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Abolire le Province? No
 
di Alessandro Risso
 

Le Province sono nuovamente nell’occhio del ciclone. La Camera ha respinto (225 i voti contrari, 83 quelli a favore, 240 gli astenuti) la proposta di legge presentata dall’IDV per abolirle. Il PD si è astenuto, provocando una dura polemica tra i partiti che dovrebbero rappresentare l’alternativa al centrodestra. È stato respinto innanzitutto il mantenimento del primo articolo del testo, quello che cancellava le parole «dalle Province» dal Titolo V della Costituzione, poi è stata bocciata l'intera proposta di legge, che Bersani ha definito una “tirata demagogica”. La scelta del PD – assai contrastata, a leggere gli articoli sui retroscena – non ha tenuto conto dell’indignazione verso la “casta” e le spese inutili della politica; è andata controcorrente, attirandosi una marea di critiche anche tra militanti e simpatizzanti (basta leggere i commenti sul sito nazionale del PD). Ma ha dimostrato senso di responsabilità ed equilibrio.
Per chi ha voglia di ragionare, da modesto conoscitore del dibattito sugli Enti locali, farò il punto della questione. Cercando soprattutto la chiarezza e la sintesi, e sacrificando la completezza delle dimostrazioni e i riferimenti normativi.

La nostra è una bella Costituzione, un continuo punto di riferimento. Anche su questo tema. Al Titolo V, art. 114, prevede che la Repubblica sia costituita “dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato”. Mettiamo da parte le Città metropolitane, pensate con qualche limite e non ancora istituite, che possiamo considerare delle Province con più poteri. Allo Stato e alle Regioni spettano funzioni legislative, a Comuni e Province funzioni amministrative. Nel sistema di autonomie locali, alla Regione va il compito di fare leggi che regolamentano, programmano e finanziano l’attività amministrativa del proprio territorio. A Comuni e Province spetta invece l’onere di governare e gestire il territorio. Il Comune, l’Ente locale fondamentale perché più vicino al cittadino, governa il territorio di prossimità; la Provincia governa invece tutte le tematiche di area vasta. Vi sono cioè tutta una serie di problemi (gestione dei rifiuti, dell’ambiente, delle acque, dei trasporti, della rete viaria intercomunale, delle infrastrutture, delle reti informatiche, del mercato del lavoro, delle scuole superiori e professionali, dello sviluppo locale, ecc.) che possono venire gestiti solo in un ambito territoriale ampio e omogeneo. Non se ne possono occupare i Comuni, troppo piccoli, non se ne devono occupare le Regioni, che hanno un altro compito e che rischiano di essere ipertrofiche e “ministeriali” sommando al proprio ruolo anche funzioni gestionali.
Ci sarà un motivo se in tutto il mondo civilizzato esiste un ente di governo intermedio tra la comunità locale, sia essa un paesino o una città, e la grande Regione. In Francia c’è il Département, in Spagna la Diputacion, nel Regno Unito e negli Stati Uniti la Contea (County), in Germania il Kreise, in Polonia il Distretto (Powiaty), e ho elencato solo i casi che conosco. Un Ente che governi i temi di area vasta è indispensabile. In Italia abbiamo le Province, istituite nel lontano 1859. Conviene mantenerle.
Ciò non significa che il sistema delle autonomie non debba avere dei radicali correttivi, tesi a diminuirne i costi e aumentarne l’efficienza. Ma in linea con la Costituzione e con le linee coerenti tracciate nel tempo delle successive leggi in materia di Enti locali. Senza approfondirli, potremmo definire alcuni punti:
1. Le Regioni devono “dimagrire” girando coerentemente alle Province molte sacche residue di gestione amministrativa, evitando anche inutili sovrapposizioni di competenze.
2. Le Province hanno senso e ruolo, abbiamo visto, come Enti di area vasta. Appunto, vasta. Le Province piccole non hanno senso. Bisogna invertire la rotta: non solo impedire la costituzione di nuove Province per esaudire le mire elettorali e campanilistiche di qualche forza politica, ma prevedere parametri di territorio, popolazione e numero di Comuni che portino all’accorpamento di Province tra loro. Anche se è più facile guardar lontano – all’Ogliastra, o al BAT (Barletta, Andria, Trani), o a Fermo, o a Vibo Valentia –, cominciamo invece a pensare che nel nostro Piemonte sarebbero ottimali 4 Province: Torino, Cuneo, Alessandria/Asti, Novara/Vercelli/Biella/VCO. Sono state quattro per alcuni decenni del Regno d’Italia, sino agli Anni Venti: un'altra epoca, altre esigenze certo, ma anche collegamenti materiali e immateriali ben diversi rispetto a oggi.
