Il documento “Per il Domani del Partito democratico”, sta facendo discutere per il modello di partito che propone con chiarezza, e arrivano quotidianamente adesioni di chi si riconosce nei suoi contenuti. Il manifesto, che si può condividere comunicandolo a perildomani@perildomani.it, è allegato in calce all’articolo. Pubblichiamo il contributo inviato da Paolo Ballesio, uno dei firmatari.
Il manifesto politico “Per il Domani del Partito democratico” rappresenta un’importante base di discussione e di riflessione sull’essere democratici di ispirazione cristiana, e sul contributo in termini di proposta politica e di metodo di confronto all’interno del PD piemontese e torinese.
Il carattere di “documento aperto” sottolineato da Alessandro Risso, consente di sviluppare ragionamenti più puntuali sul canovaccio predisposto, al fine di accogliere positivamente l’appello alla sottoscrizione del manifesto apponendo una firma “consapevole”.
Il carattere politico del documento esclude a priori la necessità di predisporre un arido elenco di cose da fare, focalizzando l’attenzione sulla tensione ideale che “animi e dia significato umano” – come diceva Aldo Moro – che ci indichi un nuovo modo di essere, che ci consenta di cambiare il ritmo delle nostre realizzazioni. In altre parole, un colpo d’ala che rilanci il progetto del PD.
Propongo alcune osservazioni.
Non ritengo siano “faticose” le ragioni dello stare insieme nel PD con chi proviene da una cultura diversa dalla nostra. Le ragioni, sono chiare e definite nel progetto che ci accomuna. Semmai, è faticoso “stare insieme”, quando prevalgono i richiami della foresta, le chiusure identitarie, i personalismi, le derive che si vorrebbero evitare ma che sono geneticamente presenti.
Lo spirito dell’Ulivo, evocato in modo positivo come capace di coinvolgere persone nuove di buona volontà, ha mostrato tutti i suoi limiti quando è stato incapace di declinare in proposta programmatica condivisa le culture di cui era intriso. La prova ontologica della casa dei riformisti semplicemente non esiste. La questione è molto delicata: non si è riformisti per definizione. Lo si è nei contenuti, nei comportamenti, nell’agire. La disillusione di molte persone di buona volontà che stanno a guardare sulla soglia del partito, che sono indecise, che disertano le urne, ha radici non soltanto nella latitanza di contenuti riformisti, ma anche nella mancanza di un metodo di convivenza all’interno del PD, nel prevalere della litigiosità sulla fatica del confronto, del fare sintesi delle proposte.
Le quattro derive (laicista, postcomunista, dorotea e tecnocratica) sono i retaggi negativi delle culture politiche fondanti il Partito democratico. In quale deriva rientrano i “rottamatori”, quelli del “ma anche” e via elencando? Dobbiamo ricordare a noi stessi che cosa non vogliamo essere? Non è politicamente più stimolante indirizzare i nostri sforzi nel pensare positivo, nel costruire un Partito democratico moderno? Avremo sempre a che fare con il nostro e l’altrui “lato oscuro”; l’impegno è quello di far sì che non prevalga sulle ragioni del nostro stare in politica. È il nostro essere credenti laici che lo impone.
È sicuramente qualificante individuare alcuni ambiti e linee di intervento in Torino e provincia. Anche in questo caso il carattere del documento, di manifesto politico, di stimolo e contributo al dinamismo del partito, suggerirebbe di creare delle specifiche occasioni di confronto e di discussione aperte ai tanti amministratori e militanti che si riconoscono nella comune matrice del popolarismo democratico di ispirazione cristiana. Un metodo “nuovo”… da riformisti. |