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L'Appello ai giorni nostri

 
di Carlo Baviera, Giuseppe Davicino e Alessandro Risso
 

Il 18 gennaio 1919 veniva diffuso lo storico Appello "ai liberi e forti", il manifesto politico attraverso cui Luigi Sturzo chiamava a raccolta le energie sociali, intellettuali ed economiche principalmente  del mondo cattolico - ma non solo - per entrare sulla scena politica nell'Italia uscita dalla Grande Guerra con il Partito popolare italiano.
Pur consapevoli delle enormi differenze che separano la situazione sociale, economica, politica e internazionale di allora con quella odierna, ci siamo cimentati nella riscrittura e nell'attualizzazione dell'Appello sturziano. Calati nella stessa sensibilità culturale, abbiamo redatto una versione contemporanea del documento. La proponiamo come un primo strumento utile ad avviare il dibattito sull'attualità del pensiero sturziano che i Popolari piemontesi cercheranno di evidenziare e divulgare in questo anno che ci porterà al Centenario di fondazione del PPI.
Speriamo che in molti interveniate per esprimere opinioni, dubbi e apprezzamenti, correzioni e integrazioni. In modo che questo nostro spunto di partenza possa diventare un manifesto condiviso, capace di accomunare non solo gli amici dell’Associazione ma tutti coloro che si sentono ancora dei “liberi e forti”.   
 

A tutti gli uomini e donne – i “liberi e forti” evocati quasi cento anni fa da Luigi Sturzo, ancora oggi sollecitati a cooperare per il bene comune dell’Italia e dell’Unione fra i popoli del continente europeo –, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello perché uniti insieme propugniamo e attuiamo nella loro interezza gli ideali di giustizia, libertà e uguaglianza sanciti dalla Costituzione.
Nello scenario globalizzato e multipolare di questo XXI secolo, le forze politiche di ogni Paese devono contribuire a rafforzare i princìpi di pace e di rispetto dei diritti umani che varranno a porre fine ai numerosi conflitti in corso nel mondo e ad allontanare ogni pericolo di nuove guerre, in modo da scongiurare ogni insano proposito di ricorso alle armi nucleari, e a dare un assetto stabile alle Nazioni, superando la politica di destabilizzazione che in questo secolo ha sconvolto la vita di interi popoli. A questo fine è necessario attuare gli ideali di giustizia sociale e migliorare le condizioni generali del lavoro nei Paesi sviluppati e in quelli emergenti, perseguendo il livellamento verso l'alto di diritti e salari, e non più una loro compressione verso il basso. Dobbiamo inoltre sviluppare le energie spirituali e materiali di tutti i Paesi riuniti nell’ONU e nel progetto globale per lo sviluppo sostenibile entro il 2030, ritornando tutti a un assoluto rispetto della legalità internazionale, dopo le guerre innescate sotto il pretesto dell'esportazione della democrazia che hanno alimentato il terrorismo internazionale.

È imprescindibile dovere di democrazie sane, basate sulla netta separazione dei poteri,  e di governi legittimati dal libero voto popolare trovare il reale equilibrio dei diritti nazionali con il percorso di effettiva integrazione europea e con i supremi interessi internazionali, e perseguire le perenni ragioni del pacifico progresso della società.
L’Europa che vogliamo costruire è quella che si pone come costruttiva risposta alla crisi della democrazia rappresentativa, all'aumento delle disuguaglianze sociali e a uno stato di pericolosa conflittualità delle relazioni internazionali.
Un’Europa capace di guardare oltre la mera stabilità monetaria, che ha accentuato la disoccupazione e l'impoverimento della classe media, per tornare – secondo il progetto dei padri fondatori – a politiche economiche e di bilancio concepite a partire dalle reali necessità delle persone (il lavoro, la salute, la sicurezza sociale, l'istruzione, la sicurezza del territorio e degli edifici, la sostenibilità ambientale) che producono benessere diffuso e percepibile dalla grande massa della popolazione, non solo da pochi privilegiati.
La moneta appartiene al popolo e non alle grandi banche d'affari internazionali. Riteniamo quindi necessaria e inderogabile la riforma dei trattati istitutivi dell’euro e sosteniamo la proposta dei cattolici italiani formulata nella Settimana Sociale di Cagliari (2017) di inserire nello Statuto della Banca Centrale Europea i parametri dell’occupazione e del BES, il “benessere equo e sostenibile”, accanto a quello del controllo dell’inflazione. Il futuro del progetto europeo determinerà il mantenimento della pace sociale e la stessa tenuta delle istituzioni democratiche.
Un’Europa che sia un polo protagonista della politica mondiale in questo secolo, con chiare scelte di prospettiva: la riduzione delle spese per armamenti; la presa d'atto della scomparsa della ragione fondativa della NATO essendosi la minaccia sovietica dissolta sin dal lontano 1991; la scelta per la cooperazione strategica e l’integrazione della Russia in uno spazio comune europeo e la revoca delle sanzioni, che danneggiano pesantemente l’economia italiana, verso quel Paese; il riconoscimento dei BRICS come uno dei nuovi poli della politica mondiale, oltre ai rapporti bilaterali, che pure vanno intensificati, con ciascuno di questi cinque grandi Paesi; un approccio positivo e reciprocamente vantaggioso nei confronti delle nuove vie della seta – per impedire le quali in questi anni molto sangue è stato versato, dall'Afghanistan, all'Iraq, alla Siria – in funzione della creazione di un grandioso spazio di libero scambio euro-asiatico in grado di assicurare pace e prosperità a popoli diversi per storia e cultura.

