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Renzi avvisato (ma sordo)
 
di Guido Bodrato
 

Con le elezioni amministrative del 5 e 19 giugno, che hanno interessato un quinto dei Comuni italiani, si è aperta una nuova fase della vita democratica nazionale. Ancora una volta, una competizione amministrativa è destinata a incidere sull'assetto politico e a condizionarne il futuro.
Ancora una volta c’è stata una caduta della partecipazione al voto. A Roma, Milano, Torino e Bologna l’astensione ha sfiorato il 50%, a Napoli ha superato il 60% degli elettori. E al secondo turno è ulteriormente cresciuta, specie nelle aree metropolitane. Poiché la democrazia non può vivere senza il popolo, questi dati fanno riflettere sulla crisi della politica, sul solco – sempre più profondo – che separa i cittadini dalle istituzioni, sulle ragioni dell’antipolitica.
La seconda riflessione riguarda il consolidarsi della tendenza degli elettori a esprimersi in termini “tripolari”, come era accaduto nelle elezioni del 2013. Appare ormai irreversibile la crisi del “sistema elettorale” che avrebbe dovuto caratterizzare la politica “bipolare” (destra/sinistra). Questa trasformazione dell’orizzonte politico è caratterizzata dal consolidarsi del Movimento 5 Stelle, che nel secondo turno ha conteso al PD l’elezione del sindaco in venti città, a partire da Roma e Torino. Partendo dall’esito di questi ballottaggi il sistema dei media ha costruito un'interpretazione del voto che enfatizza il successo dei “grillini”, mettendo nello stesso tempo in ombra il fatto centrale di queste elezioni: l’isolamento del PD. Su questo, soprattutto, cercherò di riflettere, poiché il PD è il riferimento politico della maggior parte dei Popolari.
Il voto del 5 giugno suggerisce peraltro una terza riflessione: la flessione elettorale del PD fa emergere una diffusa critica all’attività del governo, ma anche a una strategia del PD renziano che ha indebolito – con le elezioni primarie – l’identità e il ruolo del partito, e ha incrinato – con le aperture alla destra di Verdini – il rapporto del partito del centrosinistra, con il tradizionale elettorato della sinistra. Anche se questa sinistra si è lasciata alle spalle l’“età dell'oro” del fordismo e dell’operaismo.

La critica più radicale che si può rivolgere alla strategia di Renzi, riguarda però i limiti della sfida “autoritaria” del Partito della Nazione (o del Partito del Presidente), sfida evidente nella riforma della Costituzione e nell’Italicum. Non a caso Matteo Renzi, che è anche il segretario/leader del PD, ha sovrapposto la propaganda per il SÌ al referendum confermativo (che si terrà a ottobre), alla competizione di giugno, negando ogni disponibilità alla revisione dell’Italicum. Una legge elettorale costruita per assegnare, alla minoranza più forte, una forte maggioranza parlamentare. Nella convinzione che questa riforma della politica avrebbe reso irreversibili la “rottamazione” e il decisionismo renziani.
Ma cosa accadrà alle prime elezioni politiche se sarà il M5S l’antagonista del PD?
La sfida che Renzi ha rivolto a tutti i partiti, ha condizionato decisamente il ballottaggio del 19 giugno. In quasi tutte le città interessate a un ballottaggio, gli elettori delle liste che sono state escluse dal secondo turno hanno votato per il candidato alternativo al PD, qualunque fosse il partito di riferimento di questi candidati. Renzi ha portato il PD all'isolamento.
Questa tattica elettorale ha favorito soprattutto il Movimento 5 Stelle, che aveva concentrato la sua presenza in venti città (vincendo in 19) ma ha permesso a numerosi candidati di centrodestra di scavalcare i candidati del PD in altre numerose e importanti città, del nord come del sud. Penso a Novara, Trieste, Savona, Pordenone, Benevento... Non bastano Milano e Varese a pareggiare i conti.
Dopo il successo romano e torinese del 19 giugno, gli esponenti del M5S hanno dichiarato: “Ora tocca a noi”, pensando al potere dei Comuni ma soprattutto a Palazzo Chigi. In realtà, queste elezioni metteranno il Movimento alla prova.
Ma siamo comunque a una svolta, che impegna tutti a un serio ripensamento del proprio progetto politico.

