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Montezemolo e il bipolarismo
 
di Giorgio Merlo
 

Dopo il “miliardario” Berlusconi arriva il “miliardario” Montezemolo?
Messa così potrebbe essere una battuta da bar. Invece, questo potrebbe rivelarsi uno dei tanti scenari possibili in vista delle prossime elezioni politiche. Certo, il fascino e il carisma del Berlusconi edizione 1994 non è lontanamente paragonabile allo stile tecnocrate di Montezemolo e alla sua voglia di protagonismo un po’ sgangherato e approssimativo che sta manifestando in queste settimane. Ma tant’è. Sempre di “miliardario” si tratta. Ora, però, al di là delle ricchezze e dei puntuali conflitti d'interesse che potrebbero affacciarsi, si tratta di valutare sul terreno squisitamente politico l’ipotetico approdo politico del Presidente della Ferrari ed ex Presidente Fiat.
Almeno su due versanti. Quello della prospettiva politica e, soprattutto, sui contenuti del nuovo “partito”.
Sul terreno della prospettiva politica, la secca analisi di Bersani è abbastanza calzante. E cioè, siamo in un contesto bipolare. Ma non perché lo impone la regola elettorale. Ma per una semplice constatazione, quasi storica. Non a caso, tanto nella Prima quanto nella Seconda Repubblica il bipolarismo è stato vissuto dagli Italiani come un dato di fatto quasi strutturale nella concreta dialettica democratica. Certo, si tratta di due bipolarismi profondamente diversi tra di loro, figli anche della profonda diversità storica, politica e culturale della democrazia italiana. Ma il dato unificante è che ormai, soprattutto dopo la stagione di tangentopoli degli anni ‘90, il profilo bipolare della democrazia italiana è profondamente connaturato alle sensibilità e alle domande dei cittadini italiani. E questo a prescindere dal sistema elettorale che verrà varato dal Parlamento nei prossimi mesi.
Di fronte a questo scenario, qual è la scelta politica concreta di Montezemolo? Vuole essere sulle ceneri della Seconda Repubblica l’uomo nuovo della Terza? Ma siamo certi che la parte maggioritaria del paese pensa che Montezemolo sia la vera “novità” della politica italiana? Perché svolgere un ruolo terzista, o super partes o vagamente istituzionale, è un bel gioco che, però, dura poco almeno per chi pensa di scendere nell’arena politica concreta. Siamo certi che i cosiddetti “poteri forti” possono nuovamente schierarsi per un progetto di questo tipo – e le prime conferme, del resto già scontate, sono puntualmente arrivate – ma comunque il momento della scelta non può essere tranquillamente rimandato senza provare un po’ di difficoltà. Del resto, è noto a tutti che il centrosinistra e il centrodestra – malgrado gli indispensabili e necessari aggiustamenti – continueranno a esistere anche dopo le prossime elezioni politiche e difficilmente saranno drasticamente depotenziati perché si affaccia alla ribalta della scena politica un altro tecnocrate da svariati lustri protagonista nel mondo della grande industria e della finanza. È per questo semplice motivo che Montezemolo dovrà scegliere, e scegliere in fretta. A meno che pensi di giocare un ruolo terzista, super partes e vagamente istituzionale anche come progetto politico. E quindi, se così fosse, sarebbe da prendere in considerazione in quanto tale.
Il secondo aspetto riguarda invece i contenuti del nuovo progetto politico. I punti che ha richiamato nel recente documento di Italia Futura sono certamente interessanti e da non sottovalutare. Certo, con qualche singolare tesi come quella di vendere immediatamente la RAI e indebolire il servizio pubblico. Un tema, questo dell’informazione, che non tranquillizza sul fronte dei potenziali scenari di conflitti d'interesse che potrebbero nascere in futuro. Ma, al di là di questo capitolo, si tratta di punti programmatici di buon senso e di forte sensibilità all’antipolitica che soffia con impeto in questi mesi nella società italiana. Non è però passando dall’antipolitica che si recuperano le ragioni e la forza per un progetto di governo serio, affidabile, democratico e riformista. Sul profilo del nuovo partito, del suo progetto politico, della sua valenza programmatica, a tutt’oggi mancano ancora dei pezzi. Si tratta dell’ennesimo “partito personale” retto e gestito da chi, per forza propria o per grandi disponibilità finanziarie, può accollarsi l’intera la battaglia politica? Se così fosse, sarebbe la semplice continuazione del berlusconismo, in forma ridotta, con altri mezzi e altri uomini. Sarebbe questa la novità?
