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Cattolici democratici, tra storia e futuro

 
di Giampiero Forcesi
 

Pubblichiamo un ampio e interessante resoconto sul convegno “I cattolici democratici nella storia e nel futuro della Repubblica", organizzato a Parma il 20 maggio scorso dalla Rete c3dem - dal cui sito web è tratto l’articolo - e dal Circolo “Il Borgo" tra le iniziative del suo quarantennale di fondazione, con interventi di Lino Prenna, Guido Formigoni, Pierluigi Castagnetti e Rosy Bindi.
 
Il Circolo culturale “Il Borgo" ha festeggiato i suoi 40 anni di vita organizzando, nella sua città, a Parma, un convegno su “i cattolici democratici nella storia e nel futuro della Repubblica", in collaborazione con la Rete nazionale c3dem, a cui aderisce fin dalla nascita della rete, nel 2011. Sabato 20 maggio nella sala dell’Auditorium “Mons. Bonicelli”, presso il Centro pastorale diocesano “Anna Truffelli”, ha aperto i lavori, davanti a una settantina di partecipanti, il nuovo presidente de “Il Borgo”, Giuseppe Giulio Luciani. Con due richiami: a Romano Prodi, che di recente, proprio in un incontro della Rete c3dem, aveva lamentato la pochezza oggi di cultura politica e di dibattito, e a papa Bergoglio, che  più volte richiama il primato del tempo sullo spazio, e cioè il primato dello sguardo lungo, della prospettiva.
La prima parte dell’incontro verteva sull’attualità, o meno, del cattolicesimo democratico. Era affidato a Lino Prenna e a Guido Formigoni, filosofo e pedagogista il primo, docente a Perugia, storico il secondo, docente a Milano.
Vittorio Sammarco ha introdotto il confronto ponendo gli inevitabili interrogativi: è riconoscibile la proposta del cattolicesimo democratico? è rilevante, incide, fa cultura politica? è in grado di fare adepti, di riprodursi, di rigenerarsi?
 
Lino Prenna ha offerto una risposta problematica. Ha messo in rilievo un aspetto fondante del cattolicesimo democratico: la funzione che ha svolto nel riconciliare il cattolicesimo con la modernità, e dunque con il primato del soggetto e della pluralità.
E ha poi proposto un interessante confronto tra il cattolicesimo democratico e la visione antropologica di papa Francesco. La chiave di lettura di questo confronto, secondo Prenna, è il criterio del distinguere per unire. Distinguere tramite la laicità e unire tramite la mediazione. Distinguere innanzitutto tra fede e religione, tra l’assoluto della fede e il relativo della religione. Tanto la modernità quanto la religione sono sotto il segno del relativo. E qui proprio si incardina il principio di laicità. Anche papa Francesco, dice Prenna, nel suo tentativo di riconciliare l’uomo moderno con la verità, che è la persona di Gesù il Cristo, distingue la fede dalla religione, la radicalità del Vangelo dalle forme provvisorie che assume la religione nel corso della storia.
Prenna, richiamandosi non solo all’Evangelii gaudium, da lui definita una stringente “catechesi politica”, ma soprattutto a discorsi e scritti di Bergoglio in Argentina, ha messo in evidenza come Bergoglio legga la realtà secondo delle antinomie, delle tensioni bipolari – pienezza e limite, realtà e idea, locale e globale, ecc. – che però egli considera in modo dialettico, cioè in funzione di una loro sintesi, di una loro mediazione.
La concezione che Bergoglio ha della politica – come strada verso il bene comune, come realizzazione in itinere del bene possibile, come “attività prudenziale” (riprendendo categorie alte della tradizione scolastica), dove prudenza non è il timore di andare oltre ma la misurazione dei mezzi in funzione del fine, cioè è mediazione – è una concezione che ha forti elementi in comune con quella del cattolicesimo democratico. Un accenno conclusivo Prenna lo ha fatto alla concezione originale che Bergoglio ha del popolo, rinviando a una pubblicazione della Jaca book (Jorge Mario Bergoglio, Noi come cittadini, noi come popolo). Potrebbe essere lì, ha detto Prenna, il fondamento di un neo-popolarismo.
 
