La maggioranza dei politologi considera ormai fallito il bipolarismo “all’italiana” e concorda nel ritenere che il berlusconismo è stata la più coerente interpretazione della deriva plebiscitaria che ha cavalcato – con il decisivo supporto della Tv – la personalizzazione della politica, la sua degenerazione trasformista e la radicalizzazione di uno scontro tra destra e sinistra che sta portando all’imbarbarimento della vita nazionale.
Tuttavia il voto parlamentare dello scorso 14 dicembre, preceduto da un week-end caratterizzato dal mercato della politica, invece di costringere Berlusconi alla resa, ha segnato la sconfitta di Fini e dimostrato che al declino di consensi al premier non corrisponde il rafforzamento del centrosinistra. Il Pd non riesce ancora a guidare l’alternativa al blocco Pdl/ Lega che ha i suoi punti di forza nel “porcellum”: questo bipolarismo invece della stabilità ha prodotto immobilismo e il dilagare di una astensione dal voto che ha colpito destra e sinistra, facendo crescere la nostalgia per il passato.
IL PD E IL NODO DELLE ALLEANZE. Nell’autunno 2010 l’attesa di una svolta politica aveva alimentato tra i democratici la convinzione che fosse possibile rilanciare la strategia riformista aprendo a Vendola senza chiudere al centro di Casini. Ma la “fiducia” del parlamento per Berlusconi, anche se per soli tre voti, ha riaperto nel Pd la discussione sulle alleanze possibili, sul modello di società da costruire, sulle primarie e sulla leadership. Il nodo più urgente da sciogliere, in una fase che potrebbe precipitare verso elezioni anticipate, è quello delle alleanze. D’Alema, che aveva parlato del Pd come di un “amalgama mal riuscito”, ha sostenuto – aprendo un convegno internazionale sulle socialdemocrazie europee – che la sinistra, da sola, resterà sempre all’opposizione. Quando Bersani considera necessario il dialogo con Casini, dimostra di condividere questa riflessione: senza il consenso dell’area intermedia, in larga misura caratterizzata dal voto dei cattolici, anche in Italia i riformisti resteranno all’opposizione.
Ciò che resta oscuro è cosa pensano gli ex popolari del futuro del Pd. Se non riflettono a fondo sulle scelte compiute dopo il ’94, nella scia del sogno di Prodi, la loro presenza politica nel paese diventa irrilevante. Eppure, senza una visibile presenza dei cattolici democratici, anche il Pd non ha futuro. Resta peraltro vero che la questione delle alleanze non dipende solo dal Pd e comporta comunque una riforma del sistema elettorale. D’altra parte, se resta impossibile un “confronto” sul modello di società tra Casini e Vendola, qualunque coalizione elettorale messa in campo dal Pd, è destinata a restare al di sotto del consenso elettorale necessario per una vera alternativa al blocco conservatore. In questa situazione, la direzione Pd del 13 gennaio ha ratificato la linea di Bersani, ma ha registrato anche un inasprimento delle tensioni interne: la politica è restata così nel labirinto della crisi e le difficoltà del Pd continuano ad essere speculari a quelle del Pdl.
LA FRATTURA DI MIRAFIORI. Il conflitto tra chi ha collocato al primo posto la difesa della produzione e del lavoro (Fim-Cisl e Uilm) e chi ha privilegiato l’esaltazione dei diritti sindacali (Fiom), ha segnato una profonda frattura nel mondo operaio. Il referendum di Mirafiori è stata comunque una grande prova di democrazia. Marchionne ha parlato di una “svolta storica”, poiché è convinto che solo ratificando l’accordo da lui proposto, la Fiat può sopravvivere alla mondializzazione dei mercati. Nell’ultima settimana Torino è tornata ad essere il “laboratorio” della politica nazionale, la città che ha deciso di fare i conti con una globalizzazione dell’economia che sta sfidando il capitalismo europeo, il welfare-state e la stessa democrazia. È comunque certo che i temi politico-economici posti dal referendum di Mirafiori, e i suoi risultati, sono diventati le questioni cui devono rispondere anche le forze politiche e in particolare il Pd, in vista delle ormai prossime elezioni amministrative (se non delle probabili elezioni politiche).
LA "VICENDA RUBY". A rendere più incerta e inquietante la situazione del paese, sono l’iniziativa della Procura di Milano, che poche ore dopo la sentenza della Corte costituzionale sul “legittimo impedimento”, ha avviato una procedura giudiziaria contro Berlusconi, accusato di concussione e di prostituzione minorile. La “vicenda Ruby”, su cui Giorgio Merlo ha scritto un serio commento, ha nuovamente aperto lo scontro sulla questione morale, sul degrado della vita politica italiana e sulle elezioni anticipate. Ne riparleremo.
21/01/2011
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