"Nano di Venezia, non rompere i coglioni". Proprio così ha detto Umberto Bossi nel comizio ferragostano tenuto a ponte di Legno parlando del suo collega di governo, il ministro Brunetta. Pur con tutta l'antipatia possibile nei confronti del fustigatore dei precari – come se fossero loro a volere l'incertezza lavorativa a vita! - non si possono che condannare "senza se e senza ma" offese personali che non hanno neppure attinenza con scelte fatte o parole dette, ma solo riferite a caratteristiche fisiche. Non è il "non rompere..." a fare notizia: una volgarità in più, aggiunta a pernacchie e diti medi alzati in molteplici occasioni, viene assorbita in quello che il popolo leghista considera il "linguaggio diretto e antipolitico" del proprio leader e che commentatori di destra bollano al limite come "marginali eccessi folcloristici". Inaccettabile è il "nano", riferito alla bassissima statura (quella misurabile in centimetri, non quella politica...) di Renato Brunetta. E se questi gli rispondesse chiamandolo, causa l'ictus patito, "il rincoglionito di Cassano Magnago"? Sai la levata di scudi di tutti i cortigiani leghisti, rimasti in assoluto silenzio di fronte all'ennesimo eccesso verbale del capo...
La verità è che Bossi sta perdendo sempre più colpi. È il triste declino di chi per oltre vent'anni si è dimostrato un autentico protagonista ma ora fatica a tenere la scena e a farsi capire dal pubblico. La prova provata sta nella nuova affermazione del giorno seguente, rilanciata dalle agenzie stampa: "Per governare, quando si ha bisogno, ci si regge con quello che si può trovare: meglio Scilipoti che quella scienziata, la Montalcini". Meglio Scilipoti della Montalcini? Un insulto. Non alla nostra insigne Premio Nobel, bensì all'intelligenza degli Italiani. E ad insultare la platea si fa notizia, come in questo caso, ma non si fanno nuovi proseliti. Rimangono cortigiani e fanatici ad applaudire, sempre più stancamente.
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