Guido Formigoni ha centrato il suo intervento sull’ammissione che cattolicesimo democratico è, in realtà, una definizione ambigua. Non coincide con il cattolicesimo politico né con l’esperienza della Democrazia cristiana. È piuttosto una continuità storica, un filo rosso, una specifica sensibilità sia storica che politica, culturale e spirituale.
Formigoni ha proposto un paio di schemi utili per una prima approssimazione alla complessa articolazione del cattolicesimo democratico. Nel primo schema ha indicato quattro diverse sensibilità cattoliche (liberale, democratica, intransigente, sociale) e le ha collocate lungo le due polarità laicità-identità e destra-sinistra. Il cattolicesimo democratico è vicino al polo laicità e al polo sinistra; mentre quello liberale è più vicino al polo laicità e al polo destra; quello intransigente al polo identità e al polo destra; quello sociale al polo identità e al polo sinistra. Il cattolicesimo democratico, collocato tra laicità e sinistra, ha tra i suoi elementi qualificanti la consapevolezza che non si può essere cattolici senza aggettivi (pensarlo è illusorio), un rapporto storico-critico con la modernità (che non va demonizzata ma alla quale non si deve essere subalterni), e un’idea di democrazia come allargamento della basi dello Stato, come uguaglianza, come cambiamento sociale.
Formigoni ha fatto notare che i cattolici democratici, nella storia recente, si sono sempre divisi: negli anni Settanta e Ottanta hanno avuto giudizi assai diversi sulla DC; negli anni Novanta qualcuno ha aperto al popolarismo e qualcuno invece ha rotto con esso; alla nascita del PD qualcuno è stato dentro, qualcuno fuori. Persino alla nascita della Rete c3dem, nel suo piccolo, qualcuno ha aderito e qualcuno no. È però vero, ha osservato Formigoni, che nel recente referendum dello scorso dicembre vi è stato come “un punto di caduta”: ci si è, cioè, divisi con una radicalità particolarmente forte, c’è stata una vera difficoltà a capirsi gli uni con gli altri.
Per aiutarci a comprendere questa divisione Formigoni ha proposto un secondo schema che mostra il livello di complessità all’interno dello stesso cattolicesimo democratico: i riferimenti, questa volta, sono, da un lato, la polarità laicità-identità, come prima, e, dall’altro, la polarità centro-sinistra (non più destra-sinistra). Si configurano così quattro distinti modi di interpretare la comune sensibilità cattolico-democratica: verso la laicità e verso la sinistra si colloca quella che Formigoni ha chiamato la posizione del “riformismo forte”, del rilancio di una politica orizzontale; verso la laicità, ma verso il centro, si colloca il “liberalismo progressista”, con la sua istanza della democrazia governante; verso l’identità e la sinistra troviamo il volontariato sociale e la militanza di comunità; e verso l’identità e il centro si possono identificare le posizioni che si richiamano all’unità dei cattolici e a un partito di centro-sinistra.
Ma questa sensibilità cattolico-democratica è, o no, nel tempo presente, una minoranza che incide nella storia, una minoranza trainante? Formigoni risponde che ci sono stati sia momenti di una qualche egemonia sia momenti di eclissi. In qualche raro caso c’è stata una vera funzione di guida. Che le cose vadano in un modo o nell’altro dipende sia dalle condizioni ecclesiali sia da quelle politico-culturali. Sul piano ecclesiale, ha insistito Formigoni, veniamo da un lungo trentennio di marginalizzazione del cattolicesimo democratico. Oggi, nel nuovo contesto offerto da papa Francesco, si ha viceversa un forte stimolo; c’è una straordinaria opportunità. Non è affatto vero, come dicono alcuni, che si sia tolto spazio al cattolicesimo democratico, quasi che ora bastasse lui, il Papa. È vero, invece, che si apre il grande problema di come portare il suo stimolo nella storia di questo nostro tempo.
Quanto alle condizioni politico-culturali, Formigoni ha evidenziato una situazione di subalternità di tutta la sinistra nei confronti della cultura politica dominante. Solo nel campo dei diritti individuali la sinistra riesce a reggere il confronto. Sul piano sociale ed economico la sinistra, dice Formigoni, o non ha saputo vedere e capire i cambiamenti in atto, o si è posta consapevolmente in posizione subalterna ad essi.
L’invito conclusivo di Guido Formigoni è stato ad accogliere il richiamo di Romano Prodi: è urgente dar vita a nuovi laboratori culturali; solo un’elaborazione culturale radicale potrà aprire spazi alternativi per andare oltre l’attuale subalternità della sinistra tutta alle politiche dominanti.
 
