Con Giovanni Sartori perdiamo non solo un grande politologo ma, in un certo senso, il padre stesso della Scienza politica in Italia. Fiorentino, classe 1924, docente universitario dal 1950, divenendo preside della facoltà di scienze politiche dell'Università di Firenze. In quella veste visse, attorno al '68, il periodo della contestazione giovanile ma nonostante la sue posizioni liberal-conservatrici fu sempre rispettato dagli studenti al di là delle divergenze ideologiche. Nel 1979 andò ad insegnare negli Stati Uniti, alla Columbia University di New York, caratterizzandosi come uno dei massimi esperti di sistemi costituzionali e di leggi elettorali, appassionandosi ai meccanismi di funzionamento della politica e delle nostre democrazie.
Quando nel 1994 tornò in Italia dopo i lunghi decenni americani si trovò immerso nella nascita della Seconda repubblica e nella ricerca di nuovi assetti politici ed istituzionali. Era l'epoca del maggioritario imperante. E fu lui a coniare il termine Mattarellum dando il via a quella denominazione latina con cui saranno battezzate tutte le successive leggi elettorali. Così eccolo definire Porcellum il sistema ideato dal leghista Calderoli con le famigerate liste bloccate che tanto piacciono all'attuale classe politica. Sartori fu molto critico riguardo a queste scelte, così come lo fu sia dell'Italicum, la legge elettorale targata Renzi, sia della riforma costituzionale sottoposta a referendum nel dicembre scorso.
In tutti questi anni Sartori fu un po' l'esperto, il consigliere da ascoltare e per lo più inascoltato, che forte della sua indiscutibile competenza provava a sensibilizzare la classe politica sui temi istituzionali. Dalle colonne del Corriere della Sera, di cui fu prestigioso editorialista, spiegò che le riforme costituzionali sono una cosa seria, da realizzare secondo un progetto che abbia una sua precisa organicità e non a spezzoni, in base alle convenienze del momento di questa o quella forza politica. Oggi abbiamo purtroppo una classe politica talmente mediocre che, alla palese incompetenza aggiunge un'inarrivabile presunzione. E d'altronde i due difetti sovente si accoppiano. Ecco nascere così il termine “professoroni” con cui si volevano irridere tutti i politologi che erano scettici o dubbiosi sulle modifiche istituzionali ed elettorali in atto. Un termine di cui Sartori poteva sentirsi destinatario e che, in fondo, tanto nobilita chi lo riceve quanto segnala la pochezza di chi lo affibbia agli altri. Chi infatti disprezza il sapere e la cultura mostra nel modo più evidente i propri limiti.
In ogni caso il castello delle riforme costituzionali e quello della legge elettorale sono crollati sotto il voto popolare e sotto il giudizio della Consulta Adesso si ricomincia da capo in un' infinito gioco dell'oca, nel quale si torna sempre al punto di partenza. Per questo esattamente come ieri, sarebbe importante avere ancora con noi Giovanni Sartori.
Ci mancheranno il suo acume, la sua lucidità, la sua ironia. Doti poco diffuse e che, proprio per questo, sono tanto preziose. |