In un mondo sempre più interdipendente risultano essenziali: la libera circolazione delle persone, il diritto a poter vivere dignitosamente e in pace nella propria terra d'origine come pure la possibilità di migrare per vie legali; nuove regole condivise a livello intenzionale nelle legislazioni del lavoro, dei diritti sociali, del fisco che si estendano ai nuovi settori dell'economia digitale; la libertà di religione, che non può mai essere strumentalizzata per fini di potere o per giustificare il ricorso alla violenza, alla guerra e al terrorismo; il riconoscimento della società civile e dei corpi intermedi; l’attività di organizzazioni sindacali e di categoria per ogni forma di lavoro; il diritto di ogni popolo alla terra, al lavoro, alla casa. Essenziale è il superamento della cosiddetta economia dello “scarto” (di persone, comunità locali, popoli), mentre va perseguita una politica energetica che abbandoni il “fossile”, sfrutti il più possibile le energie rinnovabili e soprattutto finanzi la ricerca verso il loro ulteriore sviluppo.

Chiediamo, nella distinzione dei concetti di “pubblico” e di “statale”, il riconoscimento e lo sviluppo del Terzo Settore, della cooperazione economica, sociale, civile, del volontariato organizzato, l’estensione del Servizio civile per tutti come frutto di una educazione alla cittadinanza attiva animata dal comune senso civico, che crea e mantiene la necessaria coesione sociale. Anche per questo difendiamo una informazione libera, non condizionata dal potere economico e finanziario né dalle ingerenze della politica, e la neutralità della rete a garanzia del pluralismo delle opinioni.
Chiediamo che l’assistenza, la previdenza sociale, la sanità, la scuola, l’università, la formazione professionale – comunque gestite e organizzate, siano garantite a tutti nei fatti. Ricordiamo che la difesa della dignità della persona è garantita dalla possibilità di esercitare un lavoro che permette la realizzazione del proprio progetto di vita: è quindi indispensabile che tutti possano svolgere un’attività lavorativa, o avere possibilità di ricercarla con l’aiuto della collettività anche attraverso un reddito minimo di supporto. E che tutte le politiche economiche e sociali siano sempre ispirate al principio di eguaglianza, sia tra le persone sia tra le generazioni.

Facendo riferimento ai valori della Costituzione Italiana, all’esempio e all’opera di Sturzo, De Gasperi, Dossetti, Moro, all’esperienza del popolarismo e del ricco movimento politico, sindacale, culturale e associativo alimentato dall’insegnamento sociale iniziato con la Rerum Novarum, con questo appello ci rivolgiamo nell’avviato terzo millennio a tutti coloro che si sentono – senza vincoli ideologici,  opportunismi o interessi di parte – cittadini liberi e solidali, uniti da uno spirito di fratellanza civile e desiderosi di un mondo più giusto e pacifico, affinché mettano a disposizione le loro intelligenze, il loro tempo, la loro opera per sostenere il rilancio dei valori della convivenza e del dialogo, in un’Europa federale. E ci dichiariamo disponibili a metterci, con spirito collaborativo al fianco di quanti già condividono il senso e la forma delle nostre proposte, per il bene comune dell'Italia e dell’Europa intera.


