Arnaldo Reviglio - 2016-04-16 OK !!!
Alla faccia delle indicazioni di Renzi e Napolitano! Che begli esempi ...
Chi ha riempito di bolli la tessera elettorale (e ne ha richiesto una nuova) dovrebbe ricevere il riconoscimento di "cittadino virtuoso" e loro non lo sono!
Ad Avigliana molte sono le richieste delle nuove tessere, ciò è un buon segnale... per la democrazia, prima di tutto. Grazie. | ||
Giuseppe Ladetto - 2016-04-14 Sono completamente d’accordo con tutto quanto scrive Andrea Griseri (nucleare compreso). A chi definisce inutile il referendum vorrei ricordare che questo è l’unico rimasto in piedi dei sei proposti dalle Regioni, cinque dei quali sono venuti meno (ancor prima che la Consulta li dichiarasse inammissibili per ragioni formali) per il fatto che il Governo si è visto costretto a modificare quanto stabilito nella legge di stabilità (compresa l’autorizzazione a trivellare entro le 12 miglia). Quindi altro che inutilità: hanno centrato l’obiettivo. Resta quest’ultimo referendum (di cui non si annullano i costi restando a casa): io andrò a votare sì perché ritengo inammissibile che in qualunque ambito si possano assegnare concessioni di fatto illimitate nel tempo. Non creiamo precedenti. | ||
giuseppe cicoria - 2016-04-14 devo constatare che purtroppo, tra i nostri lettori prevale un atteggiamento negativo o addirittura dispregiativo sulla questione. Sono rammaricato per questo. Non vi nascondo che se questi signori non sono solo lettori ma iscritti, debbo seriamente valutare se, forse, sono capitato in un posto sbagliato! | ||
Umberto Cogliati - 2016-04-13 La ricchezza di argomentazioni nel pezzo di Risso, inversamente alla intenzione di chiarire le ragioni da apportare al referendum trivelle, finiscono per confonderle, non per colpa dell'autore, il quale in sostanza non prende posizione, ma perchè il contesto politico non "concede" al cittadino di capire esattamente cosa significhi questo referendum. Già il "sì" o il "no" su una questione complessa sono una modalità incongrua per esercitare, come si dice, un grande diritto democratico, se poi non viene acconciamente chiarito, la chiamata alle urne è falsa democrazia. Nel nostro caso, infatti, è verosimile la convinzione che il popolo, prima di quest'ultimo mese non sapesse nè delle trivelle, nè delle 12 miglia, nè se gas o petrolio e nemmeno se il "ricavato" serva all'Italia o sia venduto. In più, noto, sento poco il latrare delle lobby sul tema, e questo mi fa nascere almeno il dubbio che quegli interessi, indubbiamente esistenti, si sia scelto di difenderli col silenzio/astensione. Per questa ragione andrò a votare e voterò "sì". Una mezza protesta? Forse... | ||
Andrea Griseri - 2016-04-13 Che lo strumento del referendum vada utilizzato con discernimento è cosa sacrosanta; ma affermare che questo referendum sia inutile o fuori luogo è inappropriato. Intanto i proponenti (non un manipolo di grillini ma 5 consigli regionali) hanno ottenuto il rispetto del limite delle 12 miglia. E il quesito rimanente riguarda la durata delle concessioni e la conseguente responsabilità dei concessionari circa la messa in sicurezza dei pozzi da cui non è più conveniente estrarre petrolio. Ne parlavo l'altro giorno con la signora che ci aiuta nelle faccende domestiche: è una donna intelligente con in tasca un diploma di terza elementare e questa cosa la capiva perfettamente. Anziché trattarli, con vago compiacimento, da caproni, dobbiamo semmai aiutare gli italiani a crescere e a capire. Questa è precondizione della democrazia e della libertà. | ||
giuseppe cicoria - 2016-04-13 A queste considerazione vorrei aggiungere: è bene estrarre un po' di petrolio nostrano. Non si sa mai....! Il fatto è che si scopre che quello estratto (con inquinamenti ed avvelenamenti vari) per la legge di mercato può essere esportato dalle compagnie concessionarie... quindi... non rimane affatto tutto in Italia. Le royalty spesso sono quasi inesistenti giacché si produce frequentemente al minimo per essere esentati del tutto dai pagamenti. Sicuramente rimane ,però, l'inquinamento e lo Sky-line sul mare deturpato.
La necessità di dire SI significa imporre un termine di sfruttamento che non conviene dilazionare a seconda delle opportunità fiscali o dei prezzi di mercato.
Lo Stato, con il SI ,conserva sempre, alla bisogna, la possibilità di dilazionare ad altra scadenza lo sfruttamento. Qualora se ne privasse alle compagnie verrebbe concesso il diritto di non smantellare mai gli impianti che marcirebbero sine die in mezzo al mare. Si tratta quindi di cancellare un provvedimento maldestro che ha concesso ai petrolieri un diritto di guadagnare e di inquinare senza limiti o controlli.
Per quanto riguarda l'occupazione, poi, sarebbe utile una verifica. I petrolieri hanno pompato in maniera vergognosa i dati. Le notizie sull'argomento mettono in evidenza che la mano d'opera veramente occupata è risibile in quanto gli impianti sono quasi tutti automatizzati. | ||
Mario Rey - 2016-04-13 Mi asterrò dal partecipare al referendum sulle trivelle del 17 aprile. Tre le mie motivazioni. 1. A parte poche occasioni (divorzio, aborto) il referendum non si presta ad affrontare materie complesse. Solo le mediazioni delle democrazie rappresentative, con le loro compensazioni, consentono soluzioni eque ed efficaci. 2. Lo strumento della democrazia diretta si presta a fuorvianti deviazioni dettate da logiche populistiche, demagogiche, localistiche, come dimostra la recente esperienza europea. La democrazia plebiscitaria è l’anticamera dei regimi autoritari. 3. Nel merito del quesito, poiché sono orientato per il NO, ne deriva che devo far fallire il SI. L’astensione dal voto è lo strumento più efficace per conseguire questo risultato. Non sentirò la macanza dell’attestato di buona cittadinanza che il Presidente Grossi si sente titolato ad elargire. | ||
Mario Chiesa - 2016-04-12 Sto con Prodi per il NO, se andrò a votare.
