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Si salva solo Napolitano
 
di Guido Bodrato
 

Anche Michele Salvati, uno tra i più autorevoli sostenitori del PD come espressione, nella realtà politica italiana, della “terza via blairiana”, riconosce ormai che “il bilancio della Seconda Repubblica è negativo, comunque lo si guardi”: è fallito l’obiettivo del bipolarismo e della governabilità, ed è fallita la promessa del risanamento e poi dello sviluppo dell’economia.
Di questo duplice fallimento è consapevole un’opinione pubblica disorientata. Il Paese è sempre più diviso e sta crollando l’autorevolezza delle istituzioni pubbliche. Si salva solo Napolitano. La dittatura della maggioranza impone al Parlamento un progetto di riforma della giustizia che è stata pensata per impedire ogni processo del premier. A questo fine il Senato allungherà i tempi del processo, mentre la Camera abbrevierà i tempi delle prescrizioni.
Anche la riforma federalista è messa alla prova. Come si può affrontare il problema provocato da migliaia di migranti che invadono Lampedusa e che sembrano l’avanguardia di una migrazione biblica, se le regioni governate dalla destra, al sud come al nord, guidano la rivolta contro il programma del governo nazionale? Non basta imprecare contro un’Europa sorda agli appelli dell’Italia, quando per anni si è favorito il suo riflusso nazionalistico con una concezione “leghista” della politica europea, cioè con l’idea che nel vecchio continente ognuno deve restare padrone a casa propria. Chi semina vento, raccoglie tempesta.

D’altra parte, se allarghiamo la riflessione all’economia, dobbiamo riconoscere che l’Italia fatica ad imboccare la via della ripresa. Mentre è segnata da una crescente pressione fiscale, da una sempre più significativa evasione fiscale e da una tendenza a crescere del debito pubblico. Negli ultimi giorni Tremonti, che è stato molto attento a non coinvolgersi nella polemica sulla giustizia, ha riconosciuto che “per come è messo il mondo” anche l’Italia dovrà ripensare le scelte fatte all’insegna del liberismo e di un mercato senza regole. Per difendere le imprese italiane dall’aggressività delle multinazionali ”dovremmo rimettere in piedi ciò che le privatizzazioni hanno distrutto”. Tremonti ha precisato che quando parla della “ grande Iri” e della “vecchia Mediobanca” non si tratta di nostalgia del passato. E tuttavia riconosce che per reggere alla competizione di colossi come la Cina e l’India, nel tempo della globalizzazione sono necessari strumenti che l’Italia non ha. È necessaria una presenza dello Stato. Se a questa uscita del ministro dell’economia si aggiunge la sorpresa provocata dalle dimissioni di Cesare Geronzi dalla presidenza delle Generali (tutti i commentatori parlano di una svolta storica) possiamo sostenere con qualche concreto argomento che si sta aprendo la stagione della successione alla leadership di Berlusconi.

Torniamo così al tema delle elezioni, necessarie – anche secondo Luca di Montezemolo, che ne sollecita l’anticipazione – per cambiare una classe politica che si è dimostrata incapace di governare. In realtà la maggioranza è convinta di avere i voti necessari per l’approvazione di tutte le sue proposte di legge, partendo da quelle che dovrebbero evitare il processo a Berlusconi, e si dichiara pronta a mobilitare la piazza contro il “contropotere” della Magistratura, ma le opposizioni sono convinte che il conglomerato di destra si stia sgretolando. Tuttavia, se si votasse prima della interruzione estiva, quale strategia elettorale metterà in campo un rassemblement che dovrebbe estendersi da Vendola a Fini?
Tra due mesi, in qualunque modo vadano le cose, quasi un quinto degli italiani sarà chiamato alle urne per l’elezione dei sindaci. Il PDL appare disorientato e sta subendo le imposizioni della Lega, ma anche il PD appare incerto. Intanto Bersani ha nuovamente mobilitato la piazza – insieme al popolo viola – ed è tornano a chiedere le dimissioni di Berlusconi. Continua una guerra di logoramento che per ora, e il cerchio si chiude, conferma solamente il fallimento della Seconda Repubblica, e quindi l’esigenza di riaprire seriamente il dibattito sulle cause di questo fallimento.


