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Ancora sulle Province
 
di Alessandro Risso
 

L’articolo contrario all’abolizione delle Province qui pubblicato la scorsa settimana ha provocato un vivo dibattito. Per approfondire l’argomento, l’Associazione “I Popolari” organizza un seminario aperto a tutti presso la sede di via Stampatori 6 a Torino che si terrà venerdì 22 luglio alle ore 18.
Chi volesse partecipare è pregato di anticiparlo servendosi del semplice strumento “SCRIVI ALLA REDAZIONE” sul nostro sito internet. Come base di discussione si partirà dall’articolo già pubblicato, con i relativi commenti, e dal nuovo contributo sul tema del direttore di Rinascita popolare, che potete leggere qui di seguito.



I commenti di un buon numero di lettori al precedente articolo mi inducono a ritornare sul tema dell’abolizione delle Province. Sono inoltre rinfrancato dall’aver constatato che tra i Popolari piemontesi non si è persa l’abitudine di entrare nel merito dei problemi per analizzarli con obiettività ed equilibrio, anche quando portano a conclusioni controcorrente e politicamente “scomode”. Superficialità e facile demagogia le lasciamo ad altri. Siamo fatti così.
Scopo di questo articolo è fornire altri dati su cosa fanno e quanto costano le Province, per consentire una più solida e corretta conoscenza che possa ancor meglio spiegare e sostenere le tesi contenute nel precedente articolo.

Cosa fanno le Province
Le Province sono Enti operativi: gestiscono 125.000 km di strade (l’84% della rete nazionale), coordinano e controllano il trasporto su gomma extraurbano; mantengono 5000 scuole superiori, con 120.000 classi per oltre 2 milioni e mezzo di studenti; collegate alle scuole, gestiscono circa 2700 palestre, indispensabili per le attività sportive del territorio; gestiscono inoltre 600 Centri per l’impiego, i vecchi Uffici di collocamento, venendo in contatto ogni anno con 3 milioni di persone in cerca di lavoro; coordinano e controllano gli interventi di formazione professionale; hanno le responsabilità in materia di ambiente (difesa del suolo e prevenzione calamità, risorse idriche ed energetiche, smaltimento rifiuti, protezione flora, fauna, parchi e riserve naturali); promuovono politiche di sviluppo locale (agricoltura, turismo, artigianato, industria) e sovraintendono alla pianificazione territoriale costruendo e adottando il PTC, piano territoriale di coordinamento, cui devono adeguarsi i piani regolatori comunali.
Non tutte le Province hanno le stesse competenze, poiché alcune Regioni trattengono ancora ambiti amministrativi di area vasta che dovrebbero, Costituzione alla mano, passare alle Province. Il nuovo Codice delle Autonomie – di cui però si sono perse le tracce negli ultimi mesi – sarà un passo fondamentale nella demarcazione delle competenze. Il Piemonte è una Regione all’avanguardia nel trasferimento delle funzioni gestionali alle Province, ma anche da noi il processo non è ancora completo.

Quanto costano le Province
Basandoci sui dati del bilancio dello Stato, possiamo capire l’incidenza delle Province sulla spesa complessiva del settore pubblico.
Le spese di Stato ed Enti locali nel 2010 sono ammontate a 815 miliardi di euro. Di questi 485 per spese dello Stato (di cui 309 a carico degli Enti di previdenza), 174 delle Regioni (di cui i 2/3 per la sanità), 12 miliardi le Province, 62 miliardi i Comuni, più 80 miliardi di interessi sul debito pubblico. Sul totale della spesa pubblica (815 miliardi), le Province incidono quindi per l’1,5% (12 miliardi). Il trend di variazione sull’ultimo triennio è di aumento di spesa (+ 9% circa) per Stato e Regioni, mentre le Province hanno ridotto le spese complessive del 10%.
Gli ambiti di spesa più significativi sono questi: 1,5 miliardi per trasporti e rete viaria; 2,3 miliardi per le scuole; 1,2 miliardi per lavoro e sviluppo locale; 827 milioni per l’ambiente, 750 per spese generali (patrimonio, utenze, informatica, auto, cancelleria ecc.). Il costo del personale (61.000 dipendenti) è di 2,3 miliardi. La spesa complessiva per l’indennità degli amministratori (poco più di 4000 persone) è di 113 milioni. La spesa per i politici incide quindi meno dell’1% sul totale.

