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Il NO dell’ANPI al referendum
 
Documenti e polemica con il PD
 

Se voi volete andare in pellegrinaggio nei luoghi dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un Italiano per riscattare la libertà e la dignità della nazione, andate là, o giovani, col pensiero, perché là è nata la nostra Costituzione.
Senz’altro in molti avrete riconosciuto il celebre passo del discorso tenuto nel gennaio 1955 da Pietro Calamandrei a una platea di studenti milanesi.
Che la nostra Costituzione abbia le radici nella Resistenza è un dato di fatto. E nessuno dovrebbe avere da eccepire sulla piena titolarità dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia ad esprimere un giudizio sulla riforma costituzionale voluta dal governo Renzi.

L’ANPI, dopo un confronto interno di alcuni mesi a livello locale e nazionale, ha prima deciso in Consiglio nazionale il 21 gennaio di quest’anno di schierarsi per il NO al referendum, con un comunicato di spiegazione della scelta che alleghiamo in coda all’articolo (primo Documento).

Lo stesso Comitato ha poi approvato il 29 aprile scorso un documento-manifesto in cui approfondisce le ragioni della contrarietà alla riforma e l’impegno per il NO al referendum di ottobre (Documento 2).

La presa di posizione dell’Associazione Partigiani ha suscitato molte reazioni. Tra queste una polemica innescata da un polemico intervento sull’Unità di Fabrizio Rondolino – ex PCI al seguito di D’Alema, poi arruolato da Berlusconi a “Il Giornale”, ora fedelissimo di Renzi – che ci pare poco significativa e che lasciamo alla libera ricerca sul web. Ben più importante la lettera di settanta senatori del Partito Democratico diffusa dall’Unità il 20 maggio, in cui i parlamentari ritengono un errore aver schierato l’ANPI sul tema del referendum, chiedendo che il dibattito venga riportato all’interno dell’Associazione (Documento 3).

Il presidente nazionale ANPI Carlo Smuraglia risponde il giorno seguente ai senatori PD con una lettera aperta sullo stesso giornale renziano, in cui rivendica il percorso democratico dell’ampio dibattito interno che ha portato alle deliberazioni contrarie alla riforma (Documento 4).

Infine, dato che nei giorni della polemica diversi sostenitori della riforma hanno avanzato dubbi e ironizzato sulla rappresentatività dell’ANPI, in cui gli ex partigiani combattenti sono ormai rimasti in esiguo numero, pubblichiamo la lettera aperta, diffusa da “Il Fatto Quotidiano” del 25 maggio, di Andrea Liparoto, giovane componente della Segreteria nazionale ANPI (Documento 5).
Questo breve scritto espone le ragioni di un impegno ideale per mantenere i valori della Resistenza che, con la democrazia, ci hanno portato il più lungo periodo di pace mai conosciuto nella storia italiana.

Buona lettura.

Documento
Documento2
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Documento5

Mario Chiavario - 2016-07-29
Personalmente sono orientato a votare "no" al prossimo referendum e non ho avuto difficoltà a motivarlo anche pubblicamente, sostanzialmente sulla base di ragioni molto simili a quelle fatte proprie dall'ANPI: essenzialmente, cioè, per la preoccupazione che in me suscita una riforma la quale rischia di alterare, più di quanto già oggi non accada, il fisiologico equilibrio tra i poteri e una fisiologica esplicazione dei rapporti tra le forze politiche (questo, tanto più per il suo collegamento con una legge elettorale ipermaggioritaria e dunque molto pericolosa -al di là del dilemma sul premio di lista o di coalizione, che inyteressa più che altro le rendite di posizione di gruppi e correnti- se operante in rapporto a una Camera che non trovi più il suoi contrappeso in un Senato realmente rappresentativo . Ciò detto, resto perplesso sulla corsa di associazioni come l'ANPI a schierarsi come tali, in questa o altra battaglia politica. Lasciamo pure da parte le riserve che peraltro possono legittimamente avanzarsi sulla rappresentatività resistenziale degli attuali iscritti alla gloriosa associazione (il "mandato" quasi ereditario da parte di qualche sopravvissuto è una bella cosa sul piano morale, ma vale un po' meno in termini di rappresentatività e l'attaccamento ai valori della Resistenza e dell'antifascismo non hanno bisogno di esprimersi attraverso l'appartenenza a sodalizi che avevano ben altro significato quando i soci erano coloro che quella stagione l'avevano vissuta sulla loro pelle ...). Quel che mi sembra più discutibile è il voler dare una patente di più o meno scrupolosa fedeltà a quei valori attraverso scelte che restano molto opinabili, in un senso e nell'altro, e condizionate da tanti altri fattori. Comunque, per favore, si faccia almeno attenzione agli autogoals: alla Costituente, Piero Calamandrei era addirittura a favore di una soluzione presidenzialista, e in ogni caso fu molto critico verso l'assetto istituzionale uscito dal compromesso tra i grandi partiti dell'epoca; perciò non si tiri per la giacca anche lui per rivendicare dei quarti di nobiltà a un orientamento che oltretutto non ne ha bisogno...