Nell’aprire il secondo confronto, quello tra Rosy Bindi e Pierluigi Castagnetti, incentrato di più sulle prospettive che sono di fronte ai cattolici democratici, Sandro Campanini, coordinatore nazionale della Rete c3dem, ha richiamato il numero 183 dell’Evangelii gaudium (“Una fede autentica, che non è mai comoda e individualista, implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondo, di trasmettere valori, di lasciare qualcosa di migliore dopo il nostro passaggio sulla terra …”), nel quale ha esortato a vedere un autentico manifesto per l’impegno politico dei cristiani.
Castagnetti  ha voluto richiamare alcuni punti fondanti dell’esperienza cattolico-democratica: in particolare il discorso di don Sturzo nel 1905 a Caltagirone, dove sono state messe le basi della laicità dei cattolici e del matrimonio tra cattolicesimo e democrazia, e i percorsi politici di De Gasperi e di Moro, che sono stati due autentici tentativi di incidere nella storia, di “fare la storia”, cambiando la politica e anche riformando la Chiesa nel senso di affermare pienamente l’autonomia dei cattolici impegnati in politica. Ha ricordato, a questo proposito, lo scontro al Congresso della DC a Napoli nel 1962 per aprire al centro-sinistra nonostante l’opposizione persino di Montini.
Venendo all’oggi Castagnetti ha fatto una annotazione interessante sui rapporti tra papa Francesco e la politica. Ha osservato che, in politica, giustamente papa Francesco si autolimita, nel senso che si dà la missione di “togliere le cateratte dai nostri occhi”, facendoci vedere la gravità delle situazioni, e però poi dice che come affrontare concretamente i problemi è compito nostro. Ma non è solo questo. Secondo Castagnetti il Papa ha una vera e propria diffidenza verso i politici: “È  come se pensasse che siano tutti uguali”; cioè tutti, senza fare distinzione tra cattolici democratici, o liberali, o altro, sono ritenuti responsabili delle troppo grandi ingiustizie che ci sono nel mondo.
Toccato questo tasto delicato, Castagnetti è passato a dire che oggi per il cattolicesimo democratico è molto difficile trovare una strada. Ha citato un giurista incontrato a Catania, Antonio Cantaro, che ha sostenuto che oggi ci sono solo due modelli di democrazia, la democrazia dei mercati e la democrazia dei populismi, e dunque non si può che essere dalla parte dei populisti, perché il populismo, che raccoglie la rabbia popolare, è l’unico modo di combattere la democrazia dei mercati. Castagnetti non condivide (“quella della rabbia non è una democrazia perché non si pone il problema del governo”), però riconosce la grande difficoltà per i cattolici democratici di misurarsi con la crisi della rappresentanza e della democrazia, e con una società civile che è di fatto sostituita dall’opinione pubblica che si forma in tv. Il compito ineludibile, per i cattolici democratici, per contare ancora nella vita politica, è riuscire a configurare – dice Castagnetti –  paradigmi democratici nuovi.
 
