Il 18 gennaio 2019 sarà il centenario della fondazione del Partito popolare italiano. Il Direttivo della nostra associazione ha già discusso di iniziative da proporre per celebrare l'evento. Fra i possibili relatori da invitare, si è parlato di Ernesto Galli della Loggia. Poiché ricordavo di aver letto sul "Corriere della Sera" suoi articoli sui cattolici in politica, ne ho rintracciati due che ritengo significativi, dei quali propongo l'essenziale.
Lo storico, in un articolo del 25 luglio 2011, esplora l'ipotesi della ricostituzione di un polo cattolico grande abbastanza da svolgere un significativo ruolo in un quadro politico nazionale apparentemente in disfacimento. I cattolici, insieme ai comunisti, sono stati tra i fondatori della Repubblica italiana ma, mentre i comunisti sono stati travolti da una smentita storica (il crollo del socialismo reale), i cattolici hanno visto il proprio partito, pur logorato da fenomeni di malgoverno, messo in crisi da una serie di disavventure giudiziarie, per altro comuni a un intero sistema.
Di contro, oggi, si fanno a tutti sempre più chiari i meriti storici del cattolicesimo politico italiano: una forte capacità inclusiva sociale e ideologica, conoscenza e comprensione del Paese, costante volontà di dialogo, moderazione dei gesti e delle parole unita a un fondo di valori forti. Tutto ciò di cui l'Italia odierna avrebbe bisogno. Ma la ricostruzione di un grande polo cattolico richiede che si chiariscano almeno due problemi decisivi.
Il primo è un problema posizionale. La DC, dopo il 1993 (ultimo anno di vita del partito), con la riedizione del Partito popolare nel 1994, non riuscì ad abbandonare la sua collocazione centrista, giustificata nel dopoguerra quando il termine “destra” evocava il fascismo, e quando i legami del PCI con l'URSS lo mettevano fuori da ogni possibile alternativa a una DC che riassumeva in sé quasi tutto lo spettro politico.
Nei primi anni Novanta, in un Paese diventato tendenzialmente bipolare, abbandonare un centrismo non più praticabile comporta di andare ad occupare il solo posto libero nello schieramento politico italiano: quello di destra. Non esiste sistema politico al mondo, continua lo storico, che veda la presenza di un partito di sinistra democratica (come accade finalmente anche in Italia) e in cui il partito cattolico (o cristiano che sia) non abbia la funzione di contrapporsi al suddetto partito.
Ora, contrapporsi alla sinistra vuol dire posizionarsi a destra, ma questo non significa sostenere politiche antipopolari, reazionarie o classiste: vedi in Germania la cancelliera Merkel.
Per Galli della Loggia, “destra” e “sinistra” non sono categorie ideali o ideologiche che esprimono una visione del mondo, ma hanno valore relativo: indicano la posizione occupata (visivamente nei banchi del Parlamento) rispetto ad altre forze politiche. Certo nella vecchia DC, era presente una componente orientata a sinistra perché convinta che, per rappresentare le esigenze sociali, bisognasse avere una qualche intesa con i comunisti, visti, in una Italia povera, come i naturali rappresentanti delle esigenze del “popolo”. Inoltre, la sinistra democristiana si serviva del dialogo con il PCI per accreditare l'idea di essere l'unica forza del partito ad avere una visione strategica sul lungo periodo.
È possibile immaginare, si chiede Galli della Loggia, che, con un sistema elettorale maggioritario, tendenzialmente bipolare, auspicato da molti, un nuovo partito cattolico sia disposto ad essere alternativo alla sinistra?
Il secondo problema riguarda il rapporto con il mondo cosiddetto laico, e in particolare con quello di cultura liberale.
Una nuova DC non potrebbe essere un partito strictu sensu cattolico, ma un “partito cristiano” (come diceva il suo nome di un tempo) per dissipare ogni equivoco sulla dipendenza dalle gerarchie ecclesiastiche. L'aggettivo cristiano, nel senso attribuitogli da Croce per il quale, come europei, “non possiamo non dirci cristiani”, indica una componente valoriale condivisa da tutta la cultura liberale del Paese (ad esclusione dei laicisti). E ancora dice l'essenziale per dare risposte alle sfide che l'onnipotenza congiunta della globalizzazione, della tecno-scienza e di un pangiuridicismo invadente pongono alle società democratiche e all'intera nostra tradizione.
L'articolo è del 2011, e qui Galli della Loggia sembra aver dimenticato, o quanto meno trascurato, alcune cose non secondarie.
In primo luogo, a destra, lo spazio è già occupato dalla compagine berlusconiana. Ignorarlo forse lascia trasparire la speranza che essa possa essere messa fuori gioco da una rinata Democrazia cristiana alternativa alla sinistra. In secondo luogo, il nostro storico non considera che dal 2008 esiste il Partito Democratico, e che in esso è presente una componente cattolica. Ora di ciò, lo storico è consapevole e ci sarà quindi una qualche ragione di tale voluta dimenticanza, che pare sottintendere una valutazione non positiva dell'operazione. Probabilmente anche Galli della Loggia condivide l'opinione di quanti ritengono che la confluenza della componente cattolica della Margherita nella nuova formazione abbia condotto alla sua marginalizzazione – se non a livello di “posti”, certo di “sostanza” politica – rispetto a quella diessina e alle altre di varia origine, ma tutte approdate a posizioni sostanzialmente liberal.