3. Con Province grandi, avrebbero senso i Circondari soppressi per decreto nel marzo 2010 dall’impulsivo Calderoli. Il capoluogo di Circondario diventerebbe sede di erogazione decentrata dei servizi della Provincia, nell’interesse dei cittadini e con costi assai limitati. L’esperienza in tal senso della Provincia di Torino potrebbe far scuola.
4. Se l’Ente di governo intermedio è indispensabile, non pare invece necessaria la presenza di tanti Enti intermedi monofunzionali, come le ATO per acque o rifiuti o altri Consorzi variamente finalizzati. La loro abolizione, prevista dalla legge 42 del 2010, non potrà che rafforzare il ruolo delle Province.
5. Meglio mantenere la presenza dei Consigli elettivi nelle Province, e non passare a sistemi di rappresentanza di secondo grado, con una giunta eletta dai sindaci del territorio o simili. Il controllo democratico dei cittadini, che si ripete ad ogni elezione quinquennale, è necessario per un Ente territoriale con importanti compiti di governo. Guardando ai Paesi esteri prima citati, in tutti gli equivalenti delle Province i Consigli sono elettivi. L’auspicato risparmio dei costi della politica avverrebbe con lo snellimento della struttura regionale, con la diminuzione delle Province, con la soppressione degli Enti intermedi monofunzionali.

Andrebbe infine affrontato il tema dei Comuni, su cui continua ad accanirsi la scure dei tagli, e della improrogabile necessità, in particolare per i piccoli, di ragionare insieme per garantire i servizi, essenziali e no, ai propri concittadini. Le Unioni di Comuni meritano però un articolo a parte. È già stato lungo fare il punto sulle tanto bistrattate Province.


Beppe Mila - 2011-07-14
Sono d'accordo, come quasi sempre, con l'analisi lucida di Risso e da perfetto provinciale che abita in un paese agricolo della provincia, lancio una provocazione. Perchè non si aboliscono invece le Regioni, che sono sempre più un carrozzone politico staccato dalla gente? In campagna tutti i contatti relativi a strade, agricoltura, ambiente, caccia, eventi atmosferici e culturali hanno come riferimento la Provincia, mai nessuno che dica " sentiamo la Regione". Ed allora perchè non abolirle? Si realizzerebbe così senza spesa alcuna il vero decentramento ed il vero tanto decantato federalismo dando maggior potere (e sicureza di esistere) alle Province.
FRANCO MALETTI - 2011-07-08
Io credo che le decisioni prese soltanto per fare dispetto a qualcuno, oppure quelle prese per seguire la "moda" del momento, siano quelle che portano sempre ai disastri peggiori. L'attuale legge elettorale, in proposito, mi sembra possa esserne l'emblematico esempio. Per non aggiungere delle altalenanti forzature che vengono fatte su tante altre questioni che, a mio parere, andrebbero affrontate non sulle onde emotive (che poi, inevitabilmente, finiscono col denunciare i loro limiti e in alcuni casi pentimenti tardivi), ma in modo pacato e approfondito, senza pregiudizi ideologici o di partito, ed aventi come unico obiettivo quello della EFFICIENZA. In caso contrario, è un modo di operare che ricorda tristemente e molto da vicino i chirurgici "tagli lineari" del professor Tremonti. Tagli che, per evidenti limiti di conoscenze specifiche, non tengono minimamente conto delle realtà singole e "concrete". Un po' come nel gioco del calcio, dove tutti nelle chiacchiere da bar si ritengono "esperti": anche quando il loro campo di valutazione è limitato e circoscritto ai vari "sentito dire". Tutto questo furore "riformista", se applicato in questo modo, significa creare soltanto delle "barriere": tanto momentanee quanto instabili, e i cui costi li pagano tutti. Aggiungo che su argomenti come questo, come su tanti altri, cercare ad ogni costo la "notorietà" personale, significa spesso operare NON nell'interesse di tutti, ma "contro" gli interessi di qualcuno. Meglio allora soprassedere e, come suggerisce Campia, trovarsi e ragionarci su seriamente. E (perché no) magari con qualche vero esperto.
giuseppe cicoria - 2011-07-08
Constato, con amarezza, che mentre su quasi tutti i blog orientati al centrosinistra prevale lo sdegno verso la votazione negativa del PD all'abrogazione delle Province, nell'associazione dei Popolari prevale, invece, un orientamento diverso! Prima di considerarmi un abusivo di questa associazione gradirei che coloro che intervengono dicano quale funzione politica svolgono o hanno svolto in passato e se lo hanno fatto gratuitamente o a pagamento!
