la politica: basterebbe avere militanti piu' esigenti.
|