Stampa questo articolo
 

I cattolici e i 5Stelle

 
Il confronto su “Avvenire”
 

Il quotidiano“Avvenire" ha aperto un dibattito sul rapporto tra cattolici e Movimento 5 Stelle, il cui leader Beppe Grillo è stato protagonista di un’ampia intervista. Il direttore Marco Tarquinio ha poi espresso apprezzamento per alcune posizioni pentastellate, ulteriormente approfondite in una intervista rilasciata a Cesare Zapperi del “Corriere della Sera". La rilanciamo per i lettori di “Rinascita popolare", facendo seguire un articolo di Marco Olivetti, pubblicato ieri sul quotidiano della CEI, in cui si evidenziano invece i punti di distanza tra la sensibilità politica dei cattolici e il movimento guidato da Beppe Grillo.
 
«Quando abbiamo sollevato il caso di Serravalle speravamo che si riaprisse il dibattito sul lavoro domenicale. Sono lieto che sia avvenuto anche con il contributo del Movimento 5 Stelle». Marco Tarquinio, direttore del quotidiano della Cei Avvenire , è osservatore attento del confronto sui temi cari al mondo cattolico. E guarda con interesse a come si muovono nello scenario politico i pentastellati. Come testimonia l'intervista a Beppe Grillo (già collaboratore della testata negli anni Novanta) che oggi il giornale ospita.
Direttore, è contento che il tema abbia preso piede?
«A chi ha un ruolo pubblico (si tratti di politici, sindacalisti, intellettuali) dobbiamo chiedere di saper guardare ai nuovi problemi che si pongono alla società. I nuovi processi industriali, le tecnologie, l'innovazione hanno cambiato completamente il modo di lavorare. Siamo di fronte ad un paradosso drammatico: mentre continuano a diminuire i posti di lavoro, chi ha un impiego deve lavorare sempre di più, domeniche comprese. Allora, il tema è: vogliamo ridurci a pochi che lavorano tanto o ripensiamo il modello?».
Voi cattolici siete preoccupati soprattutto che non si onori la domenica.
«La domenica è un giorno speciale. Papa Benedetto diceva che era il "giorno di Dio e della comunità". Sulla liberalizzazione dei giorni festivi negli anni scorsi c'è stata una inedita alleanza tra il mondo cattolico da un lato e Cgil e Confesercenti dall'altro».
Ora la sintonia c'è con Luigi Di Maio (M5S) e la Cisl.
«Constato che il M5S entra in modo serio nella discussione. Credo sia comune la preoccupazione che almeno un giorno della settimana sia dedicato a relazioni che siano altro da quelle lavorative. Non è un tema solo religioso».
La presa di posizione di Di Maio l'ha sorpresa?
«È una dimostrazione di sensibilità. Ha capito che il problema non aveva cittadinanza nel dibattito politico ma nella vita delle persone».
Non teme sia un modo di strizzare l'occhio ai cattolici?
«No, penso sia stato fatto in buona fede. Ho visto che si è documentato. Credo che sia un politico che ha preso coscienza di un problema reale. Del resto, avere occupato anche il settimo giorno con il lavoro non ha portato un centesimo in più. Vogliamo prenderne atto?».
M5S può essere un interlocutore del mondo cattolico?
«Lo è già. Sono tanti i cattolici che partecipano alle iniziative del Movimento. Se guardiamo ai grandi temi (dal lavoro alla lotta alle povertà), nei tre quarti dei casi abbiamo la stessa sensibilità».
Una larga convergenza, al limite della sovrapposizione.
«Fosse per questo, anche nei programmi di Pd e FI ci sono temi comuni. Ma c'è un altro quarto che fa la differenza».
Su quale tema sente più vicini i pentastellati?
«La sintonia è forte sulla lotta alle povertà e sul valore della partecipazione. Per contro, non riesco a capire come possano portare fino alle estreme conseguenze il loro concetto di libertà su temi eticamente sensibili come quello del fine vita e dell'eutanasia».
Sono pronti per governare il Paese?
«Sono un sincero democratico. Chi deve governare lo decidono gli elettori. Poi, certo, conta la qualità e il contenuto dei programmi. Credo che il M5S debba aggiustare il tiro sulla politica estera e lavorare per un rilancio della casa comune europea».
A Roma, però, M5S vuole che la Chiesa paghi l'Imu. Qui la distanza rimane.
«È la legge che prevede cosa deve essere tassato. Basta semplicemente applicarla»
(“Corriere della sera” del 19 aprile 2017)
 
 
E ora l’intervento di Marco Olivetti su “Avvenire” del 26 aprile.
 
