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Il bosco e la tigre
 
di Franco Maletti
 

Non passa giorno ormai senza che gli italiani maledicano l’imbarazzante situazione parlamentare venutasi a determinare con il famigerato sistema elettorale di Calderoli.
La cosiddetta “porcata”, gradita a suo tempo anche da Veltroni – peccato che sia oggi il povero Bersani a pagare le conseguenze di quella scelta scellerata – ha fatto sì che ogni leader di partito eleggesse i suoi sodali, selezionandoli in base alle proprie personali convenienze.
Così ciascun parlamentare sa di essere lì non per meriti personali, ma perché è stato scelto per servire fedelmente il capo. E sa, inoltre, che il proprio destino elettorale è indissolubilmente legato a quello di chi lo ha prescelto: se il leader salta, con lui esplode tutta la sua galassia di riferimento, e nessuno può sperare di salvarsi.
C’era da immaginarsi che in un Parlamento di nominati le persone perbene sicuramente non fossero la maggioranza. Perché le persone perbene non hanno bisogno di essere nominate: in un sistema elettorale normale sarebbero semplicemente elette.
Ecco perché oggi tutto è fermo e immobile, insensibile a quello che accade fuori del “palazzo”: perché ognuno è impegnato a far durare i propri personali privilegi, costi quel che costi, fino al 2013.
Un aforisma dell’antica India, nella sua acuta semplicità, ci aiuta a riflettere sulla situazione italiana: “Se la tigre lascia il bosco, viene uccisa. Se la tigre è uccisa, il bosco viene tagliato. Quindi il bosco serve alla tigre e la tigre serve al bosco”.
Nella situazione attuale, se il leader è la tigre, e i parlamentari da lui nominati sono il bosco, ciò significa che tutto quello che avviene al di fuori del bosco non interessa, perché l’unico interesse del bosco è quello di proteggere la tigre.
Ecco perché in Italia avviene quello che non è consentito in nessun’altra democrazia del mondo: e cioè che un intero “bosco” giuri che Ruby è la nipote di Mubarak solo per proteggere la tigre e interdica anche col voto di fiducia qualunque regola democratica che le possa arrecare danno.
Non credo che ci saranno elezioni anticipate, e ancor meno credo in un governo tecnico: entrambe le soluzioni si basano sul presupposto dell’uccisione della tigre, e che avrebbe come diretta conseguenza il taglio del bosco.
Prima di tutto questo, sarebbe necessaria da parte dei parlamentari una “traversata del deserto” come quella tentata da Fini. Ma, oggi come oggi, chi ha il coraggio di fare una cosa del genere, sapendo, oltretutto, che con l’attuale sistema elettorale ciò pregiudicherebbe per sempre qualsiasi ipotesi di rielezione?
Intanto, come monito nei confronti di chi pensasse di “tradire”, la “tigre” Berlusconi ha trovato nei “Responsabili” delle solerti guardie forestali (evidentemente ben remunerate) a protezione della flora e della fauna.
Nei boschi tutt’intorno, (anche quelli dell’opposizione), ogni tanto si sente il ruggito di qualche tigre. Ma poi torna inevitabilmente il silenzio: quello che serve a ciascuno per proteggere meglio la propria tigre e, indirettamente, anche se stessi.
Peccato soltanto che, fuori dai boschi, ci siano sessanta milioni di italiani in attesa, e con una voglia crescente di dare fuoco a tutto.
Ma questo, per il momento, insieme alla “non tigre” Bersani, dimostra di averlo capito soltanto il Presidente della Repubblica.


Stefano Margaria - 2011-08-09
Visto che siamo in Italia e non in India, come possiamo fare, tutti insieme, milioni di italiani di buona volontà, liberi e forti, per allontanare la "tigre", ripulire il "bosco" e renderlo ospitale per donne e uomini di buona volontà, competenti, abituati a lavorare insieme per il bene comune, senza altra aspirazione ed aspettativa se non quella di essere a servizio nella consapevolezza che questo costa, ma nello stesso tempo ripaga immensamente? Quindi? Parlamentari popolari cosa ci proponete? Cosa ci chiedete?
Astrea - 2011-08-08
Spero che i parlamentari che hanno come riferimento l'area dei Popolari e che probabilmente sono in ferie, come tornano abbiano voglia di intervenire sull'argomento per confermare o smentire quanto illustrato da questo articolo. Infatti, poichè essi a loro tempo sono stati "nominati", il silenzio potrebbe essere interpretato come paura di non essere ri-nominati alle prossime elezioni. Siamo davvero arrivati a questo punto? Per quanto riguarda invece coloro i quali fanno politica a livello locale rivolgerei questa domanda: quante situazioni da "il bosco e la tigre" esistono a livello locale nelle varie amministrazioni comunali, provinciali e regionali? La possibilità di nominarsi i propri assessori (che magari non hanno nemmeno partecipato alla campagna elettorale) non rischia di avere creato situazioni analoghe anche in comuni grandi e medio-grandi? Cosa possono fare i singoli elettori per contrastare questo fenomeno: non andare a votare?
Dino Ambrosio - 2011-08-06
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