Ora, senza fare alcun processo alle intenzioni ma, semmai, guardando con attenzione e interesse al progetto messo in campo aperto da Montezemolo, anche il PD non può guardare con sospetto alle novità reali che si affacciano in una fase politica nuova che si dischiuderà dopo la lunga stagione berlusconiana. Senza preconcetti e senza pregiudizi. Ma anche senza appaltare ad altri, in nome di una strana e bislacca “novità”, le sorti di un Paese che richiedono idee solide, progetti definiti e partiti non di plastica o dominati da una sola persona. L’unica cosa che non ci dobbiamo augurare è che la lunga fase politica berlusconiana prosegua identica anche senza l’apporto il protagonismo di Berlusconi. Sarebbe la sconfitta non del centrosinistra o di un’alternativa riformista e democratica, ma la semplice sconfitta della democrazia italiana. E questo il nostro Paese non se lo può più permettere.


Giuseppe cicoria - 2011-09-06
Il personaggio Montezemolo non mi entusiasma per niente tenuto conto che in passato è nato e cresciuto ai vertici protetto da Giovanni Agnelli. Non so se era ricco di nascita; so soltanto che la famiglia gli ha consentito di diventarlo. Basta pensare al miliardario stipendio che si è ritagliato alla Ferrari qualche anno fa: se non erro 21 miliardi! Detto questo mi dispiace non essere d'accordo sulla ineluttabilità del sistema bipolare. Credo, contrariamente a quanto asserito, che i cittadini hanno capito che detto sistema, adottato in Italia, porta a gravi distorsioni e tendenze pericolose degli alterni vincitori a mire assolutistiche. Il fatto è aggravato dal cosiddetto "premio di maggioranza" che ha portato un certo signore che conosciamo a dichiarare di essere stato eletto dal "popolo" quando ben si sa che solo un 18/20% degli elettori aventi diritto lo hanno scelto! Quindi ben venga un sistema che preveda la presenza di altre formazioni intermedie, come avviene in Germania, che possano scongiurare i sopracitati pericoli.
Efisio Bova - 2011-08-28
In economia gli oligopoli sono pericolosi perchè riducono le possibilità di scelta dei consumatori e spingono le aziende ad adagiarsi su posizioni di rendita e a non far crescere qualitativamente l'offerta. Un buon esempio di ologopolio è quello dei tassisti che ad ogni ipotesi di liberalizzazione insorgono con veemenza per tutelare il proprio interesse a scapito di quello dei consumatori. In politica il bipolarismo ha gli stessi effetti di un oligopolio. Ogni volta che un soggetto nuovo si affaccia sulla scena politica e si pone in competizione con gli attuali "poli" scatta una reazione veemente contro l'incauto che osa sfidare lo status quo, indipendentemente dalla bontà o meno delle sue proposte. Eppure oggi c'e' un gran bisogno di liberalizzare non solo i mercati ma anche la politica introducendo una sana concorrenza che stimoli un aumento della qualità delle persone e delle idee. Inoltre nella situazione attuale considerare stabile questo bipolarismo è quanto meno azzardato. Il disfacimento del centro-destra in caduta libera in tutti i sondaggi, la debolezza del PD in forte imbarazzo per il caso Penati, il forte malumore dei cittadini verso la classe politica fanno pensare ad una salutare competizione a 3 o magari 4 soggetti. Il PD avrebbe il dovere di competere puntando sulla qualità delle persone e delle proposte. Sembra invece in affanno impegolato in proposte velleitarie (la tassazione sui capitali scudati non ha evidentemente senso ed è pura propaganda), timido sulla questione morale (mai presa veramente sul serio all'interno del partito) e goffamente impegnato nella piccata difesa della scricchiolante rendita di posizione garantita fino ad oggi dal bipolarismo. Per dirla tutta: la DC si dissolse subito dopo il crollo del comunismo. Dopo il crollo di Berlusconi a chi toccherà?
