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Referendum costituzionale: solo il merito, grazie
 
di Giorgio Merlo
 

Il Consiglio Direttivo dei Popolari piemontesi deciderà questa sera come impegnare l’Associazione nella contesa sul referendum costituzionale di ottobre, ormai entrata nel vivo con la forte personalizzazione del voto referendario voluta dal premier Renzi.
Noi Popolari, in larga parta convinti che la riforma voluta da questo governo sia un passo indietro per la nostra democrazia, tratteremo questo tema con grande attenzione nei prossimi mesi.
Iniziamo con un intervento di Giorgio Merlo che pone un paletto fondamentale anche per il nostro dibattito: attenersi al merito della riforma su cui è incentrato il referendum. Altre valutazioni su prospettive di partiti e dei loro leader non ci possono interessare. Abbiamo a cuore solo l’equilibrio della Costituzione e il futuro della Repubblica.


Il dibattito sul referendum costituzionale è ormai entrato nel vivo. Ci ha pensato il Presidente del Consiglio e segretario nazionale del PD Renzi attraverso l’annuncio della prossima formazione di diecimila comitati promotori del sì per la consultazione di ottobre.
Ora, al di là della coincidenza di questo annuncio con la campagna elettorale per le elezioni amministrative, una cosa è certa: il confronto politico, e di merito, sul prossimo referendum costituzionale fa parte dell’attuale agenda politica. E non c’è dibattito sul voto nelle più grandi città italiane per la scelta dei futuri sindaci che possa distogliere il confronto “sull'Italia del sì e sull'Italia del no”. E questo per la semplice ragione che lo stesso Renzi, per motivi del tutto comprensibili, ha messo in gioco addirittura la sua carriera politica sull’esito di quel referendum.
Ecco perché ritengo che su questo tema vanno richiamati almeno tre punti, in attesa che il confronto di merito decolli compiutamente dopo il voto amministrativo di giugno.

Innanzitutto va sottolineato con forza che il prossimo referendum non può essere ridotto a un referendum sulla carriera politica del premier. Perché, se così fosse, ci troveremmo di fronte a una contesa che esula radicalmente da ogni confronto di merito. E un referendum che decide di cancellare 46 articoli della Costituzione non può essere ridotto a una “questione personale”.
In secondo luogo non dobbiamo affatto stupirci delle “alleanze” che si verificano in una normale consultazione referendaria. Qui il pluralismo delle scelte è bandito alla radice. O c'è un sì o c'è un no. Certo, ci sono alleanze variabili e del tutto inedite. Verdini, Formigoni, Alfano, Cicchitto e moltissimi esponenti di punta dell'ex centrodestra che saranno attivi per il sì al referendum costituzionale a difesa di Renzi e di tutto il PD fa il pari con l'alleanza, altrettanto inusuale e singolare, tra il Movimento 5 stelle, una parte di Forza Italia, la Lega e i più insigni esponenti del costituzionalismo democratico del nostro Paese. Non è uno scandalo e non può fare scandalo. È appena sufficiente rileggere la storia referendaria della Repubblica per rendersi conto che le cosiddette “maggioranze variabili” hanno contrassegnato il destino dei vari quesiti sottoposti al vaglio elettorale.

In ultimo, il merito. Come ha detto lo stesso Renzi nel suo intervento in Parlamento, con questo referendum c’è la possibilità concreta di confrontarsi sul “merito” della contesa elettorale. E cioè, sul modello democratico – o autoritario – di questa riforma; sul futuro delle nostre istituzioni democratiche; sulla qualità della nostra democrazia dopo questo massiccio intervento di riscrittura costituzionale; e, infine, sulla possibilità, o meno, dopo l’esito di questo referendum, per la nostra Costituzione di continuare a essere il faro che illumina e custodisce la nostra sempre fragile democrazia repubblicana. Appunto, il merito e non il contorno del dibattito referendario.
Con una postilla finale. Il confronto politico, culturale e giuridico su questo referendum e lo stesso esito elettorale non possono e non devono essere il viatico per dar vita a nuovi equilibri politici, a nuovi partiti politici o a nuove occupazioni del potere.
Il dibattito su un tema decisivo e discriminante per il futuro della nostra democrazia e delle nostre istituzioni democratiche sarà tanto più serio e tanto più credibile se sarà del tutto spersonalizzato e alieno da qualsiasi ricaduta sugli organigrammi politici e partitici.