Altri dati utili
Ho già fornito qualche dato sulla presenza dell’Ente intermedio in altri Stati. Li completo con un quadro sull’intera Unione Europea. Tutti i Paesi UE hanno il livello comunale; 23 su 25 – Cipro e Lussemburgo esclusi – hanno un equivalente della Provincia per il governo di area vasta; 17 su 25 hanno il livello regionale. Tutti i 17 Stati suddivisi in Regioni hanno anche le Province.
Tornando all’Italia, la Provincia non è l’unico Ente intermedio. Esistono anche poco più di 7000 Consorzi e Società con compiti riconducibili a Comuni e Province. In certi casi si tratta di esperienze positive (pensiamo ai Consorzi socio assistenziali), in altri l’utilità è dubbia. Di sicuro vi sono 24.000 persone distribuite nei Consigli di amministrazione, che determinano un costo complessivo certamente superiore a quello degli amministratori provinciali. Che, ricordiamolo, sono eletti dai cittadini e non nominati.
È anche interessante sapere che – dati riferiti al 2009 – lo Stato ha speso circa 3 miliardi per incarichi di consulenza nella Pubblica Amministrazione assegnati a 318.000 persone.

Considerazioni
In caso di abolizione delle Province, l’unico risparmio da considerare sono i 113 milioni anni dei compensi agli amministratori. Chi ha detto e scritto che abolendo le Province si risparmierebbero di colpo 12 miliardi – cioè l’intero ammontare delle spese sostenute – o è stupido o è troppo furbo. Perché tutte le altre spese, a partire dal personale, continuerebbero a persistere a carico di altri Enti per l’espletamento delle diverse funzioni.
Le scuole e le strade vanno mantenute, indipendentemente che esistano o no le Province. E non è detto che nuovi gestori, al momento tutti da individuare, possano garantire una conduzione più efficiente o più economica rispetto a quella provinciale. Come esempio di gestione ad un livello superiore, prendiamo un esempio a noi vicino: molte strade statali sono passate alcuni anni orsono dalla gestione ANAS a quella della Provincia di Torino. Basta chiedere agli amministratori locali e ai cittadini se era meglio prima oppure se quelle strade sono più curate oggi. Nessuno vorrebbe tornare indietro. Anche perché un qualunque assessore provinciale alla viabilità sarà sempre più motivato a risolvere un problema segnalato da un sindaco di quanto lo possa essere un funzionario ANAS che risiede nel capoluogo o nella capitale. Se invece pensiamo di affidare le competenze al livello comunale, certamente vicino alle esigenze del territorio, ci rendiamo conto che sarebbe illogico assegnare ad ogni Comune la manutenzione del proprio pezzo di statale.
Insomma, la Provincia è un Ente necessario per governare l’area vasta, e non a caso esiste in tutta Europa. Indicarla come l’Ente da abolire per risanare le finanze pubbliche è uno sport di moda, che pare tuttavia solo un mezzo per gettare qualcosa in pasto all’opinione pubblica senza affrontare con serietà e in modo sistematico il tema del contenimento della spesa pubblica e della lotta agli sprechi.


giuseppe cicoria - 2011-07-21
Ho già espresso il mio pensiero che confermo. Sarò lieto di partecipare al dibattito su questo argomento giacchè nella precedente riunione ci fu precluso! Ci fu invece detto che i dissenzienti all'esistenza delle Province erano da considerarsi alla stregua di idraulici che pretendevano di fare "interventi chirurgici"!
Riccardo Valz Gris - 2011-07-18
La razionalizzazione delle istituzioni è un compito oramai ineludibile, al quale una forza politica che abbia ambizione di governo non può sottrarsi. Occorre a mio avviso legare i provvedimenti alle questioni finanziarie, accettando anche qualche scivolata demagogica, anche solo per prendere l'abbrivio e fare qualcosa. La strada giusta è forse quella di lasciare i Comuni come sono per lasciare il senso della partecipazione civile su base essenzialmente volontaria, però svuotandoli di contenuti amministrativi da accorpare in Unioni di Comuni con una dimensione minima di 5000-10000 abitanti. Un'unica ragioneria, un unico ufficio tecnico, un unico segretario comunale. Tanti consigli comunali che devono ricondursi ad un unico bilancio dell'Unione. Vi è poi la questione delle Province: è un dato di fatto che il loro numero sia aumentato a dismisura e che i bilanci di enti così frazionati con consentano neppure l'esercizio di una volontà politica di indirizzo. Lo dico con rammarico, essendo stato eletto al Consigliere Provinciale di Biella al momento della sua costituzione, ma occorre essere realisti e agire senza perdere di vista gli obiettivi concreti. Tre province, più un'area metropolitana, per il Piemonte sono più che sufficienti: Alessandria con Asti, Biella, Novara, Vercelli e Verbania insieme, Cuneo da sola e Torino come area metropolitana. Credo che prima o poi ci si debba arrivare per forza. Infine occorre valutare se le nuove Province debbano essere trasformate in enti di secondo livello, i cui amministratori sono amministratori delegati direttamente dai Comuni. Di questa impostazione nutro qualche diffidenza, soprattutto per la perdita di controllo che si avrebbe in fase elettorale sulle politiche provinciali in ogni parte del territorio: insomma, non ci sarebbe più nessuno a risponderne direttamente ai cittadini e questo è un aspetto che non può essere trascurato.