Valter Morizio - 2011-08-27
La possibile , ma non è detto probabile, discesa in politica di Montezemolo è da leggersi alla luce dello stato comatoso della politica italiana, a destra come a sinistra. Stato comatoso che oggi si evidenzia, secondo i sondaggi, con oltre il 50% degli elettori (di destra, di centro e di sinistra) astenuti, incerti o con voto nullo. Cioè ad oggi oltre la metà degli italiani non si riconosce nei progetti e contenuti delle forze politiche. Non solo, ma in entrambi gli schieramenti, sia di CD che di CS, vi sono insofferenze, malesseri evidenti, che ogni giorno si manifestano e che sono alla ricerca di nuove e diverse rappresentanze. L' iniziativa di Montezemolo, quindi, non nasce per creare l'ennesimo partito politico, ma nasce (se nasce) per dare una risposta sia a quel 50 % di elettori delusi e frustrati, sia per creare un diverso punto di aggregazione rispetto a chi non si riconosce nelle attuali forze politiche, ma intende dare un proprio contributo al Paese in un momento in cui ogni cittadino è chiamato a fare la sua parte, in modo particolare quella società civile che è stata estraniata dai partiti e che non è più disposta a delegare. Occorre prendere atto che quanto la proposta politica del CD berlusconiano è giunta al capolinea in quanto non più in grado di tener fede alle premesse che sono state alla base della discesa in campo del '94, tanto è stata deludente e fallimentare, più sul piano della costruzione che sul piano del progetto politico, la nascita del PD. Su entrambi i lati dell' offerta politica sia il CD che il CS (PD) hanno mancato nei confronti della cultura liberaldemocratica. Cultura che, se sul piano organizzativo non è in grado di esprimere una propria presenza, lo è invece sul piano della rappresentanza rispetto ai ceti medi produttivi, ovvero quelli che oggi rappresentano il punto di forza del nostro sistema economico. Chiedere oggi a questa forza e a questa cultura di aderire in via prioritaria a questo o quello schieramento bipolare è del tutto fuorviante e, mi si consenta, fuori del tempo in un contesto in cui le ideologie hanno sempre meno appeal. Oggi sia nel CD sia nel CS vi sono ampie sacche di conservatorismo e aree di privilegio anacronistiche, che devono essere superate per poter dare rilancio politico, economico e culturale al Paese, affinchè in un contesto internazionale non venga vieppiù marginalizzato. E' sul piano dei contenuti e delle proposte politiche che gli attuali attori del CD e/o del CS sapranno proporre e sulle reali convegenze concrete e reali che si determineranno nuovi assetti di Governo, sempre in un ottica bipolare, non più però sulla base di semplici presupposti ideologici quasi aprioristici. Perchè è evidente che questi, sopratutto nella Seconda Repubblica, hanno fallito i loro obiettivi. Su questa strada, credo che oggettivamente il PD e il CS in genere abbia più difficoltà, essendo dei due poli quello che ha una prevalente caratterizzazione di appartenenza, una delle cause prima della crisi di questo soggetto, che pur in un contesto politico che li dovrebbe veder favoriti rispetto alle politiche del governo di CD non riescono a sfondare. E' oltremodo comprensibile che l'eventuale discesa in campo di Italia Futura crei disagio, fastidio e avversione in entrambi gli schieramenti, forse direi però più sul lato CS, proprio perchè sanno che di fronte a questa alternativa hanno gravi difficoltà di competizione, di credibilità prima e di alleanza poi. Non solo ma entrambi i poli, per le ragioni già dette, sanno benisimo che questo progetto produrrà un loro indebilimento. Ma è tutto dovuto alla loro incapacità politica, di progetto e di prospettiva, all'assenza di un disegno coerente ed organico per il futuro del Paese. Incapacità politica che si substanzia , come rivelano le parole dell' on. Merlo, non con proposizione di progetti alternativi, ma con il ricorso al più classico metodo della delegittimazione: "stile tecnocrate, protagonismo sgangherato ed approssimativo, miliardario, conflitti di interesse (che cosa ha fatto il CS per eliminarli?), rappresentante dei poteri forti, partito personale (come se oggi anche i partiti sedicenti democratici non fossero gestiti da strette oligarchie autoreferenziali, basti vedere la legge elettorale, ecc. ecc. ) Certamente si tratta di incanalare il forte sentimento di antipolitica oggi presente nel Paese verso obiettivi di governo del Paese, cosa non più possibile , per mancanza di credibilità , da parte dei partiti esistenti, oppure dobbiamo regalarli a Beppe Grillo, e continuare a farli gestire ai soliti noti?