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Popolari a Torino: una vittoria di Pirro?
 
di Daniele Valle
 

La straordinaria affermazione del centrosinistra e del PD a Torino passa anche attraverso il successo ottenuto nelle dieci Circoscrizioni amministrative torinesi. Al di là delle più rosee aspettative, il centrosinistra si è aggiudicato tutte le circoscrizioni superando il muro del 40%, conquistando così il diritto al premio di maggioranza. La sorpresa riguarda in particolare le Circoscrizioni 1 e 8, che erano state prudentemente assegnate a candidati presidenti (già uscenti) rispettivamente dei Moderati e di IDV.
Il Partito democratico incassa sei presidenze (3, 4, 5, 6, 7, 9). Di queste, due sono riconferme, due sono donne, tre sono under 40, una è under 30, due ex margherita, quattro ex ds.
Nei consigli, la semplificazione della compagine di maggioranza rispetto al 2006 (fuori Rifondazione e PdCI, spariti i radicali-socialisti), premia il PD, che oscilla tra gli 8 e i 11 consiglieri (sui quindici che compongono la maggioranza, incluso il presidente).
Il livello delle preferenze espresse si mantiene in linea con la tornata amministrativa precedente, oscillando tra il 20 e il 30%.
I risultati di quel variegato mondo riferibile alla tradizione ex-popolare sono buoni: una presidenza, come nella tornata amministrativa precedente, e un numero di consiglieri eletti che si attesta oltre il 30% degli eletti complessivi del PD.
Dopo questa infornata di dati, tento qualche considerazione.
Non si riesce ad indicare un numero preciso di consiglieri eletti che si riconoscono nel nostro filone culturale per diversi motivi. In primis le arcinote divisioni in gruppi, sottogruppi, correnti di congresso, correnti di primarie, correnti “di-chi-hai-votato-alle-regionali”, correnti elettriche, ecc.
In secundis, la tendenza di tutti questi gruppuscoli a collaborare, più o meno stabilmente, con persone che non si riconoscono nella tradizione cattolico democratica, ma che condividono, col singolo di turno, idee, visioni e progetti sul PD e sulla Città. Che sia chiaro: 1) vedo quest’ultimo come un fenomeno positivo; 2) non mi riferisco alle alleanze/collaborazioni politiche/elettorali che hanno interessato alcuni popolari in questa tornata (e che ovviamente sono escluse dal computo di quel 30%).
Credo che questo ci ponga il problema di mantenere viva la proficua collaborazione con quelle persone che stentano, per diversi motivi, a riconoscersi in pieno nel novero degli ex popolari ma che condividono con noi molto, sia in termini di progettualità che di agire concreto (di nuovo: penso a persone, singoli, non a gruppi organizzati coi quali, in un certo qual senso, la collaborazione è facilitata e segue le regole solite della collaborazione fra correnti “amiche”). La questione non riguarda solo i non credenti.
In seconda battuta, la straordinaria forza elettorale dimostrata si infrange ancora una volta con l’incapacità di capitalizzare questa forza per ottenere peso politico. Quello che è avvenuto con le presidenze di Circoscrizione (ma prima del voto, e quindi più scusabile) si ripropone ora per la Giunta comunale. E avviene non solo a Torino. Stragrande maggioranza di eletti ex margherita (60-70%), minoranza sulle presidenze e sulla Giunta comunale. Dei quattro principali comuni capoluogo al voto, tre vanno a sindaci di matrice ex comunista (Torino, Bologna, Milano) e uno a De Magistris.
La stessa dinamica ha interessato il gruppo regionale PD l’anno scorso: a Torino, su 6 consiglieri eletti, solo 2 ex ds. Il riequilibrio avviene sulle province dove, con il collegio piccolo e il seggio “secco”, passa il candidato deciso dal partito: finisce comunque 6 a 6. Eppure capogruppo e vice-presidenza del Consiglio finiscono entrambe a ex DS.
Ci stiamo ritagliando, peraltro compiacendocene, il ruolo di piccoli ras delle preferenze, tagliati fuori sia dal partito sia dalle scelte che contano davvero. Continueremo così a perdere progressivamente il ruolo di interlocutori privilegiati di quelle realtà cattoliche che guardano al centrosinistra come riferimento politico: si pensi alla ripartizione delle deleghe in Giunta comunale!
Ecco perché il successo dei nostri candidati (nato tra l’altro dal caos, come giustamente osservava Passaggio) mi pare una vittoria di Pirro. Occorre che per i prossimi appuntamenti si ricostruisca un modo efficace di stare insieme (e magari di essere, evangelicamente, uno) o continueremo in un angolo a bearci delle preferenze raccolte, mentre la linea politica viene decisa altrove, da qualcuno del quale diremo “comunque, in fondo, è anche nostro amico”.


Gianni Zaninetti - 2011-06-07
Se da una parte è giusto far valere il nostro peso all'interno del partito e della coalizione, mi guarderei bene dal forzare il dibattito all'interno del partito. Ricordiamo che dall'altra parte c'è un destra guidata dal Caimano, pronta ad approfittare di qualunque dissapore al nostro interno. E dico questo da militante che ha iniziato la sua partecipazione alla politica nella Democrazia Cristiana, poi nel Partito Popolare e nella Margherita. Ma ho sopratutto fiducia in quei giovani che credono ai valori di solidarietà, alla prevalenza della persona sull'economia; senza essere mai stati né democristiani né comunisti.
Alessandro P. - 2011-06-07
Il riferimento all'evangelicamente è piuttosto stridente, per non dire urticante: meglio evitare linguaggi religiosi con questo tipo di politica, anche quando a farla sono persone che individualmente possono esprimere determinate convinzioni.