Se consideriamo il caso di Torino, è evidente che Piero Fassino sin dal primo turno elettorale ha perso il voto di una sinistra che si è astenuta o ha votato per candidati destinati alla testimonianza. E nel secondo turno ha visto concentrarsi il voto della destra su Chiara Appendino, candidata “grillina”. Fassino ha riconosciuto di essere stato battuto dalla convergenza dei voti contrari alla politica del governo, ma soprattutto da uno schieramento che si è formato “contro” Renzi, più che da un NO al suo bilancio di sindaco o al suo progetto amministrativo. Tuttavia ha riconosciuto di avere sottovalutato il disagio sociale di una città duramente colpita da un processo di ristrutturazione, e caratterizzata in particolare del disagio della periferia. Anche per Chiamparino da questa riflessione dovrà partire una seria revisione della politica “democratica”.
Non basta la politica dei “bonus” a rispondere al disagio di una società in cui sta crescendo la distanza tra le classi sociali, mentre restano senza risposta le domande delle giovani generazioni.

Dopo aver cercato di minimizzare la portata di una sconfitta elettorale che cancella il ricordo delle elezioni europee, Matteo Renzi ha riconosciuto che il M5S ha raccolto un consenso imprevisto perché ha saputo cavalcare la protesta, trasformandola in domanda di cambiamento. Dopo aver fondato la sua avventura politica sulla rottamazione del passato e sulla polemica contro i gufi, Renzi ha scoperto che in questa nuova fase bisogna ritornare al dialogo e alla mediazione. Tuttavia queste riflessioni non sono ancora accompagnate da una vera autocritica, né da una reale apertura alla minoranza del partito. Eppure, anche esponenti del PD che lo hanno sostenuto nella convinzione che “con Matteo si vince”, gli chiedono ora di abbandonare il “doppio incarico” di Premier e di Segretario. E lo invitano a riflettere sulle conseguenze cui porta una legge elettorale che assegna alla prima lista (anche se di minoranza) la maggioranza assoluta dei seggi parlamentari, attraverso un ballottaggio che, quando il bipolarismo cede la strada al tripolarismo, spalanca le porte al trasformismo e alla più eterogenea ammucchiata.
Purtroppo però “non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire”.


