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I Comuni, la Lega, il PD
 
di Alexis de Tocqueville
 

In questo strano Paese tante scelte politiche continuano a sorprendere. È ovvio che il Governo Berlusconi continui a tenere al riparo dai sacrifici il popolo degli evasori: perché dovrebbe colpire lo zoccolo duro del proprio elettorato? Il masochismo politico non è contemplato, meno che mai in uno Stato in cui tutti fanno gli interessi delle corporazioni di riferimento e nessuno fa gli interessi dello Stato, inteso come bene comune.
È invece stupefacente che un Governo in cui la Lega è determinante stabilisca la soppressione dei piccoli Comuni. La grande maggioranza sono nelle vallate montane del Nord, i cuori pulsanti dell'epopea padana. Il partito che ha fatto buona parte delle sue fortune nella difesa identitaria delle comunità, che per antonomasia è chiamato "il Carroccio" – simbolo dei Comuni nella lotta per l'indipendenza contro il potere imperiale –, tradisce clamorosamente la sua impostazione culturale in nome di una presunta razionalizzazione pensata centralmente (e male) a tavolino. Non solo acconsente, ma pure lo sbandiera come un grande risultato, vedi Calderoli che si è assunto il merito del "taglio delle poltrone": sai che genialata tagliare 20.000 "volontari civici" come di fatto sono gli amministratori dei piccoli Comuni. Potesse resuscitare Alberto da Giussano, con il suo spadone farebbe strage in via Bellerio, con Bossi e Calderoli prime vittime.
Ma, dopo tutto, La Lega non è quel partito che ha tanto sbandierato il federalismo fiscale e, come primo provvedimento di governo, ha abolito l'ICI, l'unica tassa federalista già esistente e funzionante?
Con Berlusconi e Bossi allo sbando, l'opposizione dovrebbe fare faville. Il PD, forte di una presenza diffusa e di una radicata tradizione amministrativa potrebbe guidare con credibilità la riscossa dei Comuni, potrebbe difendenderne le prerogative fondamentali, sancite dalla Costituzione, potrebbe esaltarne il ruolo di primo presidio democratico (se non lo fa il Partito "democratico"...). Potrebbe... Cosa fa invece il PD? Affida ad alcuni tecnocrati – forse buoni conoscitori di Roma, Bologna o Milano e di qualche piccolo Comune "chic" come Capalbio o Cortina – l'elaborazione di proposte che, sintetizzate, sono ancora più trucide di quelle governative: i piccoli Comuni sono diseconomici, vanno aboliti quelli sotto i 1000 abitanti, gli altri accorpati in unità di almeno 5000 abitanti, ma sarebbero meglio 15.000. Queste proposte sono state annunciate da qualcuno dei tecnocrati in interviste televisive e pubblicate a più riprese sul quotidiano del partito "Europa", che fortunatamente – in questo caso – pochi leggono. Se, come pare, tali proposte sono le fughe in avanti di una minoranza, non so se "illuminata" o "neo-illuminista" ma un po' slegata dalla realtà, non sarebbe meglio che Bersani imponga uno stop a questa deriva? Dopo tutto la sua carriera politica è iniziata da Bettola, paese di 3000 anime sui colli piacentini: dovrebbe conoscere l'importanza dei piccoli Comuni.

ULTIMA ORA Il PD ha presentato le sue proposte di revisione della Manovra. Riguardo ai Comuni, si prospetta "l’obbligo della gestione associata di tutte le funzioni nei Comuni con meno di 5000 abitanti (e profonda revisione dell'articolo 16 del Decreto che limita la rappresentanza democratica e non produce reali risparmi di spesa)". Pur nella difficoltà di interpretare parole di sintesi, il riferimento alla "rappresentanza democratica" mi fa pensare che Bersani abbia arginato i tecnocrati. Speriamo.

Della rubrica FARDELLI D'ITALIA


Luchino Antonella - 2011-08-24
Buongiorno, non e' cosi' che e' iniziato il periodo del fascimo in Italia, con l'andata al potere di Mussolini? La nostra Carta Costituzionale ha ancora il suo valore oppure si sta cercando, piano piano, di modificarla a proprio uso e consumo? Confido in Bersani e in quei politici del centro sinistra che sanno ancora fare il mestiere del "vero politico" e guardano al bene comune e non solamente al proprio orticello.
Enrico Borghi - 2011-08-23
Caro Alexis, che dire se non sottoscrivere integralmente? Posso essere testimone oculare di questa pretesa illuminista e tecnocratica romanocentrica di volere mettere le braghe al mondo ad ogni legge finanziaria. Ricordo ancora le paradossali riunioni in Via della Stamperia, quando l'allora ministro delle autonomie locali e montagna Linda Lanzillotta si affannava col righello, il compasso e il mouse a voler stabilire l'altimetria dei "comuni montani per legge" a seconda degli editoriali che giungevano dal salotto buono. Quel milieu culturale che produceva quegli errori oggi è ancora lì, e produce gli orrori istituzionali. E' una cultura che, al fondo, spera di riuscire -essendo entrata da tempo nel "Palazzo" pasoliniano che in gioventù voleva abbattere- a fare quella "rivoluzione mancata" agognata tra il maggio francese del '68 e gli indiani metropolitani del '77. Il mix culturale tra il leghismo che ha individuato nei piccoli comuni il tessuto connettivo da far incancrenire per spaccare l'Italia dal basso e il "riformismo illuminato" di chi negli anni '70 sognava la rivoluzione e oggi desidera sbarazzarsi di quello Stato arcaico figlio del 25 aprile è un cocktail micidiale. Noi, piccoli fanti sul Piave della Repubblica dell'articolo 5 della Costituzione (articolo definito da De Gasperi "il cuore della Carta") siamo l'ultimo avamposto al dilagare di questo illuminismo da operetta che sta provando a inscenare il suo Terrore per aprire la strada all'Imperatore. Su questo Piave si gioca un pezzo importante del futuro dell'Italia, e della sua qualità democratica che si vuol far regredire a oligarchia, sia politica che economica. Aspettando gli stati maggiori, intanto combattiamo...