Il dibattito sull’omogenitorialità è stimolante e direi "critico". Non si tratta tanto del ruolo dei cattolici democratici nell'incontro-conflitto con i laicisti presenti sia nell'area progressista sia in quella conservatrice, quanto di un cambio di paradigmi antropologici.
Iniziato a fine Settecento in Scozia (nascita dell'individualismo metodologico) e evolutosi in Francia con la visione "deista" che relegava la religione, e le sue manifestazioni e scelte sociali alla sfera privata, si è poi esacerbato in Stati Uniti dove la frontiera e lo sviluppo economico legato alla produzione di massa hanno costruito l'homo economicus, cioè un uomo non persona totale, ma settoriale: sei uomo riconosciuto se produci, consumi e quindi, proprietario dei beni voluttuari, sei libero.
Con la rivoluzione del '68 e la critica all'uomo a una dimensione si è proclamata la libertà individuale come valore assoluto e irrinunciabile, pena la sottomissione alle regole costrittive della società e all'autoritarismo delle istituzioni. Di qui si è diffusa l'idea che ogni individuo ha la "proprietà del corpo", la "proprietà dei figli desiderati", e quindi il diritto allo "scarto" dei figli non desiderati, la "proprietà del proprio DNA" che si può cedere a scopo lucrativo a fini di ricerca, la "proprietà del proprio utero o sperma" che si può affittare, come se si trattasse di un’attività economica.
Questa concezione parte da un presupposto, a mio avviso, errato, che la libertà sia un valore in sé e non un mezzo per la realizzazione di qualcos'altro: la libertà di. La libertà di circolazione, la libertà di scambio, la libertà di associazione, la libertà di cooperazione e di reciprocità, la libertà di donare, la libertà di realizzare la propria personalità.
Esiste anche la libertà da: dal bisogno, dalla fame, dalla guerra, e quindi stimoli a realizzare il diritto al lavoro, la cooperazione internazionale, la pace, che la nostra Costituzione impone al legislatore ordinario di sempre più sviluppare, scegliendo fra le risorse disponibili.
Ma non la libertà contro: contro valori ritenuti dalla società sin'ora "sacri" cioè inviolabili e irrinunciabili. I valori della difesa della vita, i valori della genitorialità bisessuale, i valori della non mercificazione del corpo.
Per questo io fui, pur ritenendo il matrimonio un vincolo "sacro", favorevole al divorzio per chi, non credente, riteneva che tale valore fosse non universale, ma di un gruppo "sale della terra". Mi schierai però contro l'aborto non giustificato da gravi motivi psico-sanitari o socio-economici. Ed ebbi con Pannella uno scontro affermando che si poteva eliminare il valore della vita se lo si sostituiva con un altro valore "sacro", cioè comunitariamente condiviso, non con il "nulla", in quanto ogni società si fonda su valori fondamentali.
Si obietta, vedi l’ultimo saggio di Stefano Rodotà Il diritto di amare, che la società è cambiata e che la famiglia in crisi dà spazio a plurime forme di convivenza, che l'adozione consente di dare a bambini abbandonati una qualche forma di affetto unigenitoriale o omogenitoriale, che l'evoluzione biotecnologica apre nuove prospettive alla bio-politica, che non si deve discriminare tra chi vuole amare. Posso comprendere l'ansia di rinnovamento della società occidentale in crisi dal 1918 e in particolare dalla scoperta che altre società premono con loro diversi valori e esigenze incomprimibili.
Ma allora si sviluppi la creatività sociale, giuridica e politica non verso il conflitto, foriero di dissolvimento della società, ma elaborando, nuove "parole", nuovi valori, nuove regole condivise.
Non si scimmiotti il linguaggio tradizionale: "matrimonio", “genitorialità”, "filiazione", con le loro regole acquisite, il che è indice di complesso di inferiorità, e non della "responsabilità" richiesta a chi vuole innovare nella società in modo equilibrato e rispettoso del pluralismo sociale. Responsabilità degli scienziati, ma anche dei politici, dei genitori, delle madri e padri che la Laudato si' e La famiglia genera il mondo di papa Francesco ci richiama tutti a sviluppare e a richiedere agli altri, in particolare a chi è delegato a prendere decisioni "paradigmatiche". |