Il dibattito (non sempre sereno) apertosi su altri media a proposito dei punti di contatto fra alcuni dei temi socioeconomici e ambientali cari al Movimento 5 Stelle e le sensibilità espresse nella realtà cattolica italiana ha messo in luce vari aspetti di un rapporto che già esiste – come esiste con altri partiti –, ma ha appena accennato o ha lasciato in ombra alcuni ambiti su cui la distanza è particolarmente alta. Vorrei richiamare quattro di questi nodi, per quanto essi siano già ben conosciuti dai lettori di 'Avvenire': l’Europa delle istituzioni, i partiti, i corpi intermedi, l’intersezione fra linguaggio e umori che genera le scelte politiche.

Le istituzioni europee sono il frutto anche della scelta dei grandi leader democristiani del secondo dopoguerra: la triade composta da Adenauer, De Gasperi e Schuman indica un nesso fortissimo, che richiama, fra l’altro, l’Europa carolingia come base per costruire la pace nel Vecchio Continente e per farne una «Comunità di destino». Da allora, molto è cambiato sotto i cieli delle istituzioni eurounitarie, talora infiltrate da forze paramassoniche che le hanno allontanate dai popoli al cui servizio i Padri fondatori le avevano poste. Di qui l’inevitabilità di un approccio anche fortemente critico all’Europa 'reale' dei nostri tempi. Ma può un cittadino cristiano consapevole pensare davvero di abbandonare 'a tavolino' uno dei suoi pilastri (l’euro) e di rinunciare al progetto europeo? In materia istituzionale, sia il discorso sia la prassi politica del M5S tendono a eliminare due cardini della democrazia contemporanea: la rappresentanza politica e i partiti. La prima dovrebbe scomparire in favore della democrazia diretta o mutarsi in una mera delegataria della volontà dei cittadini sovrani: ma c’è al mondo qualcosa di meno 'cattolico' di Jean-Jacques Rousseau? Pochi teorici della democrazia hanno sempre attratto come lui la diffidenza, se non l’ostilità, dei cattolici sia progressisti sia moderati sia conservatori, compresi coloro – questi sì numerosi in passato fra i cattolici italiani – che hanno creduto nella necessità di integrare (più che di superare) la rappresentanza politica liberale con istituti come il referendum, le autonomie territoriali e la democrazia dei partiti.

Quanto a questi ultimi, i partiti, la critica portata dai 5 Stelle è radicale, e nel tempo in cui viviamo rischia di sfondare una porta aperta. Ma basterebbe rileggere Sturzo (si può ragionare sul cattolicesimo in Italia – e non solo – prescindendo da lui?) e Moro per cogliere l’imprescindibilità della forma partito per il contributo dei cattolici alla democrazia. L’attenzione ai partiti – al plurale – pur nella critica della loro forma agendi ci sposta subito sul tema dei corpi intermedi. Questi ultimi, per una concezione politica rousseauiana o giacobina, semplicemente non esistono, o, meglio, non dovrebbero esistere. Ma essi sono l’architrave portante sia della Dottrina sociale cristiana, sia della prassi socio-politica dei cattolici, e di quelli italiani con particolare efficacia. Certo, si può notare che anche la cultura della sussidiarietà dei cattolici italiani si è indebolita nei fatti quando essi hanno occupato, nel secondo dopoguerra, la stanza dei bottoni dello Stato.

E si potrà notare che i corpi intermedi attualmente operanti in Italia abbisognano di una profonda riforma, a pena di trasformarsi in scheletri senza vita. Ma anche su questo la semplificazione (e certo corrosivo semplicismo) del M5S è quanto vi sia di più lontano dalle pur varie forme che il cattolicesimo ha assunto quando ha preso contatto con la politica democratica. Ma forse la distanza più grande sta là dove tutto inizia, nel linguaggio politico e negli 'umori' che inducono all’azione politica. Guardando al grillismo – sia a quello dei vertici sia a quello dei militanti di base – si coglie immediatamente che risentimento, frustrazione e persino livore sembrano essere il tono dominante di ogni ragionamento. Il che spiega il linguaggio incendiario che ha segnato gli inizi della politica grillina e che continua a caratterizzare non pochi degli interventi quotidiani dei suoi leader. Ora, premesso che la politica è fatta anche di queste cose, e che nessuno ne è del tutto immune, cosa c’è di più lontano dalla cultura politica dei cattolici italiani di un linguaggio e di un universo morale basati sul risentimento e sulla frustrazione sociale?