Rosy Bindi ha, in sostanza, seguito le orme di Castagnetti, nel senso che ha oscillato tra orgogliosa assunzione dei meriti storici del cattolicesimo democratico e forte incertezza sul presente e sul futuro. “Ho accettato di venire “, ha detto fin dall’inizio, “per comunicare il mio tormento di cattolica democratica in questo tempo”. E ha detto di avere solo interrogativi, e non risposte.
Se si rilegge il percorso fatto nei decenni passati, dice la Bindi, si deve riconoscere che come cattolici democratici non solo siamo stati spesso egemonici ma “noi abbiamo vinto”. Vinto nel redigere la Carta costituzionale, ma vinto anche nell’insieme del settantennio repubblicano. Siamo stati anche – ha detto ancora la Bindi – la minoranza trainante della DC e poi nella storia che è seguita dopo la fine della DC. “La storia dell’Ulivo e del PD – ha detto – è stata vivificata dal nostro contributo” E persino il concilio Vaticano II e la sua attuazione debbono molto alla presenza e al ruolo del cattolicesimo democratico.
Poi, però, c’è stata una rottura. Una duplice rottura: in campo ecclesiale e in campo politico.
Sul piano ecclesiale, secondo la Bindi, i cattolici democratici non hanno avuto il coraggio di contrastare in modo netto  la politica ecclesiastica condotta dal cardinal Ruini.
Sul piano politico c’è stata la parabola del governo Renzi che è arrivata fino al referendum dello scorso 4 dicembre. La Bindi giudica l’insieme della politica portata avanti da Renzi come ricerca del consenso immediato, come tatticismo. E di fronte a questo ha provato un senso di estraneità: “Il cattolicesimo democratico è progetto – dice -, è visione lunga”.
E quanto ai contenuti delle singole politiche (lavoro, disuguaglianze ecc.) la Bindi, come già Formigoni, vede una troppo forte subalternità alle posizioni dominanti. “Io penso – ha affermato Rosy Bindi – che il nostro bagaglio culturale sia quello giusto, ma penso che le soluzioni politiche di oggi vadano in altra direzione”. D’altra parte, la Bindi ha riconosciuto che neppure lei, nonostante il bagaglio culturale sia quello giusto, le risposte non le ha. Ed è proprio per questo, dice, che non ci tiene più a restare in politica.
Come Castagnetti, anche la Bindi ha confessato la delusione provata negli incontri avuti con il Papa: non si è sentita accolta. Quando lo ha incontrato insieme a una rappresentanza di parlamentari Bergoglio non li ha neppure benedetti. Ha però aggiunto che il Papa indica con chiarezza e con forza le strade da battere; le periferie, gli immigrati, le disuguaglianze… Il problema è dei politici nel trovare le soluzioni valide ai problemi.
La conclusione offerta dalla Bindi è che, se si vuole poter passare il testimone ai più giovani, bisogna “rifare i percorsi formativi”.
 
Il dibattito seguito agli interventi è stato breve ma intenso.
Un anziano e combattivo piccolo imprenditore ha lamentato che non si sappia dire altro che si deve mettere in piedi un nuovo laboratorio culturale.
Salvatore Vento, di Genova, ha lamentato che nonostante l’impegno del Papa non ci sia tra i cattolici democratici l’entusiasmo che ci dovrebbe essere.
Guido Campanini ha obiettato che, vista la crisi prima dei partiti comunisti e poi quella dei partiti socialisti, la sfida di Renzi va considerata positivamente.
Albertina Soliani, già senatrice del PD, ha rimproverato la mancanza di una visone globale, attenta alle nuove dinamiche in corso a livello internazionale, ad esempio con il rapido avvicinamento all’Europa dell’Estremo Oriente, con le sue culture, le sue religioni, la sua forza economica.
 
Le repliche dei relatori hanno sottolineato alcuni spunti interessanti.
Lino Prenna ha sollecitato il cattolicesimo democratico a ripensarsi alla luce dell’antropologia biblica di Bergoglio.
Guido Formigoni ha esortato a riflettere sul rischio in cui si incorre quando si estremizzano certe novità dell’oggi senza mediarle con i valori profondi, il che però non deve significare neppure che si diventi dei difensori del passato; e ha fatto l’esempio dell’uso della rete informatica, come quello della protesta populista. Quanto a Renzi, ha detto di vedere il rischio che si approdi a una politica totalmente postideologica e a una verticalizzazione tutta incentrata sul leader, tagliando così i ponti con valori del cattolicesimo democratico che non sono datati ma fondamentali.
Pierluigi Castagnetti ha osservato che il cattolicesimo democratico, che ha sempre saputo accettare le sfide delle novità, oggi fa fatica a farlo. Forse perché manca un soggetto collettivo, forse perché mancano i luoghi, le strutture, per poterlo fare. Certo, ha ribadito, “per me è drammatica la proposta populista”, “la ritengo inaccettabile per i cattolici democratici”; ma ha riconosciuto che forse “anche noi siamo stati troppo elitari”, non riuscendo a vedere e a capire che cosa stava accadendo.
Rosy Bindi ha ripreso il tema del superamento storico del socialismo europeo, ricordando che i cattolici democratici nel PD erano stati contrari a entrare nel Partito socialista europeo proprio perché ne vedevano i limiti e perché erano invece portatori, con il PD, di un superamento di quei limiti. Avrebbero dovuto essere i socialisti europei a entrare nel PD, e non il contrario, ha osservato la Bindi; e invece è stato proprio Renzi a far entrare il PD nel PSE. La Bindi ha concluso la sua replica dicendo di riconoscere il valore di Renzi come persona e come leader, ma di non apprezzare il renzismo, e ha lamentato che il PD oggi non ha un luogo dove discutere le grandi sfide di oggi, dove potersi davvero confrontare; e ha osservato che il postideologico non può significare la desertificazione della cultura, con idee e proposte nuove che invecchiano dopo pochi mesi.
L’ultima parola è stata di Giorgio Campanini, Campanini “padre”, che ha consigliato i cattolici di c3dem a istituire una scuola di formazione politica.


