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Voglia di sinistra sociale
 
di Giorgio Merlo
 

Presentando in alcune città piemontesi il libro scritto recentemente con l’amico Gianfranco Morgando – “La sinistra sociale” – mi sono reso conto che il mondo politico e culturale che ruotava intorno alla sinistra democristiana esiste ancora.
Non solo esiste per averla frequentata quando era presente concretamente nell’agone politico di quell’epoca, ma soprattutto perché moltissime persone continuano a riconoscersi in quel patrimonio culturale che, genericamente, si potrebbe definire cattolicesimo democratico o cattolicesimo sociale. E quando queste presentazioni vedono anche la presenza, qualificata e preziosa, di Guido Bodrato aumentano l’attenzione e l’interesse verso un filone culturale che difficilmente si può archiviare o più banalmente storicizzare.
Ora, al di là e al di fuori di qualsiasi regressione nostalgica, sorge una domanda: è possibile che questa specifica cultura politica e, soprattutto, le tante persone che continuano a riconoscersi in quel patrimonio non trovino più un canale privilegiato e naturale per esprimere quei valori, quelle sensibilità e quella politica oggi? È possibile che non riescano più a declinare concretamente nella politica contemporanea la loro cultura di riferimento?
Certo, la risposta scolastica e da prassi è quasi scontata: la DC non c’é più. E quindi tutto ciò che rientrava anche solo genericamente in quell’universo politico è da considerare datato e non più riproponibile. Un’osservazione, questa, ridicola, perché un patrimonio culturale non ha una data specifica in cui si può spedire al macero. Per la semplice ragione che i valori riconducibili alla tradizione del cattolicesimo democratico e sociale conservano una bruciante attualità tutt’oggi. Malgrado siano pressoché scomparsi dalla dialettica politica italiana coloro che continuano a riferirsi a quella cultura, perché ormai i grandi e piccole forze politiche sono ridotte a “partiti personali” o a banali “comitati elettorali” alle dirette dipendenze del capo di turno. In un contesto del genere contano altri valori. O meglio, altri disvalori: gregariato, cortigianeria, fedeltà cieca al capo, pressappochismo culturale e superficialità.
Eppure io continuo a credere – anche alla luce della rivisitazione della esperienza della sinistra sociale della DC e del magistero politico svolto per oltre un trentennio come protagonista nazionale da Carlo Donat-Cattin – che questa cultura possa e debba continuare ad avere piena cittadinanza anche nella politica contemporanea. E non solo per dare una risposta concreta a tutte quelle persone che continuano a riconoscersi in quei valori ma anche perché è semplicemente ridicolo, nonché disonesto, sostenere la tesi che una cultura politica non ha più cittadinanza se non è compatibile con il “verbo” del capo.
E proprio la presentazione del libro sulla “sinistra sociale” ci offre l’opportunità concreta per ridare speranza e fiducia a tutte quelle persone che vogliono continuare a impegnarsi in politica per passione e per singola coerenza anche nella società contemporanea.
A volte anche una cultura politica può essere destinata a correre per lungo tempo sottotraccia, come un fiume carsico. Ma prima o poi è destinata a riemergere.
E quando lo fa non può che essere un fatto positivo e incoraggiante per la credibilità e qualità della politica nonché per lo stesso rinnovamento della classe dirigente.


Michele Zolla - 2016-12-25
Non mi stupisce che vi siano ancora tante persone che continuano a riconoscersi in quel patrimonio culturale che genericamente si potrebbe definire cattolicesimo democratico o cattolicesimo sociale perchè la seminagione è stata ultraceentenaria dalla Rerum Novarum in poi. Purtroppo oggi sulla scena politica non c'è un catalizzatore alla Sturzo o alla De Gasperi e nemmeeno un federatore capace di dare vita ad un simulacro di Opera dei Congressi .Non disperiamo però perchè la Provvidenza c'è.
giuseppe cicoria - 2016-12-25
se i corsi e ricorsi storici hanno un significato probabilmente quando toccheremo il fondo si potrà verificare qualcosa che ricordi il passato. La domanda e´: a che punto siamo? Allo stato attuale e´per ora interessante osservare l´evoluzione di movimenti politici che hanno come base costituente l´onesta´, il bene comune ed il rispetto della "persona". Se in questi movimenti entrassero anche i concetti del cristianesimo cattolico il gioco sarebbe fatto.
PLB - 2016-12-20
E' possibile anche un'altra interpretazione. Partendo dalla considerazione che alla luce delle recenti encicliche non so se sia corretto parlare ancora di un cattolicesimo sociale: la sequela di Cristo richiede al singolo (credente) un'agire che è per sua natura completamente e sempre sociale anzi oltre che sociale è globale per cersi versi biologico, cioè "attinente alla vita" tout court e che vale come proposta anche per un "non credente". Dunque in questa logica è necessario osare un superamento più estremo: sinistra e destra fanno parte di un orizzonte lineare e primitivo dell'azione politica. La sfida vera è a mio avviso tra facile e semplice, tra complesso e involuto, tra palese e nascosto, tra relazione e pseudo relazione (e non "non relazione"), tra ecologia ed economia. Molti più assi esistono nel nostro tempo, che la tecnologia, più che la scienza, manipola con disinvolta leggerezza, spingendo per certi versi l'insieme sociale sul bordo di pericolosi abissi. Non è tempo di "guardiani" della "sicura difesa" di pochi benefici (spesso più prossimi ai privilegi) barattati con diritti, ma di "traghettatori" robusti nella ricerca dei propri doveri di "restituzione" e di "dialogo incessante". Non è tempo di "dolori da ritorno", nostalgie che non fertilizzano ma al contrario sterlizzano le iniziative, le rendono formali e "meccaniohe". E' tempo di dare mano alla fune e tirare il traghetto con i primi esploratori a bordo dall'altra parte, sulla sponda del già ma non ancora a cui ogni cittadino non solo ogni cristiano è chiamato a partecipare. Occorre esplorare la terra dei rapporti umano-umanoide, umano-non umano, cominciando dai passi più semplici, i rapporti tra "semplici" e "facili", grande terreno dell'ambiguità manovrato dal potere tecnologico e oggetto dell'agone poltico immediato. Parliamone.