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La Liberazione, festa pensando al futuro

 
di Carlo Smuraglia, Presidente nazionale ANPI
 

Domani è il 25 aprile, festa della Liberazione, che “celebreremo", come ogni anno, non tanto con spirito commemorativo, anche se il ricordo dei combattenti e dei Caduti per la libertà è sempre vivo, quanto con l’intento di compiere un atto di memoria attiva che vuol dire ricordare gli eventi, la Resistenza, la Liberazione, ma riflettere soprattutto sulle attese e le speranze di allora e su quante di esse si sono realizzate o si stanno realizzando. Un 25 aprile, dunque, di ricordo, ma anche di festa, perché è sempre bello ritrovarsi con la gioia e il piacere dell’incontro e dell’impegno. Non dobbiamo perdere mai il concetto di festa, perché la Liberazione fu un grande giorno di gioia,per esserci liberati dai tedeschi e dai fascisti e perché si trattava di cominciare una nuova vita, sotto il profilo sociale, politico, economico, etico. La felicità e la gioia sono sentimenti che non contrastano con i ricordi anche più dolorosi, perché dobbiamo saper vivere nel presente con la consapevolezza di sempre, ma anche con quella capacità di sorriderci ed abbracciarci che è il simbolo della fratellanza, della solidarietà, dell’uguaglianza nella libertà.
E ce n’è bisogno, in periodi così difficili e duri, con vicende terribili e guerre che scuotono il mondo ed i Paesi, spesso con una violenza che speravamo di aver superato e “dimenticato” ed invece è ancora lì a ricordarci la brutalità, la cattiveria, il sopruso, sempre in agguato ovunque.
 
Dobbiamo dirlo a tutti, che abbiamo il diritto ad un giorno di festa, se essa non significa dimenticanza, oblio, abbandono del ricordo, ma si pone come contrasto ai lati peggiori della vita odierna. Al tempo stesso, il 25 Aprile è una festa dedicata all’impegno a realizzare e diffondere i valori per i quali si combatté nella Resistenza e che si sono trasfusi nella Costituzione, e a sconfiggere invece, tutto ciò che sa di egoismo, di revisionismo, di autoritarismo; tutti mali che pervadono il mondo e anche il nostro Paese, dove c’è troppa corruzione, troppa cattiva politica, troppe disuguaglianze, troppa povertà. C’è bisogno di un cambiamento radicale, di una rigenerazione della politica, di investimenti e piani per creare nuovo lavoro, di maggior correttezza ed eticità nella vita politica e in quella privata. Ma c’è bisogno soprattutto di partecipazione, perché solo questa ci può garantire davvero la democrazia; la quale si esprime nel governo “di molti” e non di pochi, nel concorso dei cittadini alla gestione della cosa pubblica, nel superamento di quella indifferenza e di quella rassegnazione che devono considerarsi tra i mali più gravi di un Paese e tra i peggiori nemici, appunto, della democrazia.
 
Quest’anno ricorre l’anniversario della Costituente, dell’anno in cui fu discussa e approvata la Costituzione, con uno sforzo di avvicinamento di posizioni, in partenza anche assai distanti e diversificate. Fu compiuto il miracolo di realizzare un documento tra i più avanzati, che aggiunge ai diritti politici i diritti sociali ed integra l’affermazione di princìpi con indicazioni precise ai Governi per la loro attuazione.
Quella Costituzione è viva e fresca, ha resistito a molti attacchi più o meno aperti; e costituisce il fondamento della nostra convivenza civile e il faro dell’azione dei singoli e della collettività.
C’è solo bisogno di attuarla, questa Costituzione, nelle parti che non hanno ancora trovato realizzazione concreta, rendendo così effettivi diritti e valori fondamentali come il lavoro, la dignità, l’etica, la libertà e l’uguaglianza. Dobbiamo impegnarci sempre per questo fine, per evitare che i giovani non abbiano futuro e siano indotti, o costretti, a recarsi all’estero per cercare lavoro o per disporre di strumenti per migliorare la propria professionalità e le proprie competenze.
Dobbiamo anche ricordare che la Costituzione prevede, oltre ai diritti, alcuni doveri, fra i quali primeggia quello della solidarietà. Ai muri ed ai fili spinati, auspicati o realizzati da altri Paesi, dobbiamo sostituire l’uguaglianza e l’accoglienza, con le cautele del caso, ma con l’umanità e la solidarietà che la Costituzione ci impone. Dobbiamo, dunque, combattere gli egoismi e i razzismi, che la Resistenza non conobbe e neppure noi vogliamo conoscere, in un Paese che in altri tempi ha superato le difficoltà e la durezza dell’espatrio e dove vi sono luoghi (Lampedusa, ma anche tanti altri) in cui Comuni e cittadini hanno saputo introdurre e praticare solidarietà e fratellanza.
 