giuseppe cicoria - 2017-05-26
Tante belle parole, ma i fatti....? La sintesi di quello che ho letto credo possa essere riassunta dall'atteggiamento del Papa (resoconto Bindi) nel corso della visita in Vaticano dei Politici. Egli non li ha benedetti e non ha nascosto il suo rancore verso costoro perché essi non hanno saputo coniugare nel loro lavoro l'interesse pubblico delle masse, con i principi del cattolicesimo. La Bindi, forse perché sarà costretta a farlo, intende lasciare la politica attiva e fa autocritica al bilancio della sua attività diretta in Parlamento: "chapeau!". Sono convinto che il Papa non chiede che tutti i cattolici diventino gesuiti o francescani ma pretende, invece, che essi siano capaci di influenzare la politica economica in modo tale che la distribuzione della ricchezza avvenga nella fase della sua produzione (salari tanto per intenderci). La globalizzazione tanto decantata ed il tempestoso progresso tecnologico hanno, invece prodotto il "livellamento della miseria"con lo sfruttamento degli operai e conseguente aumento esagerato dei profitti, accumulati, poi, nelle mani di pochi soggetti. I politici nel tentativo di procedere, a posteriori al riaggiustamento chimerico della situazione hanno dimostrato una totale incapacità, contrastati in modo efficace anche dai numerosi Stati canaglia presenti pure, e purtroppo, nella nostra scalcinata Unione Europea. La colpa di chi è? E' certamente dei "politici" che governano il mondo. Il Papa, quindi, non sbaglia quando non nasconde il proprio forte disappunto verso costoro negando loro la Sua Apostolica benedizione.
giorgio merlo - 2017-05-26
Una bella sintesi che conferma, purtroppo e come ben sappiamo, l'eclissi del cattolicesimo democratico e del cattolicesimo sociale nellla stagione politica contemporanea. Una sintesi, comunque sia, che fa riflettere sulla necessità di riprendere una rinnovata iniziativa politica preceduta, come ovvio, da una rigoroso e non banale progetto culturale.
Carlo Baviera - 2017-05-25
Mi pare (almeno dalla sintesi degli interventi e del dibattito) che sia stata una bella giornata, con profondità di analisi, di argomentazioni, di autocritiche anche. Purtroppo si continua in un periodo in cui sono più i dubbi e gli interrogativi, che le proposte e le intuizioni. Anche se non si deve essere pessimisti. Che, ad esempio, Castagnetti e Bindi (i quali hanno su alcuni argomenti un approccio diverso e sensibilità diverse rispetto al renzismo e al riformismo attuale di centrosinistra) si trovino insieme a dialogare e a ragionare con un insieme di persone e associazioni che appartengono al "nostro" mondo è un fatto positivo che potrà avere sviluppi futuri spero, anche sul piano organizzativo e progettuale. Credo che, essendo la rete una occasione importante e da non disperdere, anche la nostra Associazione vi dovrebbe aderire: tutto serve per arrivare a costruire qualcosa di utile; e comunque mantenere vivo il confronto non è mai male