Mario Chiavario - 2018-01-19
In via di principio ho apprezzato l'iniziativa e il documento che vi si ricollega. Mi permetto di esprimere qualche considerazione parzialmente critica su aspetti particolari. Nella politica internazionale mi pare di intravvedere un certo sbilanciamento, nel trattamento di favore per la Russia: forse, valeva la pena almeno un cenno ai problemi del rispetto dei diritti umani – solo genericamente evocati all’inizio del documento - e dell’alto tasso di autoritarismo di quel regime, tanto più in un contesto in cui non si lesinano severi rilievi, diretti o indiretti, a tanti aspetti della politica statunitense (e non solo a quella di Trump, al qual riguardo si sfonderebbe una porta aperta …). Un altro appunto critico mi permetto a proposito del silenzio sui temi “eticamente sensibili”. Capisco che, venendo da una stagione di ossessive volgarizzazioni strumentali e di applicazioni unilaterali di ammonimenti pur autorevolissimi (e in sé non del tutto disprezzabili) contro il relativismo e a sostegno di “principi non negoziabili”, sia difficile indicare linee operative credibili e praticabili (io stesso, certamente, non ho in tasca ricette prive di dubbi e di incertezze). Mi sembra però che ormai si stia passando all’eccesso opposto: senza che, per lo più, ci si senta di mettere direttamente in discussione anche il molto che nelle stesse posizioni tradizionali della gerarchia potrebbe e dovrebbe essere oggetto di revisione, si finisce poi, di fatto, col subire – a proposito di aborto come di fine vita, di “divorzio breve” come di fecondazione assistita - il ruolo ormai trainante dell’individualismo radicale, che impone i suoi slogan e, sia pur con la tattica della “politica del carciofo” (foglia dopo foglia), le sue soluzioni, sostenuto dal coro martellante della grande maggioranza dei “media” e dalle accuse di rito, di oscurantismo e di conservatorismo, per chiunque non si adegui. Negli ultimi tempi ho seguito con piacere e condivisione atteggiamenti come quelli di Franco Monaco, ma mi sembra che l’amico milanese sia stato, se non l’unico, tra i pochissimi parlamentari che si rifanno al pensiero cattolico-democratico, a tenere su vari fronti una linea sempre coerente e non a mezza voce: il che non vuol dire rifiuto del dialogo e delle mediazioni, sempre necessarie e spesso feconde se sono “alte” mediazioni e non compromessi all’insegna dello scambio al ribasso. Ora, con tutto il rispetto per Emma Bonino e la condivisione di parecchie delle sue prese di posizione (in particolare sull’immigrazione e, più in generale, sull’Europa), mi sembra che sui temi prima indicati le scelte sue e degli altri radicali siano quasi sempre agli antipodi di quanto, almeno fino a ieri, era patrimonio comune del pensiero cattolico-democratico: dunque, mi lascia perplesso non già la prospettiva di un’alleanza a posteriori ma la ricerca di una vera e propria coalizione elettorale da parte del Partito democratico, con ”posti” riservati in collegi “sicuri”: soltanto effetto obbligato del “Rosatellum” che stimolerebbe alle combinazioni più impensate pur di arrivare a certe percentuali? … Nulla da obiettare al riguardo? Pregherei, in ogni caso, di non ricordarmi che anche il Papa ha mostrato rispetto e simpatia per il coraggio e la coerenza che questa donna indubbiamente merita, oltre che vicinanza per la malattia che l’ha colpita: sono cose del tutto diverse.
Piercarlo Frigero - 2018-01-18
Condivido quanto avete scritto, con qualche sottolineatura: - La rilevanza della politica estera, soprattutto per la pace nel Mediterraneo e le relazioni con la Russia di Putin (di cui tener sotto controllo l'autoritarismo più che latente). La politica estera deve essere concordata in sede UE per avere autorevolezza. L'ONU deve tornare a svolgere il suo suolo, sia pure inevitabilmente imperfetto. - La scelta delle politiche dell'istruzione e della sanità per realizzare condizioni di uguaglianza. - La drastica riduzione del precariato nel lavoro, soprattutto dei giovani, per proteggere la rilevanza della famiglia. La conseguente ricerca di una politica industriale che aumenti la qualità delle imprese, con il criterio del renderle indispensabili nelle più rilevanti filiere internazionali.