Andrea Griseri - 2017-09-29
Una disamina del problema certamente molto più rigorosa e completa delle prese di posizione emotive e superficiali che sono moneta corrente nel dibattito contemporaneo. Il sospetto che il fenomeno migratorio sia in qualche misura governato o favorito da qualche centro di potere nascosto non è a mio avviso ascrivibile alla solita sindrome complottista; svuotare i paesi d'origine della popolazione (i migliori? Forse, e in questo caso sarebbe un depauperamento per quei paesi medesimi; i peggiori? in questo caso tanto peggio per i paesi di destinazione) è un vantaggio per le elites locali e per i land grabber (Cina in testa). Scaricare all'improvviso vere e proprie bombe demografiche su paesi provati dalla crisi, economicamente fragili e segnati da una crescente sfiducia nelle istituzioni e nella politica può avere effetti destabilizzanti. Si rischia di innescare una guerra tra poveri, una corsa al ribasso nelle condizioni del lavoro (salariali, contrattuali, di sicurezza) e innescare sentimenti rancorosi da parte di una popolazione che si è impoverita e non può contare (almeno in Italia) su un welfare adeguato. E tutto questo fa comodo (leggetevi "Shock economy" di Naomi Klein; si creano artificiosamente certe condizioni che giustificano misure che in tempi normali sarebbero improponibili). Quante persone rinunciano a curarsi! Quante persone la sera nel centro di Torino improvvisano un giaciglio sotto i portici di via Roma e sono italiani! E' a loro che toccherebbe pagare i peccati del colonialismo come qualche solone ha osato affermare? Senza contare che il colonialismo italiano - lungi da me rispolverare la retorica da italiani brava gente!- ebbe vita breve e fu punito aspramente dalle vere potenze coloniali; senza fare sconti a chi condusse la guerra d'Etiopia che autorità morale avevano inglesi e francesi nel negarci il posto al sole? Purtroppo non sappiamo cogliere questi aspetti "inconvenient" della questione noi che siamo o ci sentiamo i migliori: noi cattolici democratici (fra i quali mi arruolo), noi uomini di sinistra, noi volontari, noi liberaldemocratici di lungo corso, noi ambientalisti (anche qui sono arruolato) che critichiamo la gestione dei rifiuti a Torino ma chiudiamo gli occhi e il naso di fronte ai miasmi tossici (molto meno controllati dei fumi dell'inceneritore!) dai campi Rom. Insomma i "buoni" (per mutuare il titolo di un romanzo del compianto amico Luca Rastello). E tutti a dare la croce addosso al povero Minniti che anche sulla scorta di precise acquisizioni di prove e di due inchieste aperte da due serissime procure ha infranto coraggiosamente il tabù delle ONG accreditate di uno status di santità a prescindere. Alcune rispettano le regole, altre intrattengono vergognosi contatti con gli scafisti e sono complici di un mercato di uomini che va a detrimento dei migranti e dei paesi di destinazione. Minniti ha dato una lezione di democrazia la quale si fonda su un contratto sociale fra governati e governanti: questi ultimi si impegnano a tutelare e promuovere gli interessi dei governati; piaccia o no questo è il meccanismo fondamentale delle democrazie di ieri e di oggi. Questo non comporta affatto la chiusura egoista giustamente stigmatizzata dalla Chiesa verso lo straniero ma anzi ne è la garanzia: quale beneficio può trarre un immigrato (forse futuro cittadino del paese che lo ospita) da una classe politica che non riesce a preoccuparsi neppure dei propri cittadini, magari nel nome di una falsa e temporanea solidarietà proprio verso gli stessi migranti? Di simili ipocriti occorrerebbe diffidare! Che i "buoni" sopramenzionati se ne stiano tetragoni al riparo loro posizioni fossilizzate in un immutabile gioco delle parti è rivelatore della condizione comatosa del dibattito italiano. Quasi quasi... meglio i toni da stadio deplorati da mons. Galantino! Le urla sveglieranno i neuroni dei "buoni, chi può saperlo.. E li stimoleranno a ricercare forme di governance di questo intricatissimo problema, ricco di insidie ma anche di opportunità; il meticciato culturale, come ben dice il Papa, se gestito, in termini qualitativi e quantitativi (brutalmente: poter scegliere chi può entrare e quanti) può essere una ricchezza ma se imposto appare una insidia e non farà che stimolare i vituperati arroccamenti identitari. Ha ragione il Papa, allarghiamo le braccia: senza dimenticare però che l'estensione delle braccia umane è soggetta a limiti creaturali. Certo resta l'esempio dei grandi Santi: ma quei meccanismi spirituali e psicologici che agiscono nel cuore delle singole persone seguono regole e leggi diverse nel corpo collettivo dei popoli (leggete Canetti in proposito), e nessun popolo in quanto tale è stato mai stato canonizzato. | | |