Questo è forse il motivo principale per cui Galli della Loggia non fa alcun cenno al PD parlando dei cattolici in politica. Ma è poco utile soffermarsi su questi aspetti perché il tempo corre veloce e le cose cambiano, sicché quanto detto pare superato.
Sei anni dopo, Galli della Loggia, in un articolo sul Corriere della sera del 15 settembre 2017, ritorna ad occuparsi dei cattolici e della politica.
Viviamo in un'epoca caratterizzata dalla fine dell'egemonia dell'area euro-atlantica sul processo storico mondiale e assistiamo all'emergere di Paesi fino a ieri rimasti indietro, dell'Asia e dell'emisfero meridionale.
La Chiesa è oggi la più eloquente interprete e testimone di questa nuova epoca storica. Al cristianesimo (in particolare al cattolicesimo) inerisce il mondo, non certo il solo Occidente con le sue preoccupazioni di ordine politico ed economico. La Chiesa guarda con priorità ai poveri, agli ultimi, al Sud del mondo. Ha a che fare con questo mutamento del corso della storia, la scelta, voluta con forza da papa Francesco, di assumere come direttiva cardine ed esclusiva per la propria presenza sociale il comandamento della “misericordia”, deponendo con ciò l'ipotesi di ogni diverso ruolo propriamente politico. Nella prassi e nel discorso quotidiano, il comandamento della misericordia viene tradotto nella tematica dei “diritti umani”, sicché questa tematica in pratica è la sola presenza “politica” che oggi la Chiesa sembra volarsi concedere, e a cui il cattolico impegnato possa indirizzarsi. Questa presenza riguarda il piano alto dell'impegno sociale, ma c'è anche la dimensione politica più terra terra (che riguarda i partiti e le loro alleanze), e tale scelta della Chiesa ha comunque delle ricadute su questo terreno.
Nel campo dei “diritti umani”, scrive Galli della Loggia, si ritrovano, a rivendicarli, altre presenze organizzate che nulla hanno a che fare con la tradizione cattolica. Vi troviamo le componenti laico-progressiste proprie dell'universo ideologico-politico del Paesi occidentali, componenti che annoverano e rivendicano tra i “diritti umani” questioni riguardanti gli stili di vita sessuali, i rapporti matrimoniali, l'aborto, il fine vita, la genitorialità artificiale, con tesi che di certo sono estranee a qualunque prospettiva condivisibile dalla Chiesa di Roma. Tali questioni, infatti, caratterizzano la concezione antropologica che sta a fondamento di ogni visione del mondo (religiosa, ideologica o culturale). Ancora troviamo impegnati sulla tematica dei diritti umani quei “filantropi mondialisti”, tipo Soros, che, grazie alla ricchezza e all'influenza di cui dispongono, hanno assunto il ruolo di veri e propri profeti mediatici. Anche essi sono non solo estranei ma ostili al cattolicesimo, in quanto (aggiungo io) mirano soprattutto a realizzare un mondialismo all'insegna di una omologazione improntata al neoliberalismo (liberista in ambito economico e libertario-libertino in quello societario), perfettamente funzionale agli interessi di quel finanzcapitalismo di cui sono fra i massimi esponenti.
Basterebbero queste osservazioni ad evidenziare la complessità dei problemi che si pongono a quanti aspirano a un impegno politico-partitico dei cattolici o a una loro presenza organizzata nell'agone politico. Chi, come Galli della Loggia, parla dell'universo cattolico, da una posizione ad esso esterna, facilmente può non cogliere o travisare punti importanti e talora essenziali che caratterizzano questo mondo. Tuttavia le questioni che pone lo storico non sono peregrine.
Per mettere in campo una forza organizzata, è indispensabile individuare uno spazio politico e trovare con chi (di altra cultura) sia possibile intraprendere l'impresa. Ciò vale anche per ogni eventuale discesa in campo di cattolici organizzati, tenuto conto, inoltre, che oggi i cattolici praticanti sono una minoranza.
Guardando al nostro Paese, mi pare assai complicata una tale impresa, e assolutamente improbabile la rinascita di una nuova Democrazia cristiana. Ma tutto può accadere, anche quanto non avrei immaginato. Mi hanno stupito le notizie circolate circa una ipotizzata “lista Bonino” (oggi etichettata “Più Europa”), per la quale avrebbero manifestato simpatia o attenzione anche alcune associazioni riferibili all'ambito cattolico e personalità come Prodi e Letta. Mi pare difficile che possano essere state messe nel dimenticatoio le campagne promosse da Pannella, Bonino e tutto l'arcipelago radicale in nome di un individualismo assoluto, disgregatore del tessuto sociale, e con obiettivi sovente inconciliabili con un patrimonio ideale, non solo cattolico, ma direi riconducibile ad una tradizione fondata sull'umanesimo. |