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Si riparte!

 
di Carlo Baviera
 

Qualche settimana l'amico Giorgio Merlo comunicava su facebook di aver quasi ultimato un libretto imperniato su una domanda: sino a quando i cattolici democratici si sentiranno politicamente orfani? Cioè senza una "casa politica"?
Conoscendo Giorgio immagino che il suo desiderio non sia tanto di ripristinare un contenitore unico per i cattolici democratici in politica (il termine, si è già ripetuto tante volte, lo usiamo per definire una cultura e una presenza che si è storicamente realizzata in passato, e non perché il cattolicesimo, la fede, la Chiesa debbano vedersi applicati aggettivi riferiti alla politica), quanto sollecitare coloro che ne hanno le capacità e la forza a riprendere una iniziativa significativa, sia culturalmente sia dal punto di vista mediatico, che possa essere utile al bene comune e a sottrarre ai guardiani del pensiero unico le proposte e le azioni dei riformisti, in modo da costruire una nuova stagione di socialità nella libertà.
Infatti sul “Domani d’Italia” sempre Merlo, a proposito della presenza politica dei cattolici, precisa che  “nessuno vuole riproporre esperienze, gloriose o meno che siano, del passato. Né una sorta di DC bonsai né una riedizione aggiornata e corretta del PPI. Ma (…) dopo il fallimento del bipolarismo all'italiana e il potenziale ritorno del sistema proporzionale, è un fatto oggettivo che le vecchie o le nuove identità riprendano il sopravvento rispetto agli agglomerati elettorali indistinti e un po' anomali”. C’è da capire quale sarà il sistema elettorale su cui convergerà la maggioranza delle forze politiche, ma l’affermazione mantiene il proprio rilievo comunque.
La riflessione continua con una ulteriore importante precisazione: “in questo contesto ritorna il tema della presenza politica dei cattolici. Ovviamente, una presenza politica laica, aconfessionale, cristianamente ispirata e caratterizzata, comunque sia, da un "programma". Come recitava, oltre un secolo fa, lo stesso Luigi Sturzo, fondatore del Partito Popolare Italiano. E i cattolici democratici, e tutti coloro che bene o male si riconoscono in quel patrimonio culturale e storico, manifestano tutta la loro inadeguatezza a riconoscersi in partiti ormai privi di cultura politica che si sono ridotti progressivamente ad identificarsi con il capo indiscusso di turno”.
Giorgio non si spinge a prededere se ci sarà, e in quali forme, un rinnovato impegno politico e pubblico, ma “resta il fatto che la presenza politica dei cattolici in questi ultimi anni si è, di fatto, colpevolmente eclissata”.
Gli risponde, con una battuta rapida, Savino Pezzotta  “Non è che i cattolici democratici sono diventati insignificanti ma che forse non hanno più ragione di esistere in quanto tali dopo la fine del Movimento Cattolico e del cattolicesimo politico. In questi anni abbiamo fatto tante esperienze, ci siamo, erroneamente anche se in buona fede, accasati un poco ovunque, ma ora è arrivato il tempo di scegliere nuovi modi e forme per testimoniare l'ispirazione cristiana in politica”.
 
Questa discussione mi ha sorpreso favorevolmente; perché finalmente comincia a prendere forma, come afferma Pezzotta, la possibilità di dedicarsi a pensieri, percorsi, e anche strumenti nuovi. I quali, senza rinnegare il passato – anzi avendo quei valori quegli ideali e quelle radici come riferimento – richiedono nuove elaborazioni. E nuove modalità di riannodare iniziative e presenze, a partire dall'esigenza di creare spazi di partecipazione; di rianimare territori periferici svuotati di servizi, lavoro, cultura popolare; di rilanciare il bene comune ripartendo dalle comunità (creando quindi anche spirito di comunità); di offrire risposte di solidarietà e condivisione per le povertà, per una nuova visione di lavoro, per difendere l'ambiente, per dare una visione di speranza anche e soprattutto per l'Europa (che va ricostruita nello spirito e nelle istituzioni) e per una cultura di pace, nonviolenza, cooperazione internazionale in un mondo sempre più in balia delle bombe, del terrorismo, delle guerre, delle malattie.
Si vada avanti, allora! Si allarghi la riflessione e il confronto a persone, riviste e ambienti (oggi collocati in partiti, movimenti e situazioni diverse) disposti a stare nel campo del cambiamento, di un “labourismo cristiano”, di un umanesimo solidale, di un popolarismo comunitario, di una laicità che non esclude le sensibilità dello spirito e dell'etica, contrari al moderatismo, distanti da un centrismo opportunista sempre in bilico e tentato dal centrodestra. Si dia vita a un coordinamento e a qualche incontro distribuito sul territorio. Iniziamo dal Piemonte, magari; potrebbe essere il primo passo delle celebrazioni in vista del centenario PPI, che cadrà nel gennaio 2019.

Constato che anche l’ultimo Segretario del PPI, Castagnetti, esponente importante del cattolicesimo politico, afferma (in questo caso parla del PD post primarie) che si deve: “andare dove la gente partecipa. Dove si associa. Dove si discute di principi, di valori, di forme di solidarietà. Dove i cittadini riescono a uscire dalla loro dimensione individuale. Andare lì a imparare le nuove forme di partecipazione civica” e mettere “ogni energia e ogni risorsa sul lavoro. Il lavoro deve essere il pilastro dell’azione, anzi delle azioni. La sfida è finalizzare tutte le politiche a questo obiettivo: le politiche fiscali, le politiche formative.[...] Lavoro prima di tutto. Perché tutto è legato al lavoro: il tema dei migranti, il tema della crisi demografica”.

Le parole chiare di papa Francesco, anche quelle recenti sul lavoro nell’incontro con la CISL, ci spingono in quella direzione.

A livello nazionale siamo pronti a ripartire? Ancora no; ci vuole pazienza. Serve che gli ambienti e le personalità interessate e qualificate riprendano a parlarsi. Occorre rimettere – con le modalità e la delicatezza necessarie – alcuni obiettivi e proposte al centro del dibattito senza inseguire le agende imposte da altri. A quel punto sarà matura una iniziativa utile a tutta la nazione.


giorgio merlo - 2017-07-06
Molto interessante la riflessione dell'amico Carlo. Come ovvio, nessuno parla di "ricostruire" o far "rinascere" la Democrazia Cristiana. Ma quasi tutti, almeno le persone che hanno condiviso in modo responsabile e coerente un pezzo di storia del cattolicesimo politico, ritengono che non si può continuare ad essere spettatori a lungo. Ecco perchè un'iniziativa che parta dal Piemonte non sarebbe affatto secondaria o velleitaria. Si puo' "ripartire" per dirla con Carlo. Con semplicità e sobrietà, ma anche con coraggio e coerenza. A presto!