Paolo Parato - 2016-05-19
concordo con quanto scrivono Piacenza, Bassi e Rey
Francesco Menzio - 2016-05-16
Solo il merito: è un modo per dire che bisogna votare SI. Io sono per il NO. A parte le simpatiche ministre che mettono le mani avanti e ti dicono che sei fascista se voti NO ..... grazie è sempre un piacere. Lo scopo di questa riforma è semplicissimo: dare un assetto "forte" (autoritario si può dire?) al nostro sistema istituzionale. Perchè? Ma è ovvio, la situazione economica diverrà sempre più dura e problematica, a causa degli squilibri, assurdità ed errori macroscopici del sistema EU / euro. Entro un periodo non troppo lungo, il sistema politico salterà per aria e ci saranno fortissime tensioni - pressioni sociali per l'uscita dal sistema. A quel punto un governo forte servirà ad impedire la nostra uscita e ad imporre (se necessario con la forza) ulteriori "riforme" cioè compressione dei diritti economici di base, dei trattamenti pensionistici, sanitari ecc. Vedi Grecia, è una strada tracciata: non puoi uscire, devi MORIRE di "riforme" ma resti nella gabbia UE - euro. Questo è il motivo per cui dico NO, è un pasticcio che serve solo a darci uno stato autoritario per scopi che hanno a che fare con il progetto di un super stato europeo. Niente a che fare con il bene comune del popolo italiano. Poi, come sempre nella storia, le cose andranno diversamente dalle previsioni, Renzi crede di poter utilizzare lui la sua riforma per avere un potere quasi assoluto per i prossimi 20 anni, ma chissà come andranno le cose. Ad un certo punto arriverà qualcuno moooolto più autoritario di lui che, grazie a questo sistema e a questa legge elettorale, si prenderà tutto il potere grazie a qualche voto in più degli altri. In quel momento rimpiangeremo TUTTI di non avere un bel sistema PROPORZIONALE PURO e un sacco di pesi e contrappesi istituzionali al potere di uno solo.
giuseppe cicoria - 2016-05-14
Mi associo pienamente alle considerazioni di Merlo mentre ancora una volta rimango basito dall'atteggiamento del prof. Rey con il quale non condivido praticamente niente.
Mario Rey - 2016-05-13
Non mi includo tra i popolari che ritengono che la riforma costituzionale sia un passo indietro per la nostra democrazia. Convinto sostenitore della riforma farò campagna per il Sì. Attendo di conoscere le argomentazioni di chi assurge a vestale della democrazia. Cosi pure non accetto paletti fondamentali al dibattito: se dibattito a da essere, nessuno è titolato a porre paletti su quello che interessa o non interessa. Analogamente ritengo inaccettabile che qualcuno pretenda di avere a cuore Costituzione e Repubblica mentre chi é di parere diverso ( cioè i sostenitori della riforma ) questa preoccupazione non l'abbia. A risentirci.
Aldo Bassi - 2016-05-13
Ho letto l'articolo di Merlo, ma non ho capito, proprio sul piano del "merito", qual è la tesi e la proposta. A me è parso che sul merito della riforma ci sia stato amplissimo dibattito, specialmente in seno al PD, e che il testo votato in parlamento sia il risultato di un buon compromesso, specialmente sulle modalità della designazione/elezione dei 100 senatori/rappresentanti delle regioni e sulle competenze del senato; compromesso giustamente inevitabile, come per altro fu frutto della trattativa e del compromesso la costituzione del '48. Io ritengo utile e opportuno il superamento del bicameralismo "perfetto?" e penso che un ambito di rappresentanza/approfondimento/sintesi delle istanze e delle problematiche territoriali sia altrettanto utile e funzionale ad una sperabilmente più corretta (e sostenibile/intelligente) relazione tra i livelli istituzionali centrali e periferici. Circa poi il parziale ridimensionamento delle competenze delle Regioni, sono pure d'accordo e penso che le competenze originariamente previste dalla costituzione (già notevolmente ampliate tra il '75 ed i primi anni '80) siano state troppo dilatate dopo la Bassanini e specialmente con la riscrittura del titolo V, a detrimento della puntualità e dell'efficacia dell'azione delle Regioni, più preoccupate di subentrare alle province (denigrate ingiustamente ed "abolite" anche per questo?) ed ai comuni nelle gestioni di servizi e compiti più propriamente e naturalmente riferititi alla sfera locale, che dell'efficienza e dell'efficacia delle proprie funzioni.
Giuseppe Lozito - 2016-05-13
Sono d'accordo sul fatto che il voto ad un quesito referendario debba essere spersonalizzato dall'appartenenza e dagli schieramenti ma purtroppo questo pensiero appartiene ad un mondo ideale. Ci siamo abituati in questi ultimi anni a quesiti referendari che ci interrogano su questioni complicate anche per i cosiddetti "addetti ai lavori" e sui quali le forze politiche hanno anteposto l'utilità politica alla reale spiegazione della posta in gioco. Anche questa volta, purtroppo, questa regola prevale su tutte le altre. Qui non si tratta di un referendum pro o contro Renzi ma dell'idea di come vorremmo che questo Paese si trasformi. Un paese più snello nelle sue decisioni e non autoritario, come qualcuno ripete da tempo. In ogni caso occorre non commettere l'errore di analizzare asetticamente l'argomento e poi ritrovarsi dalla stessa parte di chi, anche con le regole attuali, ha dimostrato di non avere le capacità di governare questo Paese. Ben venga, quindi, il dibattito sui pro e i contro rispetto al quesito referendario ma sempre, ahimè, con un occhio rivolto alle conseguenze politiche che l'esito di questo referendum potrà avere
Domenico Piacenza - 2016-05-13
Sono d'accordo sul suggerimento di Merlo di discutere il merito della riforma e non su altre questioni. Mi permetto aggiungere che sarebbe utile individuare e discutere distintamente articolo per articolo, tralasciando quelle modifiche che sono puramente di riferimento e concentrare il contendere su quei pochi articoli che modificano sostanzialmente l'assetto della struttura della Carta.