Franco Campia - 2011-07-07
Ancora una volta mi associo, quasi in toto, al pensiero di Risso. Il dibatito in corso a livello politico/giornalistico è semplicemente desolante, per superficialità ed approssimazione. In particolare nessuno si pone seriamente il perché del mancato decollo delle Città Metropolitane, neppure Chiamparino che solleva la questione come non avesse avuto dieci anni per lavorarci. Voglio essere propositivo: a quando un workshop organizzato dai Popolari sulla materia nel suo complesso? Credo che la comunità politica ne avrebbe un gran bisogno (e l'articolo di Risso, un pizzico arricchito, potrebbe essere la base di discussione).
Ruggero Bacchetta - Grignasco (No) - 2011-07-07
Gli interventi mi sembrano focalizzati sulle funzioni e sulle caratteristiche (qualità, difetti) delle strutture esistenti più che sull'analisi e le prospettive della politica amministrativa sovracomunale. Non mi pare opportuno parlare ora di Province, Ato, Consorzi, Aziende, Comprensori, ecc., ma comunciare, con veduta lunga, a porsi il problema della gestione democratica del territorio. Stato, Regioni, Comuni: serve qualche struttura intermedia tra Regione e Comune? Tutti pensiamo di si. Per tante materie sono già operative, ciascuna separata dall'altra, con pochi controlli politici dalla base. Il cittadino sa che queste strutture servono ed esistono, e che "qualcuno" nomina i manager che le guidano (chi ha mandato via un ottimo direttore generale dall'ASL di Biella?). Sarebbe bene invece che potesse intervenire il voto degli elettori per dare qualche controllata. Innanzi tuto va affermato che una struttura politica intermedia tra Comune e Regione è indispensabile. Nome, competenze, funzioni dovranno essere poi definite in un'ottica "costituzionale".
giuseppe cicoria - 2011-07-07
Belle parole! I fatti: nelle famiglie quando soldi mancano, si razionalizza la spesa e si cerca di andare avanti con decoro, tagliando i beni e servizi che non sono necessari! La polverizzazione della gestione della cosa pubblica, apparentemente sembra essere ideata per servire meglio i cittadini. Di fatto ha creato un coacervo di leggi prevalentemente strumentali per legittimare l'esistenza stessa di molti Enti intermedi, quali le Province, che hanno letteralmente ingessato il sistema sociale ed economico del Paese. Mangiare è necessario; mangiare troppo ti può far morire! Il sistema di rappresentanza democratico è necessario. La polverizzazione eccessiva ed a PAGAMENTO distrugge il sistema! L'organizzazione della cosa pubblica va, quindi, snellita con il doppio vantaggio di risparmiare ed essere gestiti meglio limitando anche i deleteri veti incrociati e le estenuanti "concertazioni". La democrazia diffusa va comunque salvaguardata con enti e/o associazioni ma con partecipazione a TITOLO TOTALMENTE GRATUITO e senza vincoli di partito. Le cose migliori vengono suggerite proprio da chi non è servo di nessuno! Il PD con la votazione contro ha svelato finalmente il proprio volto di difesa estrema del partito della spesa e della casta politica che sta strozzando il Paese. Pensano soltanto a finanziare queste spese con tentativi di espropri illegittimi dei cittadini che, con sacrifici di una vita, hanno messo qualche soldo o bene da parte per difendersi in vecchiaia dall'inefficienza dei servizi sanitari pubblici. Sto pensando seriamente di strappare la tessera del partito a cui sono ancora iscritto.