Il ritornello politicamente corretto che bisogna comunque andare a votare non mi convince. Chi bacchetta gli astensionisti (in questo caso), sia pure il presidente della Corte Costituzionale, forse potrebbe fare altrettanto con tutti coloro che nelle varie assemblee fanno mancare il numero legale. Fatte le regole, le si usa nel modo che si ritiene più efficace per ottenere il risultato. | ||
Paolo Picco - 2016-04-12 Per l'appunto si tratta di questione marginale.
Gli italiani, tutti, devono essere consultati con enorme dispendio di risorse,
su questioni tecniche di cui ignorano ancorchè i titoli?
Evidentemente no.
Fareste decidere agli abitanti del quartiere come arredare il vostro salotto
o vi rivolgereste ad un bravo architetto?
Orbene ci sono persone che, per via della loro preparazione specifica
si occupano di questioni tecniche (e ogni tanto hanno provato anche a fare i
politici, coi risultati alterni che sappiamo) e persone che sono votate (e pagate)
per prendere decisioni. E basta. Il compito dei cittadini è vigilare a
che lo facciano nell'interesse comune e non di qualcuno.
Ora mi pare non solo inopportuno ma anche un pelo berlusconista aggrapparsi
alla retorica dei governi non eletti dal popolo, perchè si rischia di dimenticare
decenni interi di "larghe intese" prodotte da elezioni incerte.
Tornando al merito dei referendum, è profondamente ingiusto, quasi diseducativo,
scomodare questo importante istituto così spesso e su questioni, ripeto,
su cui tutti facciamo fatica a farci un'idea: andrebbero riservate, queste consultazioni,
a decisioni che realmente toccano la vita pratica della gente;
e magari si dovrebbe rendere più difficile la promozione degli stessi,
magari aumentando il numero delle firme... ma questo è un altro discorso,
già fatto e disfatto ampiamente.
Gran parte del difetto grave ed intrinseco del M5S è proprio l'eccesso
di "consultazione", nel loro caso on-line ovviamente: non ci si faccia
trascinare sul loro terreno populista!
Dunque io, che mi ritengo strenuo sostenitore del voto sempre, in questo caso
(e nel caso di moltissimi quesiti referendari degli ultimi anni) sostengo
l'opportunità "politica" dell'astensione, per dare un messaggio chiaro:
la democrazia non è un gioco (e ci sono seri dubbi anche sul suffragio universale...)
;-) ---faccina che fa l'occhiolino---
Far fallire referendum poco "seri" o mal posti è un modo di schierarsi:
certo, accettando il rischio di passare per antipolitica, lo ammetto.
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Dino Ambrosio - 2016-04-12 Complimenti per l'esame completo delle problematiche e delle argomentazioni. Ora sta a noi decidere. Se però il PD avesse un piano energetico sarebbe più facile. | ||
Andrea Griseri - 2016-04-12 Grazie per il lucido contributo, questa "partita doppia" delle regioni del si e del no spesso sui giornali non è così chiara. L'Italia non ha una vera, organica, seria politica energetica. Come non ha almeno dai tempi in cui Siro Lomardini era ministro una vera politica industriale. L'assenza di un quadro di riferimento su questa decisiva materia facilita la vita alle improvvisazioni speculative e ai lobbismi (come si è visto). Il referendum tecnicamente si limita ormai alla questione della durata sine die delle concessioni: chi voterà sì (e io sarò tra questi) esprimerà la volontà di indurre i concessionari ad attivarsi per la chiusura in piena sicurezza delle piattaforme. Ma dietro al quesito circoscritto preme la grande questione del modello di sviluppo, del modello energetico, della differenziazione delle fonti, dell'uscita dall'era degli idrocarburi, del cambiamento climatico... Questioni che si dovrebbero affrontare in primo luogo con razionalità. Capire di quanta energia (limitandoci all'Italia ma l'orizzonte dell'analisi deve essere globale) avrà bisogno una società come la nostra, in quale misura la tecnologia e un nuovo stile di vita potranno ridurre i consumi, quali fonti dovremo utilizzare. Si parla per esempio sempre più insistentemente di mobilità elettrica: ottima cosa, le città tornerebbero a respirare ma il trasporto sarebbe un convitato formidabile alla tavola dell'energia: forse le rinnovabili (che oggi sciaguratamente il governo sta disincentivando) non basterebbero. E allora il nucleare: saggia fu la scelta, io credo, di fermare le centrali di vecchio tipo che hanno l'inconveniente di generare grandi quantitativi di scorie: ma in attesa della fusione, che vedranno probabilmente i nostri figli, sono già all'opera sperimentalmente i 4gen reactors: immergono il nucleo nel sodio liquido e hanno la proprietà di bruciare tutto il fuel senza lasciare o quasi scorie (e senza offrire la possibilità di utilizzare plutonio per scopi bellici). In molti contesti la parola nucleare suona come una bestemmia ma una centrale di 4° generazione offre garanzie ambientali enormemente superiori a una centrale a carbone o a a turbogas; l'idroelettrico è una fonte rinnovabile ma la realizzazione di una diga spesso comporta un impatto devastante. La questione non è semplice. Sarebbe bello se l'Associazione organizzasse qualche conferenza in cui affrontare con razionalità queste tematiche. |