La crematistica è l’arte di accumulare ricchezza mediante l’attività commerciale. Già 2500 anni fa era definita da Aristotele “immorale” quando il profitto era esagerato rispetto alla fatica fatta per produrlo. E il suo disprezzo, che anticipava di molti secoli quello di Karl Marx, si può anche dire che retrodata di parecchio le origini del comunismo.
Alcuni decenni fa, in Italia, un oscuro funzionario di Borsa, ricevette poco prima della chiusura un cablogramma contenete la notizia che, nottetempo, una improvvisa gelata notturna aveva distrutto tutte le piantagioni di caffè dell’America del Sud: bastò comprare immediatamente tutto il caffè contenuto sulle navi in navigazione verso l’Europa per costruire in poche ore un impero industriale. Questione di fortuna e di senso degli affari. Ma è un caso isolato. Perché le fortune improvvise e travolgenti, nella crematistica sono quasi sempre legate a sistemi fraudolenti basati sulla truffa e sull’inganno, sulla corruzione e sull’utilizzo di mezzi illeciti.
Si può quindi concludere, a proposito della crematistica, che meno sono i vincoli morali di chi vi opera, maggiori sono le opportunità di guadagno.
Fino a quando Berlusconi non è “sceso in campo” per occuparsi di politica, la politica e la crematistica sono state due cose molto distinte: perché il politico eletto assumeva un impegno morale nei confronti dei suoi elettori che gli impediva di “fare affari” approfittando della sua condizione. Senza questo spirito condiviso, prevalente e diffuso, si può dire che sicuramente non ci sarebbero mai state le condizioni perché esplodesse Tangentopoli. Per cui sarebbe opportuno riflettere bene su questo. Anche perché, da quando Berlusconi ha fatto il famoso “contratto con gli italiani”, la politica è diventata un prodotto commerciale e di consumo, dove gli “affari” sono di gran lunga prevalenti rispetto all’etica, alla morale, al rispetto degli impegni assunti per ottenere il consenso. Tutto questo perché, “venduto il prodotto” (leggi: schieramento politico) l’acquirente (leggi: elettore) quel prodotto se lo tiene per tutta la durata del contratto (leggi: legislatura). Piaccia o no.
Quando in politica la morale soccombe e la crematistica prevale, diventa conseguenza naturale che il parlamentare nominato ed eletto più per una presunta fedeltà al capo che per la sua moralità personale, abbia interesse a “far fruttare” il più possibile la sua condizione: non disdegnando quindi l’erba del vicino se questa è economicamente più verde e rigogliosa. Magari “responsabilizzandosi” con argomenti fantasiosi anche più del necessario pur di fare proseguire la sua “stagione politica”, evitandone la chiusura anticipata.
Tutto questo spiega perché, pur di fronte a una situazione di gran lunga peggiore rispetto a quella che diede origine a Tangentopoli, oggi non solo i responsabili di tutto questo se la ridono e fanno spallucce, ma fra di loro si sostengono e consolano: facendosi forti del fatto che ormai in politica qualunque richiamo a valori e ideologie è facile farlo passare per prodotto vecchio e ammuffito. Infatti, se la loro cultura consentisse l’uso di questo termine direbbero: “È la crematistica, ragazzi!”
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