Arnaldo Reviglio - 2016-06-30
Come sempre il pensiero di Guido Bodrato è quanto mai preciso e pertinente. Mi permetto però di aggiungere una questione che ritengo non secondaria: la mancanza di coerenza. Potrebbe apparire una segnalazione suggerita da aspetti localistici: nel 2013 Renzi diceva che la nuova linea Torino-Lione non solo era dannosa, ma inutile. In un periodo in cui le priorità del Paese sono ben altre e quando la sobrietà dovrebbe contraddistinguerci le scelte sono però state altre. Abbiamo capito che la valorizzazione dei territori, il benessere ambientale, la qualità della vita vengono sventagliate solo a parole: e i fatti hanno contribuito a far crescere la delusione.
franco maletti - 2016-06-29
Renzi ascolta nessuno. I suoi adulatori, politicamente mediocri, lo hanno portato ad un delirio di onnipotenza tale da farne un pericolo per la nostra democrazia. Il primo a farne le spese è stato proprio il Partito Democratico, da Renzi usato come trampolino di lancio per le sue siderali conquiste politiche. Lui "sa sempre tutto", prima degli altri. Lui ha una risposta immediata per tutto. Basta! Più invecchio e meno sopporto quelli che sanno sempre tutto, quelli che hanno solo certezze. Io, l'unica certezza che ho, è quella di non averne. Se Renzi fosse una persona di normale buon senso ascolterebbe i consigli di un saggio come Guido Bodrato. Ma Renzi non si rende conto (e pagherà per questo) che il rispetto verso di lui è corrispondente soltanto ai confini del suo potere, mentre il rispetto verso un saggio va ben oltre questi confini. E' solo questione di tempo. I topi si stanno già preparando ad abbandonare la nave: e questo momento inizia quando più nessuno litiga per salirci sopra.
Rodolfo Buat - 2016-06-29
Una riflessione equilibrata che condivido
Giuseppe Davicino - 2016-06-28
La sordità politica di Renzi riflette quella delle classi dirigenti europee. Bodrato evidenzia il fatto che non bastano i bonus per affrontare la crescita delle disuguaglianze e l'assenza di lavoro e di futuro per i giovani. Anche gli elettori lo hanno compreso. Per questo temo che a Renzi non basterebbe cambiare la politica istituzionale e rinunciare al partito della nazione se non cambia innanzitutto la politica economica e monetaria.
Umberto Calliero - Pinerolo - 2016-06-27
Credo che un'analisi più precisa e più propositiva di quella di Guido Bodrato sia difficile da immaginare. La politica attuale ha bisogno di persone di questo spessore.
Domenico Piacenza - 2016-06-27
Non conosco più la realtà esterna al Piemonte e quindi non ho l'ardire di prendere posizione sulla situazione nazionale. Mi permetto solo dire che mi ha fatto sorridere l'atteggiamento di coloro che hanno manifestato stupore e meraviglia per il risultato di Torino. Era chiaro a tutti coloro che conoscono o dovrebbero conoscere la vita politica della città che c'entrano poco le periferie disastrate basti ricordare che Borgata Vittoria dove il PCI negli anni '50-'60 raccoglieva dal 60 al 62% dei voti, nel '94 il primo partito fu quello di Berlusconi e oggi la composizione non è certo modificata e non vi sono certo tornati i proletari. Analogo discorso vale per le Vallette, per la Falchera, ecc. Sarebbe opportuno che, prima di esprimere giudizi un po' troppo trancianti, si facesse buona memoria del passato e attenzione alle diverse posizioni all'interno e all'esterno dei partiti. E' fatto quasi notorio che il calo dei voti di Fassino dal preventivato 48% al 42% non è derivato dalla mancanza dei voti della sinistra (con quelli avrebbe superato il 50%), ma degli amici dell'on. D'Alema e compagni (ci sono anche a Torino) come mi ha sommessamente informato un vecchio appartenente al PCI di Pecchioli. Al secondo turno si è realizzata l'operazione "Milazzo" come ha dichiarato apertamente il vercellese on. Rosso, pronube le varie branche della massoneria torinese come ha dichiarato ai giornali un personaggio che di massoneria torinese se ne intende. Mi pare che sia, forse, opportuno dedicare un po' di tempo anche alla riflessione e alla valutazione della situazione cercando ove possibile di essere un po' meno epidermici.
Giampiero Leo - 2016-06-26
Trovo molto interessanti e condivisibili la maggior parte degli articoli comparsi su Rinascita Popolare. Per esigenze di brevità, farò riferimento in particolare alle riflessioni - sempre lucide - dell on. Bodrato. Ne individuerei, fra le altre, tre: 1-l'obbrobrio dell'Italicum. Pericoloso e sbagliato per le conseguenze che potrebbe produrre ("una eterogea ammucchiata", come scrive Bodrato, di due poli contro il terzo). Inaccettabile dal punto di vista della democrazia, sia per l'esorbitante premio di maggioranza concesso, sia per la cancellazione di un reale diritto di scelta degli eletti da parte degli elettori. 2- L'isolamento del PD. Come giustamente osservato in altri interventi, la contraposizione è percepita sempre meno come fra destra e sinistra o progressisti e conservatori. Si affacciano, invece, altre dicotomie quali integrati-esclusi, centro-periferie, populisti-riformisti, portatori di speranza-propiziatori di rabbia rancore e paure. Se questo è vero, anche le alleanze vanno ipotizzate cercate e proposte su basi programmatiche ideali e sociali nuove. 3- Un contributo straordinario alla comprensione delle problematiche attuali (mondiali Europeee e nazionali, lo sta dando Papa Francesco tramite il suo pensiero e le sue encicliche. Secondo il mio modesto parere questo dono di umanità e sapienza dovrebbe essere molto più considerato e sfruttato. Queste sono alcune delle tematiche principali (certamente non tutte) che penso bisognerebbe affrontare tanto con studio, riflessione e confronto, quanto con la costruzione di proposte il più possibile operative. Da questo punto di vista vi è tutto l'interesse mio personale e, meglio ancora, di tanti miei amici sensibili, a partecipare - ognuno partendo dalla propria identità ed esperienza - ad uno sforzo e un lavoro comune.