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Il successo nasce dal caos?
 
di Stefano Passaggio
 

Queste considerazioni partono da un fatto particolare per riflettere su una situazione generale.
Il fatto particolare è il buon successo, alle elezioni amministrative di Torino città (Comune e Circoscrizioni), dei candidati di “origine popolare” che si sono presentati nelle liste del PD. Per brevità non ci occupiamo né del resto della Regione né di coloro che – sempre a Torino città –, pur essendo di provenienza “popolare”, hanno abbandonato il PD, in cui erano confluiti, per approdare in altri lidi, persone che hanno ottenuto mediocri risultati. Per inciso, a suo tempo, inascoltati, ne chiedemmo le dimissioni, appunto quando lasciarono il PD, in quanto, avendo ottenuto “posti” sostanzialmente “solo” perché aderenti a quel partito, coerenza avrebbe voluto le loro spontanee dimissioni in contemporanea al loro abbandono.
La situazione generale è che questo buon risultato elettorale, a Torino città, parrebbe nascere dal caos, a sostegno delle tesi evoluzionistiche, più o meno darwiniane, che affermano che, dal nulla iniziale o dall’indistinto, grazie ad un non ben precisato “big bang”, alla fine della storia, la specie si evolve e si afferma, privilegiando comunque i migliori.
Al di là delle metafore su cosa vogliamo riflettere? Sul fatto che, al di là delle qualità dei candidati (eletti) di origine popolare, al di là della loro storia personale e delle loro capacità; oltre il loro buon lavoro e grazie alla presenza sul territorio, propria e di quanti li hanno (faticosamente) sostenuti... il loro successo non ci pare frutto di una regia politica, ma di un fatto “casuale”.
L’ utilizzo dell’aggettivo “casuale” è assolutamente provocatorio e serve per affrontare, nei dettagli, la situazione generale che si accennava all’inizio. Fermo restando che non tutti i “popolari” hanno aderito al PD; i “popolari” che – invece – vi hanno aderito rappresentano una realtà unitaria nel partito? Certamente no, almeno a Torino città, per quanto a conoscenza di chi scrive. Quindi, in un regime di “anarchia” e di “si affermi chi può”, correndo ognuno per i suoi, siamo arrivati a Vittorio Veneto anziché a Caporetto. Meglio così! Ma possiamo continuare in questo modo?
Altra questione: è utile che i “popolari” aderenti al PD rappresentino una realtà unitaria all’interno del partito? La risposta al quesito è complessa. Intanto bisognerebbe riflettere su cosa vorrebbe dire essere “popolari” all’interno del PD. Poi bisognerebbe affrontare la questione dell’utilità o meno che il grande progetto riformista del Paese, il PD appunto (con l’ambizione di far colloquiare le due grandi culture social/cattolico democratiche), si può permettere il mantenimento dei recinti di origine o richiederebbe, invece, un’osmosi d’intenti, al di là delle provenienze iniziali.
Queste considerazioni pongono interrogativi e non suggeriscono risposte, in quanto il loro scopo non è di proporre soluzioni, ma sarebbe quello di aprire un dibattito.


Roberto Giardino - 2011-05-31
Il contributo di Passaggio è senza dubbio interessante e a prima vista potrebbe anche rappresentare un pugno allo stomaco per coloro che credono che il successo alle amministrative di maggio 2011 sia l'inizio della riscossa del centrosinistra o, il che è lo stesso in un sistema bipolare, la fine della parabola di centrodestra. E' sacrosanto festeggiare, ma lo champagne versato nei calici dei comitati elettorali non deve offuscare la vista di chi, più o meno coscientemente e con coscienza, guida il partito. Mi soffermo sulla realtà torinese per segnalare quanto finora non è emerso in fase di analisi. Il netto successo di Fassino ha oscurato una situazione tutt'altro che felice nei comuni della provincia. Porto l'esempio della zona in cui vivo, il basso Canavese e le Valli di Lanzo, una delle aree di frontiera nella lotta con l'ala più "popolista" del centrodestra (leggasi Lega Nord). Nei due comuni principali, Cirié e Lanzo, sono suonati dei campanelli d'allarme che sarebbe errato sottistimare. A Ciriè la coalizione di destra è stata guidata da un candidato sindaco che fino a pochi mesi fa sedeva sui banchi di Palazzo Cisterna tra le fila dei consiglieri PD; è stata la destra a fallire perdendo nettamente contro Brizio, oppure è stato il progetto PD a fallire, perdendo pezzi anziché fungere da catalizzatore delle simpatie dell'elettorato? A Lanzo, cittadina di 5.000 abitanti dove il PD è stato il partito di maggioranza relativa alle ultime elezioni europee, regionali e provinciali, i Popolari sono stati tagliati fuori da una competizione che ha visto due esponenti di destra giocarsi la fascia tricolore . Il tutto senza il minimo interessamento da parte della segreteria provinciale. Non ho altri dati così particolareggiati per il resto del Piemonte, ma la situazione a nord di Torino pare non essere troppo diversa da quella di altre aree della nostra provincia. Sono piccoli segnali, che, a mio giudizio, non devono essere sottovalutati: forse qualcuno si è già dimenticato, o non ha prestato particolare attenzione, della sconfitta alle Regionali 2010: non è a Torino che la Bresso ha perso, ma nelle zone periferiche, Val di Susa in primis. Mi chiedo: ha senso che la segreteria provinciale si dimentichi costantemente dei comuni della provincia e continui ad interessarsi quasi esclusivamente del territorio torinese? Festeggiamo la vittoria oggi, ma davvero pensiamo che nel 2013, o (spero) prima, si vinca alle elezioni nazionali facendosi erodere continuamente elettori, consensi e/o gruppi e ceti sociali? Certo, con la legge elettorale attuale conta più una comparsata in televisione che cento comizi in altrettante piazze, però... pur festeggiando per i risultati delle recenti amministrative, ad oggi non riesco a vedere una strada in discesa verso la riconquista di Palazzo Chigi.