Leonello Mosole - 2011-04-09
Io credo che le analisi vadano sempre rispettate, caro Magliarossa (sarebbe più "elegante" se ti firmassi con nome e cognome: gli pseudonimi andavano bene per scrivere gli elzeviri su "L'Unità") perchè è dalle idee che nascono le cose ovvero le proposte. Di idee mi pare ce ne siano pochine e anche un po' vecchiotte, in questo momento nel nostro PD. Che si debba andre presto alle elezioni lo penso anch'io. Se dobbiamo andarci con Vendola leader (ma anche con Bersani) possiamo andare tutti al mare (oppure in montagna, come suggeriva una volta il vecchio partigiano Cornelio Valetto): il nano di Arcore imperverserà ancora a lungo.
giuseppe cicoria - 2011-04-09
Confermo: il bipolarismo è fallito. Non solo: è fallito anche il leaderismo perchè la vanità e la sete di potere dei cosiddetti "leader" portano inevitabilmente a forme di governo di sostanziale dittatura, seppur edulcorate! Tanto più se persisterà questa forma illegale di elezione dei rappresentanti delle istituzioni per chiamata degli stessi "leader". E non parlo solo del Parlamento: bisogna eliminare anche alle elezioni regionali la follia dei "listini"! Per avere una qualche speranza che la situazione politica dell'Italia cambi, i troppi signori della politica di opposizione devono smettere di crogiolarsi in distinguo che i cittadini per bene continuano a non comprendere: in una situazione di emergenza democratica qual'è quella attuale tutte le forze di opposizione esistenti devono unirsi e cercare di far cadere questo governo eversore. I vari Casini, Di Pietro, Vendola, Fini, ecc. devono smetterla di porre veti incrociati che fanno la gioia di Berlusconi! Lo stesso Fini faccia a meno di quelli che non ci stanno: se non lo fa anche lui è condannato ad una lenta ma sicura morte politica! Dopo, tutti potranno democraticamente e nel rispetto delle "regole" ritornare al sereno e costruttivo dibattito politico per cercare di perseguire i propri progetti ma sempre nell'interesse sociale, etico ed economico di tutti i cittadini. Sarà necessario,intanto, rimettere la barra a dritta nei concetti di moralità e giustizia evitando di storpiare questi basilari principi in aggettivi tipo: moralismo, giustizialismo, ecc. I corrotti e gli amorali devono essere allontanati con le buone o cattive dalla scena politica: solo così si potrà tornare a credere in un diverso e prospero futuro della nostra amata Italia, checchè ne dica la lega con i suoi sostenitori, disgregatori dell'unità nazionale.
franco maletti - 2011-04-08
Vorrei rispondere a Magliarossa. Soltanto per chiedere se almeno lui sa dove è arrivato "l'accelerato delle 18". In quale stazione? Cominci Magliarossa a fare una, dico una sola, "proposta concreta" con la certezza che, subito dopo, non si sfascia tutto a causa della totale divergenza di opinioni...! E' questo che tiene in vita il PD: l'assenza di opinioni con la speranza, in questo modo, di esprimerle tutte. E' un "giochetto" che non porta molto lontano. Facciamo proposte concrete cominciando a "volare alto". Cosa ne pensa il PD della globalizzazione? Cosa ne pensiamo dei rapporti di lavoro: il datore di lavoro è ancora e sempre il bieco padrone sfruttatore oppure una componente sociale con la quale bisogna in certi casi stabilire anche rapporti di collaborazione? Cosa ne pensa il PD del consumismo: siamo d'accordo che le riserve della Terra si stanno esaurendo e che bisogna trovare nuove forme di produzione, magari incentivando il riciclaggio? E gli stranieri, sono una zavorra o una risorsa? Potrei andare avanti.
Magliarossa - 2011-04-08
..."riaprire seriamente il dibattito sulle cause di questo fallimento"? ancora?! non ti pare di arrivare con l'accelerato delle 18.00?! (si diceva così quando qualcuno esprimeva pensieri e azioni che altri da tempo avevano espresso). Per piacere, Bodrato, con tutta la stima per il tuo passato... Basta! Oggi è venuto il momento delle proposte concrete per ricostruire questo paese!
franco maletti - 2011-04-08
L'articolo che ho scritto "Quo vadis Factio Popularis" (e che invito a leggere o rileggere) non mi sembra poi così distante e da "altro film" così come qualcuno ha commentato forse troppo frettolosamente. Condivido pienamente l'analisi di Guido.