Pietro Policante - Biella - 2011-07-07
Sono quasi del tutto d'accordo, nella sostanza, con quello che scrive e sostiene Risso. Credo sia grave che il PD si sia astenuto su una questione così rilevante per l'ordinamento democratico del Paese (salvo verifica, puntuale, della iniziativa IDV). Se oltretutto tale posizione fosse solo tattica, ritengo che con questi mezzucci non si vada lontano. Sottolineo e condivido (e andrebbe urlato ai quattro venti) il punto 4. della riflessione di Risso. E' proprio lì che bisogna intervenire, sulla miriade di enti che ne hanno gemmati altri (uno due tre) dividendo le competenze originarie, come le società immobiliari create per gestire gli immobili della società d'origine. NON SONO D'ACCORDO INVECE, sull'accorpamento delle Province. Si tratta del solito concetto torinocentrico che emerge. Se l'ente intermedio ha nella programmazione dello sviluppo territoriale la motivazione principale della propria esistenza, pare evidente l'indipensabilità, per aree importanti ed omogenee della periferia, di essere presenti ai tavoli istituzionali e politici con l'autorevolezza che è data da un organismo costituzionale. Nello specifico, che futuro avrebbero le Province del quadrante nord-orientale del Piemonte da un accorpamento come quello suggerito, se non di cadere dalla padella del torinocentrismo a quello - che si profila evidente - del novaracentrismo? Questo sul piano istituzionale. Su quello strettamente amministrativo, ci sono molti modi per fare sinergia e quindi realizzare efficacia ed efficienza. Infine, non facciamo i qualunquisti. Non eiste una questione di costi "inutili" per le Province. Quelli attuali sarebbero ribaltati su altre realtà, con molto meno controllo pubblico e con il rischio di maggiori sprechi.
Marco Verga - 2011-07-06
Condivido le tesi presentate nell'articolo. L'abolizione delle Province è una proposta demagogica. Penso sia invece utile ridurne il numero (fissare almeno 300 mila abitanti), istituire le città metropolitane nelle grandi città e cancellare gli altri enti intermedi ad eccezione delle Comunità Montane. Sarebbe utile che il PD formulasse al più presto una proposta complessiva sul tema.
Rosanna Cordero - 2011-07-06
Perfettamente d'accordo. Ritengo che la polemica contro le Province nasca (oltre che dal recente proliferare di micro-Province inutili e dannose) dal fatto che i promotori di questa campagna denigratoria vivono e conoscono soltanto la grande città, che non ha molto bisogno della Provincia, perché si sente in grado di procurarsi da sola ciò che ne riceve e semmai se ne vede sottrarre risorse a vantaggio dei territori periferici e marginali. Ma proprio questa funzione di riequilibrio territoriale, insieme a quelle di governo su area vasta richiamate da Alessandro Risso, è importante e irrinunciabile per lo sviluppo complessivo del Paese.
Ruggero Bacchetta - Grignasco (No) - 2011-07-06
Ho apprezzato molto questo contributo di informazione e di approfondimento, che supera i limiti della polemica superficiale a cui la "piazza" ed i vari "grilli" sono affezionati. Mi ha chiarito meglio il problema. Credo che sia necessaria nei cittadini e negli amministratori pubblici una più approfondita conoscenza del tema della organizzazione amministrativa e politica del territorio, secondo prospettive ad ampio raggio e tempi lunghi. Chi deve informare e formare? Io credo tocchi ai partiti, purché non si riducano al ruolo di centri di potere, ma siano al servizio della società civile e soprattutto rimangano aperti al mondo della cultura e della scienza.
Carlo Baviera - 2011-07-06
Condivido soprattutto il punto 3. Con Province più ampie (ma anche a prescindere da questo) serve un organismo come lo sono stati i Comprensori (ovviamente con compiti diversi), che permetta di tenere insieme i Comuni di un territorio circondariale e farli ragionare in modo programmatorio, migliorando il compito e il ruolo delle attuali Unioni di Comuni. Ci sono settori come il Servizio Assistenziale, o il lavoro per l'identità e lo sviluppo dei territori (cultura, turismo, agricoltura, ecc.) che ne hanno l'esigenza. Ovviamente il tutto va pensato evitando il lievitare di costi, anzi cercando di diminuirli.
erio ambrosino - 2011-07-06
Gli Enti Gestori dei Servizi Socio Assistenziali presto spariranno per la famosa norma della Legge 42 del 2010. Quelli sì, nella loro maggioranza, funzionavano e bene! Le Province sono enti assolutamente inutili che servono solo ad aumentare le poltrone di esponenti di destra e di sinistra. Il PD ha veramente perso ancora 1 volta l'ennesima occasione!!! Con la loro abolizione si poteva far rifiatare i Comuni ormai alla deriva (mi riferisco a quelli virtuosi) per qualche anno. Comuni che sono la vera interfaccia dei cittadini e degli elettori. Anche se non ho tessera del PD, simpatizzo, ma sono molto dispiaciuto. Ora il prossimo passaggio sono le 2 raccolte di firme contrapposte sulla modifica della legge elettorale. Mi chiedo perchè 2 e perchè nello stesso momento. Sino ad oggi tutto andava bene così a tutti (anche al PD)?