Carlo Baviera - 2017-12-15 Non mi addentro più di tanto nelle considerazioni importanti di Ladetto, non avendone la necessaria competenza. Credo che la questione da lui posta sia fondamentale. Personalmente do una mia risposta. Il cattolicesimo democratico è una corrente di pensiero politico culturale, definito da alcuni tratti (così come indicati da Guido Formigoni), e che contribuisce alla progettualità anche (ma non solo) del "popolarismo". Mentre i "popolari" sono una componente più politica, in cui possono esserci non solo i cattolici democratici. Ladetto perciò pone una questione corretta e io personalmente la condivido: promettendo di fare attenzione in futuro anche all'uso dei termini, per evitare confusioni. Aggiungo inoltre che, però, oggi risulta equivoco anche il termine "popolare" come sostantivo e come aggettivo: perché troppo abusato, a sinistra, al centro, a destra. Parlando di popolarismo dovremmo far riferimento soprattutto a Sturzo, ma anche questo rischia di essere equivoco, perché si usa Sturzo solo come favorevole all'economia di mercato, contro lo statalismo e la partitocrazia. Per me Sturzo è molto di più: significa autonomie locali e sociali; regionalismo; impegno per l'estensione del voto e per il proporzionalismo; visione europea e internazionale di pace; riforme sociali, cooperazione, sindacalismo. E, per altro, ritengo che il pensiero di Sturzo vada portato più avanti, debba evolvere (tenendo conto anche delle polemiche con La Pira) verso una solidarietà e un corretto intervento degli Enti Pubblici per non lasciare libero campo alle semplici libere regole dell'impresa e del mercato. Perciò il popolarismo oggi non può che essere riformista, di cambiamento, di allineamento con la più avanzata Dottrina Sociale. Mentre vediamo, anche in Europa, che i popolari si sono sostanzialmente accomodati in posizioni di moderatismo, assuefatti al pensiero prevalente della società del benessere. Il popolarismo deve tornare ad essere (non mi si fraintenda) "rivoluzionario", a fianco di chi lotta per cambiare la storia, per mettere al centro la persona, la comunità, i valori di socialità, la difesa del creato contro ogni interesse economico e contro ogni profitto. E da questo punto di vista quando parlo o scrivo sono in difficoltà; perchè non sentendomi socialista (parte di una storia della sinistra che è datata, con slogan, simboli, esperienze, ecc.) l'usare il termine "popolare" temo si possa confondere con il Partito Popolare Europeo, o con Casini o Alfano. | ||
Giuseppe Ladetto - 2017-12-11 Voglio approfittare dell'importante articolo di Carlo Baviera sul Cattolicesimo democratico per porre una questione che non è di semplice natura nominalistica, nella speranza di non essere frainteso. Per chiarezza, cercherò di affrontare la questione partendo da una situazione personale. Non sono credente e tuttavia, nel quadro desolante delle offerte politiche attuali, trovo delle affinità con chi propone una visione del mondo ispirata a quei valori cristiani che hanno contrassegnato l'umanesimo e la nostra cultura di europei. Aggiungo che, in questi ultimi decenni, la voce della Chiesa è stata l'unica (capace di farsi ascoltare) a distinguersi dal coro generale ispirato a quel politicamente corretto la cui funzione è orientare l'opinione pubblica ad un mondialismo dettato dagli interessi dell'imperante capitalismo finanziario.
Ora, mentre il richiamo ai “popolari” mi pare idoneo a contrassegnare ogni tipo di associazione (partito, movimento, circolo, ecc.) in grado di accogliere credenti e non credenti che condividono importanti obiettivi politici e culturali, il riferimento ai “cattolici democratici” esclude tale possibilità. Non basta sottolineare la laicità, il carattere non confessionale, l'autonomia rispetto alla Chiesa e l'apertura che ha contrassegnato la storia della formazione: il termine “cattolico” è centrale, essendo il sostantivo, mentre “democratico” è solo un aggettivo che qualifica dei cattolici, e solo dei cattolici. Come ho detto, non ritengo si tratti di una questione nominalistica, ed in ogni caso le parole sempre contano molto. Non è un caso che don Sturzo abbia rifiutato, a suo tempo, il ricorso ad ogni vocabolo che potesse richiamare la religione (e ancor più la Chiesa) per denominare il partito da lui fondato. Io posso sentirmi a casa nell'Associazione Popolari, mai invece potrei esserlo in seno ai “Cattolici democratici”, eppure vedo utilizzare le due denominazioni come fossero interscambiabili. Ovviamente io non conto niente, ma ciò che ho detto vale per molte persone (non credenti o di altra fede) che potrebbero guardare con interesse ad una formazione popolare. Certamente comprendo quanto significhi, sul piano emotivo ed affettivo, l'appellativo “Cattolici democratici” per chi ha vissuto sotto questa insegna un tratto importante della propria vita. Tuttavia, se guardiamo all'oggi e soprattutto ad un impegno futuro che vada oltre la presenza dei soli cattolici, credo che definirsi “Popolari” sia il solo modo per contrassegnare un tale impegno, e ciò in particolare in Italia dove alle spalle di tale definizione c'è una storia ben identificabile.
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francesco cecco sobrero - 2017-12-10 Sarò pessimista, ma, dato una sguardo alla politica nazionale, alle continue ed inutili beghe, alla completa dimenticanza che esiste un bene comune, ad una continua semina di odio, camuffata dalla frase ad effetto “prima gli italiani”, ai vari populismi, al rigurgito fascista, mi viene da credere che il pensiero e l’azione politica dell’ amico Riccardo Coppo, nonché degli amici Riccardo Triglia e di Paolo Ferraris siano cose, belle sì, importanti sì, ma facciano ormai parte della storia “antica” |