Stefano Lepri - 2017-09-11 Ringrazio Alessandro Risso per tenere vivo il dibattito sul cattolicesimo sociale e Franco Monaco per il suo ampio intervento. Capisco alcune critiche di Monaco e condivido l'esigenza di avere una visione, ma vorrei appunto restare sui contenuti, più che sugli articoli di giornale.
Ad esempio, mi sarebbe piaciuto condividere con lui la battaglia fatta in parlamento contro l’utero in affitto, ma non è sembrato interessato al tema. Mi sarebbe piaciuto confrontarmi con lui su una riforma come il Reddito d’Inclusione, che non è solo una bandiera perché stanzia due miliardi all’anno per una misura progressivamente universale contro la povertà: non sufficienti, ma molti di più del quasi nulla previsto ai tempi del glorioso centrosinistra prodiano. Lo avrei voluto a mio fianco, e di molti altri cattolici democratici come Luigi Bobba, per scrivere la legge quadro sul terzo settore e i successivi decreti legislativi: una riforma straordinaria nel senso di favorire il protagonismo dei cittadini e delle comunità. Vorrei sentire da lui cosa pensa degli ottanta euro, che certo potevano essere dati in modo più equo ma sono pur sempre stati la più grande azione di redistribuzione a favore delle classi medie. Mi piacerebbe che riconoscesse il grande lavoro nel contrasto all’evasione e per la spending review. Oppure che riconoscesse il fatto che solo da questa legislatura i guadagni delle rendite finanziarie sono maggiormente tassati, al pari dei migliori Paesi europei. Se poi guardiamo cosa resta da fare, non posso che concordare: lo squilibrio generazionale è evidente, ma non è certo colpa degli ultimi due governi se la spesa previdenziale risulta di almeno tre punti più elevata rispetto alla media europea. Eppure un ministro di centrosinistra si preoccupò soprattutto di dare la quattordicesima ai pensionati. E sempre quel glorioso centrosinistra non mi pare abbia introdotto patrimoniali contro le rendite, o cose simili.
Se poi si intende criticare l’uomo solo al comando si può forse avere qualche argomento, ma non credo che Monaco abbia nostalgia della stagione in cui tredici partiti partecipavano, con potere di veto, alle riunioni di maggioranza. Si aggiunga, infine, il modesto argomento per cui occorre una maggioranza per fare politiche davvero redistributive e partecipative; non è certo promettendo più tasse per tutti che il centrosinistra potrà vincere.
Insomma, caro Franco, ciascuno è libero di cercare nuovi approdi. Però, per una volta, scendi dal piedistallo dei discorsi generali smerciati come visione e proviamo, misura per misura, questione per questione, a confrontarci e a lavorare insieme, su leggi e decreti. Secondo me serve di più. | ||
Franco Monaco - 2017-09-08 Solo una postilla. Ringrazio Alessandro Risso e gli altri amici dell'Associazione dei popolari piemontesi che hanno riservato una qualche attenzione alla mia lettera ad Avvenire che, prendendo spunto dal ricordo del carissimo Giovanni Bianchi, si interrogava sulla "latenza politica" del cattolicesimo sociale. Anche con riguardo alle politiche dei recenti governi e al corso politico del PD, che avrebbe dovuto rappresentare il riferimento naturale o comunque più plausibile per il cattolicesimo sociale (sul punto, la replica del direttore di Avvenire non mi ha convinto: a chi altri ci si dovrebbe volgere? ai 5 stelle? alla destra?). Penso in particolare ai due elementi cui è più sensibile il cattolicesimo sociale: quanto al metodo, il dialogo con le forze sociali, cioè l'opposto della "disintermediazione"; e quanto al merito, una politica organicamente mirata alla lotta contro le disuguaglianze. Come tacere l'impressione che, nell'azione politica del PD e del governo, per accreditare un segno "di sinistra", si sia operato quello che io chiamo uno "scambio asimmetrico", cioè una certa enfasi sui diritti civili a discapito dei diritti sociali e del lavoro?
Vi sono politici cristiani "di governo" che, per argomentare la tesi della coerenza dell'attuale corso politico e delle sue riforme rispetto a un sensibilità cattolica, sciorinano generosi elenchi di leggi e leggine che avrebbero dato qualche sostegno a poveri, disabili, minori....Buone cose, intendiamoci. Ma - pur tacendo la circostanza che per lo più si tratta di misure prive di adeguate risorse, quasi leggi-manifesto - mi si consenta di notare che una tale impostazione rischia semmai di avallare l'impressione contraria. A certificare cioè una politica e un riformismo conforme a una ispirazione cristiana sono le politiche macro, quelle che concorrono a regolare e indirizzare complessivamente lo sviluppo sociale e civile di una comunità. Questo ci hanno insegnato Sturzo e i padri nobili del cattolicesimo democratico: l'acquisizione di una compiuta coscienza politica intesa come visione e attività architettonica nella costruzione della città dell'uomo. Esemplifico: politiche economico-sociali tese alla uguaglianza sostanziale (sul fisco ci si può associare alla demagogia corrente e al dogma della riduzione delle tasse per tutti?); una politica estera universalistica (non unendosi alla facile polemica con l'Europa quale causa dei nostri mali); una politica istituzionale che promuova anziché mortificare la democrazia pluralistica e partecipativa disegnata dai Costituenti (l'opposto del leaderismo e della verticalizzazione dei pubblici poteri); una politica coraggiosamente controcorrente nel farsi carico della giustizia tra le generazioni, che ha a che fare con molti capitoli: disoccupazione giovanile, formazione, debito pubblico, previdenza, ambiente.
I cristiani non possono contentarsi di un riformismo inteso come correzione ai margini e neppure come soccorso a chi non ce la fa come si conviene a uno Stato compassionevole, ma devono porsi alla testa di un "riformismo radicale". Mostrando che non si tratta di un ossimoro.
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Carlo Baviera - 2017-09-06 Bravo Presidente. Condivido. Soprattutto quando ricordi che si deve stare al centro della vita politica con risposte equilibrate, solidali e modificanti lo status quo, e non per comodi equilibrismi di alleanze per garantirsi posti e spazi di potere; e quando ricordi, anche alla sinistra, che non ci si può fermare a logiche identitarie o alla ragion di Stato per rispondere alla richiesta di giustizia sociale, di pace, di integrazione culturale, migrazioni, nè si può ancora rincorrere l'establishment nel liberalismo. | ||
Giorgio Merlo - 2017-09-06 Ottima la riflessione e l'analisi del nostro Presidente. Un dibattito, comunque sia, che è appena iniziato. Anche perché non si può ridurre un filone culturale ed ideale che ha svolto un ruolo politico decisivo nella storia politica del nostro paese - e che continua a rappresentare valori, principi e proposte tutt'altro che da archiviare - ad un fatto puramente storiografico. |