E non dobbiamo dimenticare, in una giornata come questa, il valore e l’importanza dell’antifascismo. La nostra Repubblica è definita “democratica” dalla Costituzione; ma è definita come “antifascista” da tutto il contesto delle norme costituzionali, che rappresentano sempre il contrario di ciò che sono i fascismi di sempre (quelli del passato, quelli del presente e quelli che verranno). L’impegno antifascista, dunque, non può mancare il 25 aprile, perché si collega strettamente alla Costituzione, da un lato, e alla volontà dei combattenti per la libertà, dall’altro.
Un impegno che va esteso ed approfondito nei confronti dei tanti fenomeni del mondo contemporaneo, in cui le destre divengono sempre più spesso “nere”, dove egoismo, razzismo ed autoritarismo si confondono insieme e riescono ad arrivare, talora, ai vertici dei pubblici poteri e dove restano ancora rigurgiti più o meno nostalgici che cercano di farci dimenticare gli orrori del passato.
Un antifascismo militante, impegnato sul fronte culturale e sul fronte politico e rivolto a coinvolgere la maggior parte delle cittadine e dei cittadini, ma soprattutto i giovani. Il passato, ci dicono gli storici più autorevoli, può sempre tornare, non nelle stesse forme, ma con aspetti diversi. E bisogna essere pronti a cogliere i pericoli e predisporre per tempo gli antidoti. Non c’è odio, né rancore, in noi; ma solo la volontà di vivere in una società serena, priva di violenza e di guerra, imperniata sull’uguaglianza e sulla solidarietà e radicata sui fondamenti della nostra democrazia.
 
Tutto questo significa, per noi, la Festa del 25 aprile.
Al ricordo di uno splendido passato (la Resistenza), alla fiducia in un magnifico documento (la Costituzione), affidiamo la speranza e la volontà di un futuro migliore, che si potrà realizzare solo se collaboreremo e parteciperemo tutti, ognuno per la propria parte e ognuno con le proprie capacità e i propri mezzi, per raggiungere l’obiettivo della pace, della serenità, della giustizia sociale e dell’eguaglianza.


pier franco Ubertino - 2017-04-25
Non ho capito la decisione dell'ANPI nazionale di far partecipare alla manifestazione del 25 aprile associazioni filopalestinesi: Cosa c'entrano i palestinesi con la Resistenza? So che ebrei parteciparono attivamente nella Resistenza; che morirono nei campi di prigionia e di sterminio assieme ai nostri dissidenti politici, so che furono gli ebrei ad essere perseguitati dal fascismo unitamente a tanti nostri concittadini, non conosco il contributo alla lotta di Liberazione di formazioni palestinesi. La decisione dell'ANPI mi pare strumentale e ideologicamente inopportuna tesa solo a rinfocolare inutili divisioni e che non contribuisce in alcun modo ad affrontare la guerra fra palestinesi ed ebrei oggi. Affrontare questo tema in modo provocatorio ed inutile con questo atteggiamento, non rendere onore, giustizia e pace a quelle vittime di ebrei, dissidenti,antifascisti, soldati che rifiutarono di aderire al fascismo e che perirono nei campi o nei lager.
Giorgio Merlo - 2017-04-25
Una riflessione ineccepibile e puntuale. Da far leggere al Presidente del Pd Matteo Orfini. Forse anche da un articolo come questo può sempre imparare qualcosa. C'è sempre una speranza.