Il convegno di Todi è stato parte di un percorso iniziato da tempo, che si propone di avere i cattolici protagonisti delle difficili sfide di questo tempo: con la loro capacità di elaborazione culturale e di proposta sociale nel perseguire il bene comune, non preoccupati di costituire o meno un nuovo contenitore politico, l’ultimo dei problemi da affrontare.
Questo in sintesi ha spiegato Andrea Olivero, il presidente nazionale delle ACLI, ospite della nostra Associazione il 24 ottobre scorso nella sala conferenze del Sermig all’Arsenale della Pace di Torino.
Presentato dal consigliere regionale Stefano Lepri, Olivero ha iniziato ricordando il retroterra del convegno di Todi, soprattutto l’esperienza di “Rete in opera”, in stretto collegamento tra le Associazioni cattoliche e la CEI, e il Family Day, “ideato quattro anni fa per superare i tentennamenti del governo Prodi”, che sarebbe poi caduto dopo pochi mesi. E il recente percorso del “Forum dei cattolici nel mondo del lavoro” che ha organizzato l’appuntamento umbro. “Da Todi è partita una importante iniziativa laicale – ha detto Olivero – che interpreta una forte richiesta di discontinuità per poter fare le riforme necessarie al Paese”. Un laboratorio di idee, insomma, capace di elaborare sintesi alte capaci di trasformarsi in concrete proposte programmatiche sostenute da un rinnovato protagonismo dei cattolici in politica. In un nuovo partito? In uno esistente? O come corrente nei diversi partiti? “Non abbiamo la forza per fare un nuovo partito”, ha ammesso con semplicità Olivero, sgombrando il campo da ipotesi fantasiose di rinascita di una nuova DC e ribadendo come dato di fatto il pluralismo degli orientamenti politici del laicato cattolico. A tal proposito ha informato i convenuti dei risultati di un sondaggio commissionato dalle ACLI sugli orientamenti elettorali dei cattolici praticanti: tra chi vota permane una prevalenza verso il centrodestra (24% e 18% al centrosinistra), con il terzo polo (8,3%) appena al di sopra delle percentuali rilevate sulla generalità della popolazione. Il dato sconvolgente è che il 49% ha dichiarato di non voler andare a votare.
Il presidente delle ACLI ha poi ancora evocato il rischio di una operazione verticistica, da evitare con il più ampio coinvolgimento della base; ha dichiarato che il primo obiettivo è un grande piano per il lavoro giovanile, ed evocato la necessità di una grande iniziativa per l’Europa, “come era stata Camaldoli”, e di emanciparsi dalle logiche della grande finanza che hanno determinato la crisi.
I quattro interlocutori torinesi hanno focalizzato aspetti diversi della relazione di Olivero, traducendoli in domande per il relatore. Giuseppe Davicino ha sottolineato la necessità di un nuovo riformismo, delineandone i caratteri essenziali. Alessandro Risso ha attraversato “il fumo” delle interpretazioni politiche per valutare le prospettive del nuovo impegno del laicato cattolico, tra bipolarismo e legge elettorale da riformare. Michela Favaro ha invece voluto approfondire “l’arrosto” del lavoro di elaborazione programmatica varato a Todi, mentre Guido Alunno ha cercato di capire come il cambiamento in corso può essere in grado di coinvolgere effettivamente le realtà di base.
Nella replica Olivero ha approfondito alcuni aspetti della profonda crisi in atto, che fa emergere l’inadeguatezza della classe dirigente al governo. “Come rilegittimare la politica? La politica stessa avrebbe già dovuto dare segnali chiari e forti, che sono mancati”. Una strada di più lungo periodo è far diventare i partito organismi di diritto pubblico, recuperando una proposta di Luigi Sturzo. “Certamente le associazioni e il laicato cattolico devono fare autocritica per questo scadimento della classe politica, perché per troppi anni hanno tenuto distante la politica, considerata qualcosa con cui era meglio non sporcarsi le mani”, delegando a chi prometteva vantaggi ma non meritava fiducia. Oggi c’è la necessità di individuare nuovi punti di riferimento, anche impegnandosi per cambiare le regole: “Occorre la riforma elettorale con ritorno alle preferenze in un sistema proporzionale, per superare un bipolarismo incapace di rappresentare il bene comune del Paese e superare la situazione assurda di una partitocrazia all’eccesso pur senza partiti”. In questi anni “i cattolici preoccupati per lo scadimento dei valori si sono sentiti più rassicurati dal centrodestra, “ma ora sono convinto che siano alla ricerca di qualcosa di credibile. Partendo da proposte nuove, vicine ai bisogni delle persone e per questo capaci di unire: economia, sviluppo, giovani sono il terreno su cui misurarsi”.
Sapendo che viviamo in un periodo in cui preoccupa la debolezza della democrazia – “Non si interpellano i cittadini a sufficienza” – e in cui, inutile nasconderlo, sarà necessario affrontare il cambiamento della classe dirigente. |