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Il tramonto del centrosinistra?

 
di Giorgio Merlo
 

Il voto siciliano ha dato responsi chiari e inequivocabili. La straripante vittoria del centrodestra e il ritrovato protagonismo politico di Silvio Berlusconi. Innegabile e straordinario. L'avanzata forte, pesante e massiccia, dei 5 Stelle. Altrettanto innegabile e straordinaria. E, in ultimo, il tramonto del centrosinistra come coalizione. La frammentazione di questo campo, ridotto ormai a macerie, è il frutto concreto della gestione politica del PD di questi ultimi anni e della incomprensione fra i vari attori sulla scena. Comunque sia, si tratta di un "campo politico" che è uscito momentaneamente dalla competizione vera per il governo dell'Italia.
Ora, si tratta di capire come è possibile, al di là delle piroette dei protagonisti, ricostruire una alleanza di centrosinistra nel nostro Paese.
 
Innanzitutto va archiviato definitivamente il cavallo di battaglia del PD renziano, cioè la "vocazione maggioritaria" e la conseguente autosufficienza politica ed elettorale del partito. Una tesi, questa, sostenuta all'inverosimile dal gruppo dirigente in questi ultimi anni, che ha contribuito a smontare alla radice qualsiasi forma di alleanza con altre forze e movimenti riconducibili seppur vagamente al centrosinistra. È ovvio pensare che, dopo aver sostenuto per anni la centralità del PD che escludeva qualsiasi coalizione, sia quantomeno curioso che si cambi linea dopo aver subito una cocente sconfitta elettorale. Anche perché i cambiamenti repentini devono essere compresi, capiti e metabolizzati dai cittadini elettori. E quando questo non capita, comprensibilmente, c'è la sconfitta politica prima ed elettorale poi del partito.
 
In secondo luogo, se si vuole essere credibili e si crede in questo progetto, si tratta di recuperare il celebre detto di Mino Martinazzoli: "in Italia la politica è sempre stata la politica delle alleanze". Uno slogan che riassume una concezione della politica, del partito, delle istituzioni e della società.
Il PD crede in questa prospettiva al di là delle conversioni improvvise alla Fassino?
Conversioni anche poco credibili che rischiano di creare un forte cortocircuito nella stessa base del partito, seppur renziana e ubbidiente. Perché riconoscere la centralità della coalizione, e quindi una vera "cultura delle alleanze", significa anche riconoscere la valenza di un partito non "personale", il pluralismo sociale e culturale presente nella società, e soprattutto la necessità dell'apporto di altre formazioni politiche per arrivare al governo del Paese. Insomma, attorno alla "cultura delle alleanze" non c'è solo il pallottoliere in vista delle elezioni, ma anche e soprattutto il riconoscimento di alcuni valori centrali che costruiscono l'edificio democratico e costituzionale.
 
Ecco perché per ricostruire il centrosinistra non bastano gli slogan e le battute ad effetto. Servono, al contrario, elementi e principi di cultura politica che delineano una visione della società. Ora, pare che anche nel PD ci sia questo ravvedimento politico e questa inversione di rotta.
C'è da sperare che non sia il solito, ormai noto, tatticismo funzionale al momento. Ovvero, una sorta di posizionamento destinato a essere sacrificato appena cambiano gli ingredienti in campo.
Adesso è opportuno disegnare una strategia politica definitiva. Ma soprattutto coerente e di lunga durata. In gioco, infatti, non c'è solo il destino di potere di alcuni capataz ma la prospettiva di un progetto politico. Quello, appunto, di un centrosinistra democratico, riformista e progressista.


Andrea Griseri - 2017-11-20
Anche Bobbio la pensava come Martinazzoli. Quando le alleanze non si immiseriscono nella bassa cucina e nel manuale Cencelli costituiscono l'infrastruttura logica e persino morale della democrazia
giuseppecicoria - 2017-11-12
il sogno di un partito di sinistra, che guarda al centro moderato, è ormai tramontato miseramente per le ambizioni di "leader" antidemocratici che hanno provato maldestramente a trasformare la nostra in una repubblica sostanzialmente autoritaria. I pannicelli caldi non serviranno a raddrizzare la barca che sta affondando. Tra poco ci sarà un fuggi fuggi di personaggi alla ricerca di altri porti sicuri che, quasi certamente, non troveranno. A tutto ciò si aggiunge una grande confusione tra quello che i politici cosiddetti di sinistra in fine legislatura vogliono fare e quello che la gente comune si aspetta in un contesto sociale in via di profonda modifica che, però, viene arrogantemente ignorato se non deriso o vituperato. Le leggi approvate o in via di stolta approvazione vengono vendute come leggi "di civiltà" che. invece, stanno velocemente distruggendo la "nostra" civiltà. I contrari vengono sbeffeggiati con epiteti di scherno e di erronea simpatia fascista. Questa moltitudine di gente "normale" probabilmente darà il colpo finale mortale al PD alle prossime elezioni con l'aggravante che darà involontariamente il Paese in mano alla destra estrema con ulteriori danni per questa gente pacifica e di sani principi.
franco maletti - 2017-11-12
Renzi non ha ancora capito la differenza tra l'essere Capo e l'essere Segretario. E sembra che sia inutile tentare di spiegarglielo. Continui a fare il Capo della Leopolda e lasci ad altri il compito di fare il Segretario. Oppure, ancora meglio e finalmente, si faccia il suo partito personale così come hanno fatto tanti altri prima di lui e lasci in pace il Partito Democratico affinché possa ricomporsi in tutte le sue parti.
Michele Canavesio - 2017-11-11
A me sembra che a "disegnare una strategia politica definitiva" ci abbia già provato più volte qualcuno in passato (es. Prodi) ma non è stata "coerente e di lunga durata" perché la nostra sinistra italiana si è puntualmente impegnata a mandarla a gambe all'aria, come né più né meno sta continuando a fare ora.
Giovanni de Witt - 2017-11-10
Mi sembra che Giorgio Merlo centri il cuore del problema PD. Vorrei aggiugere solo che per una politica delle alleanze mi sembra centrale un progetto politico, il quale mi sembra essere pure lui il grande assente.