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A sinistra del PD solo per una politica diversa
 
di Giuseppe Davicino
 

I non addetti ai lavori fanno fatica a tenere il conto dei movimenti di personale politico che stanno avvenendo nel campo riformatore con scissioni a lungo annunciate per ragioni di merito e mai effettuate, che si sono concretizzate solo nel momento in cui sono divenute questioni di collegi e di ricandidature.
Il fatto è che il partito di una sinistra che vuole essere perfettamente integrata nello schema neo-liberista e globalista - clintoniano in una parola - esiste già, ed è il Partito Democratico. Non quello renziano, ma il PD tout court. Coerentemente Renzi si prepara a tornare al Lingotto dieci anni dopo l'assemblea fondativa veltroniana, perché di quel progetto non è che un fedele continuatore. Il PD è divenuto il principale riferimento dell'establishment internazionale e del progetto economico e geopolitico che esso persegue. Un progetto che, come dimostra la storia recente, non si fa scrupoli di gettare nella povertà la classe media, di creare diseguaglianze inaudite, di produrre conflitti e destabilizzazioni attorno all'Europa, in definitiva di mettere a rischio la tenuta stessa della democrazia.
Questo significa che per chi cerca invece di costruire una forza riformista popolare, a sinistra del PD – e ci vuole veramente poco! – si pone in modo ineludibile la necessità di caratterizzarsi per una diversa proposta politica, in assenza della quale l'elettorato percepisce solo personalismi, litigi incomprensibili e grande confusione.
Campo Progressista di Pisapia, Sinistra Italiana di Fratoianni e Fassina, Democratici e Progressisti fuoriusciti da PD e SI, saranno in grado, in tempi di proporzionale, dove non ci sarà spazio per più di un partito a sinistra di Renzi, di definire una politica riformatrice svincolata dall'abbraccio letale con le oligarchie finanziarie internazionali? E di stare dalla parte del popolo e non da quella di un establishment sfruttatore e parassitario?
La logica della politica non fa sconti, e se da questo versante si offrirà agli elettori progressisti una cosa che se non è zuppa è pan bagnato, un PD sotto mentite spoglie, c'è da stare certi che scopriranno l'imbroglio.
La strada da seguire a sinistra in questa fase assomiglia molto a quella a suo tempo indicata da don Sturzo. Un coraggioso manifesto programmatico-strategico aperto a tutti coloro che lo condividono. Con almeno due punti imprescindibili in questa sorta di nuovo appello:
- riaffermare, soprattutto dopo l'esito del referendum di dicembre, la priorità e la prevalenza della Costituzione su ogni e qualsiasi trattato internazionale, sia esso l'UE, il Trattato di Maastricht, la NATO, i trattati commerciali transnazionali. Via dunque il pareggio di bilancio dalla Costituzione, mai e poi mai l'inserimento nella Carta costituzionale del fiscal compact.
- Affrontare in termini realistici e tempestivi la manifesta insostenibilità dell'austerità per la tenuta, economica, sociale e addirittura democratica, del Paese in modo da cogliere lo strettissimo legame che intercorre tra un cambio drastico e urgente di direzione nelle politiche monetarie e la possibilità di ripresa economica e sociale del Paese.
Una forza politica a sinistra del PD potrà esistere solamente se dal suo impianto politico-programmatico trasparirà in modo nitido e non equivoco che essa si colloca dalla parte del popolo e delle priorità che questo indica. E non dalla parte di quell'establishment internazionale responsabile della crisi e del caos attuali, nonché del consenso crescente alle forze antisistema che nascono quando le forze riformatrici stentano o smettono di rappresentare i ceti lavoratori e la classe media.


Giuseppe Davicino - 2017-03-08
Caro Canova, lo si può trovare laddove si ragiona intorno alle idee guida su cui ricostruire il campo riformatore, e ognuno può contribuire a definirlo fino a imporlo all'attenzione delle forze politiche che si dicono alternative alla destra.
Massimo Canova - 2017-03-04
Caro Davicino, dove si può trovare questo manifesto programmatico-strategico? Sarei felice di sottoscriverlo.
Domenico Accorinti - 2017-03-04
Ma se il sistema dominante è quello dell'establishment economico, che è l'unico che ha il potere di distribuire le carte, come si può pensare che possa ancora esistere la sovranità della politica e quindi la sua possibilità di distribuire lei, alla quale è demandato, come funzione essenziale, di "dare giustizia" per non tramutarsi in latrocinium (De Civitate dei, S. Agostino, sulla scorta di una antica radicata tradizione della filosofia politica), le carte necessarie per governare il gioco in nome del pubblico interesse? Siamo davanti ad un dramma epocale in cui parlare di sistema o antisistema in campo politico rischia di essere un mero flatus vocis.